In questo numero

 

 

I La rivoluzione antropologica in atto persegue due obiettivi che rappresentano notevole importanza teorica e pratica nell’itinerario che compie da lungo tempo: per un verso, l’affermazione sociale della “maternità surrogata” e, per altro verso, la “transizione di genere”, ovvero la trasformazione in uomo di chi è geneticamente donna e viceversa.

La “maternità surrogata”, detta anche “gestazione per altri” o “utero in affitto” a seconda delle angolazioni da cui si guarda il fenomeno, si realizza tramite un processo tecnologico che, scomponendo il processo generativo da parte femminile nel corpo di tre donne, decreta l’eclissi della madre. La transizione di genere, per sua parte, persegue l’obiettivo di far prevalere la “cultura” sulla “natura”; di cancellare il “sesso”, come realtà biologica, che connota ineludibilmente in modo differente l’uomo e la donna, a favore del “genere”, quale percezione soggettiva di un’identità diversa da quella inscritta nella struttura genetica.

Entrambe le questioni coinvolgono molteplici profili disciplinari: la biologia, la psicologia, la medicina, l’antropologia, la bioetica, l’etica, il diritto, l’economia e la politica.

Gli uomini e le donne pensosi dell’avvenire dell’umanità si adoperano per fornire risposte alle domande che sorgono in ordine all’intrinseca natura di tali processi, nonché alle conseguenze che potranno derivare dalla loro diffusione nell’intero mondo globalizzato. Una parte non piccola degli scienziati plaude alle varie discipline coinvolte; ha però abbandonato l’arduo compito di coscienza di porsi delle domande, aderendo senza remore all’imperativo dettato dall’ideologia scientista, in virtù del quale è “lecito” e “buono” fare tutto ciò che la scienza riesce a ottenere tramite le sue applicazioni tecnologiche. Lo scrutinio circa la corrispondenza del fare tecnologico alla verità intrinseca che emerge dalle evidenze della natura è spesso considerato recessivo, quasi fosse un effetto della cecità di vedere i frutti del progresso.

Ancora maggiore amarezza desta la constatazione circa l’oblio del principio di precauzione in ordine agli eventuali costi che l’umanità potrebbe dover pagare nel futuro per aver disprezzato i limiti segnati dalla natura e dalla ragione.

Né va dimenticato che decisioni riguardanti l’avvenire dell’intera umanità sono assunte sotto la pressione insistente di gruppi ideologicamente organizzati che si avvalgono di immense dotazioni finanziarie. L’organizzazione della ‘maternità surrogata’ è inoltre alimentata dal convergere degli interessi economici di svariate categorie di operatori.

Motore dell’intero processo è la circolazione vorticosa del denaro al cui vertice stanno le imprese farmaceutiche e le società produttrici dei dispositivi tecnici necessari per la tecnologia riproduttiva.  Il denaro avvolge in modo globale il mondo degli operatori della “maternità surrogata”, tanto che la sua applicazione è soggetta completamente alle dinamiche del mercato. I centri di ricerca che sviluppano le ricerche biologiche ed elaborano i protocolli per l’attuazione della procedura e che dovrebbero monitorare il follow-up degli interventi eseguiti, dipendono integralmente, siano essi centri universitari od ospedalieri, dai finanziamenti dell’industria, che somministra le erogazioni in funzione del maggior lucro ricavabile dalla generalizzazione delle pratiche.

Gli studiosi facenti capo al Centro Studi Rosario Livatino si sono impegnati nei primi mesi del 2024 a studiare il tema della “maternità surrogata” in modo interdisciplinare, sottoponendo a scrutinio i vari profili scientifici, bioetici ed etici coinvolti nella programmazione ed esecuzione della pratica.

Il primo fascicolo del 2024 della rivista semestrale del Centro Studi Rosario Livatino – L-Jus è pertanto integralmente dedicato alla “maternità surrogata”, secondo una partizione così articolata: i) studi di antropologia; ii) studi di diritto civile; iii) studi di diritto penale; iv) studi di diritto minorile; v) studi di medicina e di economia. Nell’insieme sono oggetto della pubblicazione 17 lavori, che manifestano, sotto varie angolature, le gravi storture della pratica, riconducibili alla violazione dei princìpi del diritto costituzionale, nonché del diritto civile, del diritto minorile e del diritto penale.

È evidente che la deviazione dai princìpi che reggono il nostro diritto costituzionale, nonché le varie branche del diritto postula il rovesciamento delle verità metafisiche relative all’antropologia umana basata sui dati della natura riconosciuti dalla ragione.

La prima serie di studi è di carattere antropologico. Il fascicolo si apre col commento, redatto da chi scrive, di un libro di Sylviane Agacinski, scrittrice e filosofa francese, dal titolo “L’homme désincarné. Du corps charnel au corps fabriqué”, pubblicato nel 2019. Il testo dell’autrice descrive con chiarezza tipica dell’idioma francese l’inizio e il termine di questo processo. Implicano la discussione di tematiche antropologiche gli importanti testi di Domenico Menorello, Antonio Casciano e Giuseppe Marra.

Il denso contributo di Menorello, avvocato e coordinatore del network “Ditelo sui tetti”, ha per titolo Appunti sulla filigrana antropologica nei contratti di maternità surrogata[1]. L’autore approfondisce le ragioni assiologiche di tale procedura, che si ispirano a un modello antropologico diretto a rimuovere i limiti imposti alla donna dalla natura. L’orizzonte intenzionale è di reificare quali meri ‘oggetti’ la gestante e l’embrione in essa impiantato. Con la conseguenza che «Donna, madre, maternità, generazione, gestazione, filiazione e figli divengono res»[2].

Antonio Casciano, giurista, bioeticista e dottore di ricerca in etica e filosofia giuridica presso l’Università di Salerno, disvela in alcune pagine mirabili gli effetti devastanti provocati dalla ‘maternità surrogata’ sui soggetti coinvolti: sulla coppia o sul singolo committente; sulla madre gestante e sul nascituro, a causa della negazione teoretica di un senso oggettivo delle cose e dalla adesione pratica al più cieco soggettivismo e al più contingente utilitarismo[3].

Giuseppe Marra, magistrato dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, evidenzia, alla luce del magistero del Pontefice Francesco e della giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, che la “maternità surrogata” è gravemente lesiva della dignità, sia della donna che mette a disposizione il proprio corpo, sia del nascituro che si vedrà privato della madre naturale. L’essere umano non può e non deve divenire “oggetto” di un contratto, anche ove questo fosse a titolo gratuito e non derivasse da fenomeni di approfittamento della condizione di miseria o di povertà della donna gestante[4].

La seconda serie di studi concerne i problemi complessi – spesso irresolubili ovvero risolubili in modo aporetico e contraddittorio per via di assunzioni convenzionali – che sorgono dai contratti di ‘maternità surrogata’ in ordine alla loro validità alla luce dei princìpi del diritto civile, con riguardo alla regolamentazione del recesso e del consenso e all’apponibilità di clausole abortive. Di questi problemi hanno puntualmente trattato Stefano Nitoglia; Aldo Rocco Vitale e Mauro Paladini.

Stefano Nitoglia, avvocato in Roma, ha descritto i requisiti normalmente previsti nei contratti di “maternità surrogata” negoziati nei Paesi in cui la stessa è ammessa dalla legge, sostenendo la tesi della loro invalidità secondo i princìpi peculiari del diritto civile[5].

Aldo Rocco Vitale, docente di Filosofia del diritto presso l’Università Europea di Roma, ha svolto un elaborato commento alla sentenza della Cassazione a Sezioni Unite civili n. 12193/2019 in tema di definizione dello status filiationis, in ipotesi di “maternità surrogata”, nonché dei suoi rapporti con l’istituto dell’adozione in casi particolari[6].

Mauro Paladini, avvocato in Milano e professore ordinario di Diritto privato presso l’Università di Milano “Bicocca”, ha svolto una critica acuta della sentenza del Tribunale di Milano del 2023 relativa al caso di un bambino nato negli Stati Uniti e dichiarato nel certificato di nascita come figlio di due uomini, rimasto poi orfano del genitore biologico. La decisione del Tribunale di Milano, che ha accolto il ricorso del genitore d’intenzione e disposto la rettifica dell’atto di nascita del minore, appare assai discutibile proprio per aver riconosciuto il bambino quale figlio di due uomini[7].

I profili penali sono stati compiutamente trattati da Francesco Farri, Carlo Introvigne e Cesare Parodi.

Francesco Farri, avvocato e professore associato di Diritto finanziario presso l’Università di Genova, ha evidenziato l’irrilevanza ai fini della punibilità dell’eventuale carattere gratuito del rapporto di surrogazione. Ha poi argomentato circa il fatto che l’erezione a “reato universale” della surrogazione di maternità è perfettamente conforme alla Costituzione e alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, soggiungendo infine che il tema è estraneo alle attribuzioni dell’Unione Europea[8].

Carlo Introvigne, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale Vercelli, ha svolto interessanti osservazioni sull’aggiramento in frode alla legge del divieto di ‘maternità surrogata’ previsto dal diritto interno. Ha esplorato alcune vie idonee affinché lo Stato non subisca la logica del fatto compiuto e affinché la legge penale svolga appieno la sua specifica finalità general-preventiva[9].

Cesare Parodi, Procuratore Aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Torino, compiuta una esauriente disamina delle sentenze con cui le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione e la Corte costituzionale hanno statuito la legittimità del divieto di “maternità surrogata”, ha esposto con una serrata serie di argomenti le ragioni per cui tale pratica, lesiva della dignità umana, dovrebbe essere strutturata come “reato universale”. Ha infine osservato che il nocciolo del problema sta nell’assoluta necessità di fornire comunque e soprattutto tutela ai minori, disincentivando la pratica che ne offende la dignità, concludendo che «la tutela dei minori già nati con il ricorso alla maternità surrogata dovrebbe andare di pari passo con la stigmatizzazione di coloro che hanno fatto ricorso ad una pratica lesiva della dignità umana»[10].

I temi di diritto minorile sono stati affrontati da quattro autori: Lorenzo Jesurum, Daniela Bianchini, Emanuele Bilotti e Arnaldo Morace Pinelli.

Lorenzo Jesurum, avvocato in Roma, ha inquadrato scientificamente il principio del supremo interesse del minore, rilevando che dottrina e giurisprudenza italiane, contrariamente a quelle di altri Paesi, hanno sempre escluso la possibilità di bilanciare tale interesse con altri potenzialmente in conflitto, per esempio con gli interessi dei genitori. Appoggiandosi su questo punto fermo ha dimostrato l’infondatezza della tesi circa l’esistenza di un diritto ad avere figli sulla base della mera volontà degli adulti. Richiamando un dictum profondo del grande familiarista italiano Alfredo Carlo Moro, ha ricordato che i bisogni di un soggetto in formazione non debbono mai «essere sacrificati alle esigenze di un adulto che ha mezzi per rappresentare e difendere i propri interessi»[11].

Daniela Bianchini, componente del Consiglio Superiore della Magistratura, compiuta una disamina articolata del principio del superiore interesse del minore e svelata la visione adultocentrica che si cela dietro la “maternità surrogata”, ha deplorato l’aggiramento del divieto tramite l’accettazione del fatto compiuto che i bambini restino con i genitori d’intenzione. Ha pertanto messo in dubbio con argomentazioni logicamente inappuntabili che corrisponda davvero all’interesse dei bambini essere cresciuti da coloro che, prima ancora del loro concepimento, li hanno considerati alla stregua di oggetti con cui appagare il loro desiderio di genitorialità[12].

Emanuele Bilotti, professore ordinario di Diritto privato presso l’Università Europea di Roma, ha approfondito le ragioni per cui la “maternità surrogata solidale” non merita un trattamento più favorevole di quella “commerciale”. Ha affermato poi con argomenti convincenti che il riconoscimento automatico della genitorialità intenzionale non realizza affatto il superiore interesse del minore. L’automatismo «asseconderebbe piuttosto un “progetto genitoriale” che si realizza attraverso una pratica “degradante”: una pratica che […] non strumentalizza solo la donna, ma anche il nato. E che finisce perciò per compromettere anche il rapporto dei committenti con quest’ultimo»[13].

Lo scritto di Arnaldo Morace Pinelli, avvocato in Roma e professore ordinario di Diritto penale presso l’Università “Tor Vergata” di Roma, ha un’importanza decisiva perché dimostra che il divieto della “maternità surrogata” non confligge con l’insopprimibile esigenza di tutela di colui che nasce dalla pratica illecita. L’autore approfondisce lo statuto dei diritti del minore, il quale è titolare nell’ordinamento vigente di diritti soggettivi che lo Stato è chiamato a salvaguardare e promuovere. La centralità della posizione del minore quale titolare di diritti fondamentali garantiti dall’art. 2 Cost. segna un radicale mutamento dell’attuale diritto di famiglia italiano rispetto al passato: «nel rapporto genitori/figlio l’ordinamento si colloca dalla parte del minore, in virtù del superiore interesse di cui questi è portatore»[14]. Questo mutamento di prospettiva implica la protezione del minore anche di fronte a quegli automatismi che omettono l’accertamento sull’idoneità dei genitori d’intenzione di svolgere effettivamente i compiti fondamentali per l’educazione e la formazione equilibrata del figlio.

L’ultima parte della rivista è dedicata a studi di medicina e di economia. Il professor Filippo Maria Boscia, Presidente nazionale dell’Associazione Medici Cattolici Italiani e professore titolare della cattedra di fisiopatologia della riproduzione umana e bioetica presso l’Università di Bari, ha definito l’espansione delle tecniche di fecondazione artificiale, dalla “provetta” alla “maternità surrogata” con l’espressione: «l’impossibile reso possibile»[15]. Indi ha esposto le varie tecniche di procreazione medicalmente assistita per la produzione di embrioni; infine, ha chiarito quali siano le esigenze ineludibili e i protocolli aggiuntivi per procedere alla surrogazione. Nelle sue conclusioni egli denuncia che: «In un grave silenzio, con la complicità delle organizzazioni femministe, si apre un capitolo, a mio avviso vergognoso, nel quale compaiono veri e propri contratti con committenti e contraenti, donatori e riceventi, ordinativi di ovociti, di gameti maschili, di embrioni per una nuova «umanità surrogata» con riduzione dell’utero da “casa dono” a “struttura locativa”»[16].

Il tema economico è stato trattato da Benedetto Rocchi in un’ottica strettamente mercatale e dal giurista Daniele Onori, principalmente in un’ottica diretta all’esame della contrattualistica internazionale.

Benedetto Rocchi, professore associato di Economia agraria presso l’Università di Firenze, ha esaminato la maternità surrogata quale espressione del mercato nel quadro della filiera procreatica. Indi ha chiarito le sequenze economiche del fenomeno secondo la logica mercatale. Lo sviluppo delle tecnologie procreatiche, infatti: «ha fatto nascere una vera e propria industria globale con forti prospettive di crescita, una filiera procreatica che può essere studiata dall’economista con la sua usuale cassetta degli attrezzi, come si fa con le altre filiere»[17]. Il processo procreatico può essere scomposto nelle sue varie fasi: produzione di gameti, fecondazione in vitro, conservazione e impianto di embrioni, gravidanza in utero preso in locazione: ogni fase genera dei veri e propri mercati di semilavorati, come testimoniato dai flussi di import ed export dei materiali utilizzati. Nel mercato integrato e in ogni singola filiera dello stesso avviene la fissazione dei prezzi delle transazioni, con variazioni che dipendono dall’incontro della domanda con l’offerta, nonché dal diverso costo dei fattori produttivi e dalle differenze nei sistemi di regolamentazione. Con una sapiente focalizzazione dei vari aspetti delle tecnologie procreatiche, Rocchi mette in luce l’intrinseco carattere “incompleto” di qualsiasi contratto per la «difficoltà di definire esattamente la natura della prestazione»[18]. Tale incompletezza genera inevitabili insufficienze nell’incontro tra domanda e offerta, nonché l’aumento dei costi per compensare l’attività dei vari protagonisti della produzione di embrioni e della fornitura dei servizi, di tipo mediatico, pubblicitario, legale e assicurativo, necessari per condurre a buon fine la procedura. Tutto ciò pesa negativamente sull’entità della retribuzione riconosciuta alla donna, che, ridotta a strumento servile dell’interesse dei committenti, si sobbarca ai rischi e alle sofferenze della gravidanza e del parto. Rocchi non manca infine di segnalare le «esternalità negative»[19] della procedura in pregiudizio del bambino: in primis «il potenziale stress subito dal bambino durante la gravidanza, connesso all’anomala posizione psicologica della gestante»[20]; in secondo luogo: il «distacco programmato al momento del parto da quella che per il bambino è la madre»[21]; in terzo luogo «l’inevitabile ricorso all’allattamento artificiale nel caso dei bambini nati dopo una gravidanza per conto terzi»[22].

Daniele Onori, infine, riferisce in un saggio ampio e documentato le caratteristiche empiriche del mercato globale della “maternità surrogata”, che si articola differentemente a seconda della legislazione dei vari Stati. L’autore sottolinea opportunamente il profilo, da tutti conosciuto – ma da molti sottovalutato – dello sfruttamento che i Paesi ricchi, tramite la “maternità surrogata”, quasi creando un sistema di vero colonialismo procreativo, esercitano su alcuni Paesi contrassegnati dall’indigenza di una larghissima parte della popolazione femminile[23].

A conclusione di questa breve e incompleta carrellata sui contenuti dei vari capitoli relativi alla “maternità surrogata” – incompletezza che fa torto alla competenza di tutti gli autori e alla serietà scientifica del lavoro da ciascuno offerto – desidero esporre il rilievo che ebbi a fare nel 2014 nella Relazione all’atto di ammissione come socio corrispondente alla Academia Nacional de Ciencias de Buenos Aires:Derechos enloquecidos; ¿Una nueva forma de totalitarismo?”

«La riproduzione artificiale» – osservavo − «tende a diventare, per la logica a essa intrinseca, e per i vantaggi che essa promette, la via privilegiata per la generazione umana. Tra non moltissimi anni, se non si risveglierà la nostra coscienza assopita, coloro che si ostineranno a generare grazie all’incontro dei corpi maschio e femmina, saranno guardati con sospetto, come costituenti una minaccia al disordine pubblico costituito» e soggiungevo: se il figlio è l’oggetto di un “diritto”, allora il diritto è «il vestito che copra l’assoluta libertà di autodeterminazione del soggetto anomico della contemporaneità. Di conseguenza il “diritto” al genere esprime lo sforzo più radicale del soggetto di contrapporsi alle leggi della natura e della realtà. È questo, dunque, paradossalmente, il “diritto” per eccellenza, il “diritto” più meritevole di rispetto e di tutela!».

E ancora: il termine “genere”, che, quasi per incanto, ha sostituito il termine sesso nella legislazione e nel lessico delle Corti, esprime, nel linguaggio della gender identity research, l’opposizione al sesso. Come dice Reimut Reiche, psicoanalista tedesco di formazione marxista, «[…] dove si parla di gender viene rimosso il sex». L’eliminazione del sesso va di pari passo con l’eliminazione della generazione eterosessuale, in forza della convinzione che, per distruggere il “primato dell’eterosessualità” − che ineludibilmente indica l’uomo essere “maschio e femmina” − occorre distruggere qualsiasi legame fra il sesso e la generazione. Non esiste il sesso, come sesso del corpo, né il “genere” come avente radice nel sesso; esiste soltanto il “genere”, come sesso costruito socialmente. Occorrerebbe lottare, dunque, contro la “priorità” della natura e, quindi, del sesso rispetto al genere. In questa lotta va individuato e sconfitto l’agente della protezione forzata della materialità, il sesso, che genera continuamente la costrizione esprimendosi nella forma “etero”. Contro la forma strutturante “etero” occorre non soltanto indurre la società al riconoscimento giuridico dei “diritti” delle minoranze sessuali, bensì mostrare che l’identità non è più il “maschio” o la “femmina”, bensì il “genere”, come incessante de-costruzione e ri-costruzione, come qualcosa di sempre nuovo, come indefinitamente plurale, come qualcosa che va al di là dell’uomo e della donna. Il “genere” non è un genere, ma molti generi. L’esito è l’ “io-per me stesso”, la totale chiusura di ogni singolo individuo agli altri individui; la chiusura, soprattutto, dell’orizzonte nel quale la persona come “maschio” e la persona come “femmina” s’incontrano nell’atto generativo.

In questa prospettiva la generazione non dovrebbe più essere affare che si realizza nell’incontro sessuale delle persone. Alla generazione dovrebbe pensare la tecnologia, che garantirebbe altresì la “sanità riproduttiva”. Il sesso, sradicato dalla realtà e dalla teleologia a esso intrinseca, non dovrebbe porsi al servizio della generazione, ma dovrebbe servire soltanto per l’esercizio ludico dell’infinita libertà dell’individuo.

Concludevo il mio intervento all’Academia Nacional de Ciencias de Buenos Aires esprimendo la speranza che la dottrina dei diritti umani potesse ben presto, con l’aiuto di Dio, rinsavire.

L’auspicio vale anche, ora e soprattutto, con riferimento alla diffusione della pratica della cosiddetta “maternità surrogata”.

Mauro Ronco

 

[1] D. Menorello, Appunti sulla filigrana antropologica, nei contratti di maternità surrogata, pp. 27-54.

[2] Id., Ibidem, parole terminali riportate nell’abstract in lingua italiana, p. 54.

[3] Cfr. A. Casciano, Altruismo, gratuità, solidarietà. L’insidioso lessico dell’antilingua nella legittimazione etica della maternità surrogata. Un’analisi della proposta di legge presentata dall’associazione Luca Coscioni, pp. 55-77.

[4] G. Marra, Inizio 2024: ancora in tema di maternità surrogata, dal Papa alla Corte di Cassazione, pp. 78-84.

[5] S. Nitoglia, I contratti di maternità surrogata. Nozione, problemi di esecuzione, clausole abortive, diritto di recesso, pp. 86-98.

[6] A. R. Vitale, La maternità surrogata nella sentenza delle Sezioni Unite Civili n. 12193/2019, pp. 99-110.

[7] M. Paladini, Maternità surrogata, morte del genitore biologico e trascrizione automatica dell’atto di nascita: una discutibile decisione del Tribunale di Milano, pp. 111-117.

[8] F. Farri, Il reato di surrogazione di maternità: profili giuridici, pp. 119-130.

[9] C. Introvigne, La maternità surrogata è un crimine contro la dignità dell’uomo, ovunque sia commesso. Estendere la punibilità delle condotte, anche se commesse all’estero, è l’unica via per non rassegnarsi ipocritamente alla logica del fatto compiuto, pp. 131-139.

[10] C. Parodi, La maternità surrogata come reato universale: comprendere prima di valutare, pp. 140-150, in specie p. 147.

[11] A.C. Moro, Manuale di diritto minorile, Bologna, IV ed., p. 41 in L. Jesurum, Il principio del superiore interesse del minore: inquadramento ed applicazione, pp. 152-158.

[12] D. Bianchini, La maternità surrogata è lesiva dei diritti dei bambini e contrasta con il principio del superiore interesse del minore, pp. 159-179.

[13] E. Bilotti, Il riconoscimento automatico della genitorialità intenzionale non realizza l’interesse del minore, ma quello degli adulti, pp. 180-187 e in particolare p. 185.

[14] A. Morace Pinelli, Maternità surrogata: le ragioni di un divieto che non confligge con l’insopprimibile esigenza di tutela di colui che nasce dalla pratica illecita, pp. 188-200 e in particolare p. 192.

[15] F. M. Boscia, Maternità surrogata, pp. 202-224, in particolare p. 202.

[16] Ibidem, p. 222.

[17] B. Rocchi, Utero in affitto: vietare o regolamentare? Un’analisi secondo la logica economica, pp. 225-238, in particolare p. 226.

[18] Ibidem, p. 229.

[19] Ibidem, p. 234.

[20] Ibidem, p. 234.

[21] Ibidem, p. 235.

[22] Ibidem, p. 235.

[23] D. Onori, Il mercato transnazionale dell’utero in affitto, pp. 239-267.