Filippo Maria Boscia
Presidente Nazionale dell’Associazione Medici Cattolici Italiani e
Professore titolare della cattedra di fisiopatologia della riproduzione umana e Bioetica
Università degli Studi di Bari “A. Moro”

Maternità surrogata*

 

 

Sommario:  1. Introduzione – 2. Espansione delle tecniche. Dalla provetta alla maternità surrogata: l’impossibile reso possibile – 3. Esigenze ineludibili e protocolli applicativi.  Argomenti da discutere con la coppia committente la surroga, preparazione della coppia committente (genitori intenzionali), preparazione della madre surrogata – 4. Per una nuova semantica riproduttiva – 5. Conclusioni.

 

 

 

  1. Introduzione

 

Permettetemi in questa introduzione di parlare di un ricordo fondamentale, parte importante della mia storia accademica e della mia vita professionale.

Jacques Testart, primo a realizzare tecniche procreative in vitro, mi è stato Maestro, a partire dagli anni Novanta, nel complesso percorso della mia formazione. Pertanto sono testimone che questo grande scienziato, dopo aver visto realizzato l’impensabile, cominciò ad essere atterrito dalla tecnica e di conseguenza invitava tutti i suoi discepoli alla prudenza. Da grande biologo embrionale, stupito sempre più dalla facilità con cui aveva saputo dominare la vita, con energia ripeteva che la scienza, se non si pone un limite, diventa fantascienza. Ci teneva a sottolineare:

«Monsieur Boscia, depuis que nous avons réussi à sortir l’ovocyte du corps féminin, le dépossédant de la sacralité de son voyage intracorporel, nous avons créé une nouvelle perspective dans la reproduction, de manière à mimer un véritable far west reproductif, qui peut évoluer vers une véritable coopérative dans le respect d’une chaîne de production humaine optimale: de la mère génératrice d’autrefois on arrivera à l’artificialisation complète de la naissance, dans laquelle pourraient également se croiser des fécondations interspécifiques ou l’utilisation d’outils complexes d’ectogénèse» (Signor Boscia da quando siamo riusciti a portare fuori dal corpo femminile l’ovocita, espropriandolo della sacralità del suo percorso intracorporeo, abbiamo creato una nuova prospettiva nella riproduzione, sì da mimare un vero e proprio far west riproduttivo, che potrà evolvere in vera e propria cooperativa nel rispetto di un’ottimale filiera di  produzione umana: dalla madre fattrice giungeremo alla completa artificializzazione della nascita, nella quale potrebbero anche intersecarsi fecondazioni interspecifiche o l’utilizzo di complessi strumenti di ectogenesi).

Proseguendo, anche altri miei Maestri, della levatura di Raoul Palmer e Robert Schoysman, manifestavano vivaci preoccupazioni: «La questione diventerà ancora più complessa quando in futuro si vorrà sostenere il diritto al figlio perfetto, al figlio di qualità … e, se questo accadrà, ogni filiera produttiva prevedrà la creazione di prodotti sempre migliori. La dissoluzione dell’istituto matrimoniale, la molteplicità delle separazioni, la facilitazione dell’aborto precoce, lo sterminio dei concepiti non sani, l’espansione della diagnosi prenatale finalizzata agli aborti selettivi appariranno  come metodi legittimi, anzi doverosi in una società il cui obiettivo è quello di migliorare la qualità umana, anche con l’ausilio della genetica molecolare e delle omiche, combinate con l’informatica e la biologia cellulare … e certamente nessuno potrà più escludere derive autoritarie in nome del bene sociale collettivo».

Mi convinco sempre più, con molto disappunto, che questa sarà l’ultima generazione di bambini portatori della sindrome di Down o di bambini geneticamente sfavorevoli!

Gli odierni screening predittivi, sempre più allargati e abusati, porteranno a zero le nascite sindromiche. L’eugenetica sarà sempre più ancorata alle pratiche di procreazione assistita, regolate da filiere controllate e, con una contrattualistica blindata, sarà estesa alla maternità surrogata orientata al solo assemblaggio di embrioni con caratteristiche genetiche ottimali.

Nell’attuale filiera riproduttiva prevarranno sempre più d’obbligo tecniche di selezione di ovociti e di spermatozoi, selezioni di embrioni, selezioni di madri gestazionali, stipulanti di eccellenti contratti di surrogazione in cui l’obbligo di rinunciare al figlio che sarà partorito diventerà perentorio. Saranno prescritti precisi vincoli e opportuni stili di vita a garanzia della salute del nascituro.  Se il neonato sarà portatore di qualche disabilità o malattia, la gestante per procura non potrà e non dovrà consegnare il neonato, data l’insorta inadempienza contrattuale, ma dovrà tenersi il bambino e ottemperare con propria responsabilità al suo handicap.

Per garantire buone condizioni igienico sanitarie e uno stretto controllo medico, le madri surrogate resteranno all’interno di apposite “dimore chiuse”, possibilmente accanto alle cliniche dove si sono sottoposte ai trattamenti che hanno procurato loro la gravidanza e dove partoriranno. In queste dimore protette, lontano dalle proprie famiglie, saranno continuamente vigilate, così come si controllano in medicina veterinaria le fattorie animali.

In caso di malformazioni accertate o sospette entro i primi mesi di gravidanza, l’aborto sarà reso obbligatorio. Inoltre, se mai il bambino, una volta nato, abbia necessità di tipo rianimatorio lo si potrà lasciare morire, anzi, qualora se ne preveda una sofferenza neurologica più o meno grave, non verrà più ritirato. In caso di gravidanze plurigemine scatterebbe l’obbligo alla riduzione embrionaria selettiva al fine di far nascere bambini secondo il numero concordato.

Eventuali inadempienze contrattuali comporteranno la rescissione di ogni accordo e la restituzione delle somme corrisposte. Mai contratti di tal tipo sono stati firmati da italiani benestanti. Viceversa, esistono solo contratti capestro per donne in grande povertà, poco istruite e poco consapevoli di avere dei diritti. Lo scenario che descriviamo guarda a Paesi terzi, delineando la figura delle madri alla stregua di moderne schiave, vittime di violenza e di sfruttamento. Ma per scelta libera e consapevole? Così si caratterizza un nuovo mercato, un enorme mercato ideologico, basato sullo sfruttamento delle donne.

Per ogni coppia che racconta agli amici o parenti la propria felicità, per avere avuto un figlio dalla fecondazione eterologa e dalla surrogazione gestazionale, c’è sempre qualcuno che nell’oscurità e nel silenzio criminoso è stato sottoposto a trattamenti altamente invasivi o ha venduto parti del proprio corpo (utero, ovociti o embrioni) o ospitato spermatozoi eterologhi.

In questa nostra modernità, che ha perso ogni riferimento etico, l’esaltazione dei diritti dei più forti opera la vaporizzazione dei pur sacrosanti diritti degli altri. Molti fenomeni di moderno schiavismo, visti addirittura come nuove possibilità lavorative o generose disponibilità di sussidiarietà, intersecando i progetti di legalizzazione di “matrimoni omosessuali” o di “unioni indefinibili” all’interno dei gruppi LGBTQIA+, potranno aprirsi ad una maggior diffusione delle nascite per procura.

 

  1. Espansione delle tecniche. Dalla provetta alla maternità surrogata: l’impossibile reso possibile

 

La maternità surrogata (MS), ovvero la gestazione per altri (GPA), era stata proposta come mezzo per aiutare coppie impossibilitate ad avere un figlio con le proprie forze, integrandole con donne cui affidare la gestazione per loro conto. Questa iniziale esigenza è diventata nel tempo così elastica da farci prevedere molteplici estensioni della iniziale metodica che qui di seguito andremo ad analizzare e descrivere.

È indispensabile quindi un’analisi preliminare, soprattutto oggi, perché spesso si tende a far confusione, non soltanto in riferimento ai termini che definiscono le varie madri surrogate, ma anche in relazione alle tecniche impiegate.

Molto di frequente il termine “surrogata” viene attribuito a protagonisti diversi che spaziano dalle coppie genetiche alle coppie committenti, alle coppie di intenzione, ma anche ad altri “attori protagonisti”.

Abbiamo tanti tipi di surroga: quella che coincide con l’ovodonazione e che viene proposta alle donne in cui mancano i gameti, ad esempio in caso di assenza congenita delle ovaie (agenesia) o per insorta insufficienza ovarica o per menopausa precoce. Si tratta in questo caso di donne nelle quali di solito viene trovato un utero normale quindi con prevedibile capacità gestazionale normale. Un altro tipo di surroga interviene quando per sindromi malformative ci si trova di fronte a problematiche congenite, tipo agenesia dell’utero o un suo spiccato iposviluppo o malformazione complessa (sindrome di Mayer-Rokitansky-Kuster-Hauser), o anche ad esiti di chirurgia genitale ablativa. Nel caso più complesso di assenza non solo dell’utero ma anche delle ovaie vi è chi propone l’acquisizione di ovociti e la disponibilità di un utero in prestito se non il trapianto dell’utero stesso.

È evidente, quando si tratta di cessione di ovociti o di utero, che esistono varie modalità attuative. Alcune tra esse sono oblative, basate su atti di generosità intra-familiare, fondati su stabili rapporti di parentela, oppure anche di solida amicizia. Queste modalità solidaristiche si contrappongono decisamente ad altre venalmente commerciali/contrattuali ed è chiaro che in questi casi siamo di fronte a veri e propri contratti, con “committenti” da un lato e “contraenti” dall’altro. Sono casi che comportano l’instaurarsi di stringenti rapporti contrattuali, che comportano per la coppia committente un costo, un prezzo da pagare alla contraente.

Nelle forme contrattuali le offerte sono differenziate e ovviamente la giovane età della donna, sia che doni gli ovociti, sia che proponga l’offerta dell’utero, è un prerequisito frequentemente richiesto, certamente essenziale.

Ci si affida ad agenzie o direttamente a donne disponibili a diventare “ospitanti” l’embrione. Vengono scelte donne giovani, meglio se con un grado di istruzione elevato, certamente in buona salute, con la garanzia di un buon stile di vita, un’alimentazione sana e sicura non dipendenza da sostanze di abuso (alcool, fumo, droghe, ecc.).

Va precisato che la donna che accetta di agire come “ospitante” la gravidanza per altrui vantaggio non ha, nella stragrande maggioranza dei casi, alcun rapporto genetico con il/i bambino/i che andranno a nascere, mancando da parte sua qualsiasi contributo genetico. Nel caso in cui l’ospitante offrisse anche i suoi ovociti, solo allora nella stessa donna coesisterà la doppia funzione di madre genetica e gestazionale. Questa metodica rappresenta l’1-3% di tutte le metodiche di PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) ed è praticata fin dall’inizio degli anni Ottanta[1].

In un documento della British Medical Association, elaborato nel 1996, agli albori della tecnica, così si sintetizzava la gravidanza surrogata: «Surrogacy is an acceptable option of last resort in cases where it is impossible or highly undesirable for medical reason for the intended mother to carry a child herself»[2].

Quanto oggi accade contestualizza lo svolgersi di tecniche ad elevata complessità: ciò ci porta ad esprimere una innovativa e più completa definizione: con il termine “Maternità Surrogata” o “Gestazione Per Altri” si intende una metodica di Procreazione Medicalmente Assistita mediante la quale una donna (madre surrogata), previo accordo con le parti coinvolte, intraprende la gestazione, cui seguirà il parto, su richiesta di una coppia eterosessuale o omosessuale, o di un individuo singolo committenti. Dopo la nascita il bambino verrà subito affidato alla committenza, la quale dovrà affrontare complesse procedure legali internazionali e nazionali per l’assegnazione delle specifiche funzioni genitoriali, ovvero per l’affidamento/adozione.

Distinguiamo due tipi di maternità surrogata:

“Maternità Surrogata Gestazionale” e “Maternità Surrogata Tradizionale”[3].

a) Maternità Surrogata Gestazionale

La maternità surrogata gestazionale è la forma più frequente di maternità surrogata, incidendo per il 90%, e si basa sul trasferimento nell’utero della donna ospitante di un embrione creato attraverso una procedura di fecondazione in vitro (FIVET) ottenuto con i gameti (ovociti e spermatozoi) di una coppia committente che dopo il parto assumerà funzione genitoriale.

I genitori committenti, definiti anche “genitori intenzionali”, sono solitamente coppie eterosessuali in grado di fornire alla madre surrogata entrambi i gameti (maschile e femminile) per la creazione dell’embrione, sicché il bambino che nascerà da questa “gestazione per procura” non avrà alcun legame genetico con la donna ospitante, la cui sola azione sarà quella di portatrice di gravidanza ovvero di “babysitter uterina”.

Questa metodica viene utilizzata in quelle condizioni patologiche che la clinica definisce come Fattore Uterino Assoluto, cioè reale impedimento per la donna di iniziare e di portare a termine una gravidanza.

Le indicazioni principali pertanto sono:

malformazioni uterine congenit­e

  • agenesia uterina congenita o sindrome di Mayer-Rokitansky-Küster-Hauser
  • utero ipoplasico o utero bicorne-unicorne

esiti di chirurgia

  • isterectomia per carcinoma cervicale o endometriale o per leiomiomi o adenomiosi[4].

gravi condizioni mediche materne

  • malattie cardiache, renali, dell’apparato respiratorio che potrebbero aggravarsi in gravidanza mettendo a rischio la vita della paziente, dopo valutazione accurata dell’aspettativa di vita materna
  • storia di ipertensione severa o eclampsia severa, o in generale ogni condizione che potrebbe essere aggravata dalla gravidanza stessa

-fallimenti ricorrenti di impianto con annidamento di embrione pur prodotto da tecniche di fecondazione assistita[5].

b) Maternità Surrogata Tradizionale o Parziale

La maternità surrogata tradizionale rappresenta circa il 10% dei trattamenti. La madre surrogata utilizza i propri ovociti e può essere sottoposta o ad inseminazione artificiale (metodica di I livello) oppure a FIVET (metodica di II livello). In questo caso gli ovociti da lei stessa prelevati dopo stimolazione ovarica, saranno fertilizzati in laboratorio utilizzando o lo sperma del futuro padre o quello di un donatore. Gli embrioni così realizzati saranno successivamente trasferiti nell’utero della stessa donna ospitante la gestazione sino al parto, cioè sino al momento in cui i genitori intenzionali adotteranno il bambino.   Come già detto, trattandosi di maternità surrogata tradizionale o parziale, il bambino avrà un legame genetico con la madre surrogata, avendo questa fornito gli ovociti. Questa modalità viene solitamente utilizzata per trattare:

Coppie eterosessuali (in cui la partner oltre a non poter portare la gravidanza per motivi medici indicati nella surrogata gestazionale, presenti anche un esaurimento ovarico precoce o una riduzione della funzione ovarica e quindi necessiti anche della donazione ovocitaria), coppie gay, o anche persone single, previa selezione di una donna ospitante.

c) Attuazione delle metodiche e selezione delle coppie:

L’attuale legislazione individua centri altamente specializzati autorizzati ad effettuare questi trattamenti. A tali centri le coppie vengono generalmente indirizzate o dal medico di famiglia o dal ginecologo di fiducia.

La coppia committente inizialmente viene sottoposta opportunamente a visita per una valutazione diagnostica approfondita. In tale occasione deve essere dispensata una informativa di base, che prenda anche in considerazione tutti gli aspetti della maternità surrogata. Tale informativa deve contenere l’indicazione al trattamento e deve essere confermata con firma per accettazione. Dopo questo consenso informato si potrà procedere alla individuazione della donna ospitante.

Nella maternità surrogata gestazionale questa può essere anche un membro della famiglia della coppia committente, o un’amica intima, oppure la coppia può trovare altre disponibilità tra le conoscenze personali o attraverso gruppi di sostegno per le coppie sterili. Tali organizzazioni possono essere a controllo governativo, sono solo a scopo benefico e senza scopi di lucro, come accade nel Regno Unito, dove la surrogazione è consentita solo per motivi altruistici e senza alcun compenso per la madre surrogata[6].

Secondo dati pubblicati e raccolti in Inghilterra, ove già da tempo si svolgono trattamenti per surrogazione gestazionale, il 36% delle madri surrogate risulta avere un legame di parentela con la coppia committente, trattandosi principalmente di sorelle o cognate. Nel 63% non c’è legame di parentela ma si tratta spesso di amiche o di donne messe in contatto con la coppia committente o trovate direttamente dalle coppie tramite iniziative e conoscenze personali. Questo studio dimostra quindi che alcune donne sono disponibili ad accettare di divenire madri surrogate al solo scopo di aiutare altre coppie nella genitorialità e quindi svolgono la funzione di surrogata per motivazione altruistica e senza alcuna remunerazione. Per contro ci sono altri Paesi, come gli Stati Uniti, dove esistono agenzie private altamente professionali e qualificate che agiscono solo a scopo commerciale, mettendo in contatto la potenziale madre surrogata con le coppie. In questo caso la madre surrogata riceve un compenso economico per la gestazione e per il parto.

Di fondamentale importanza è la discussione dei dettagli della procedura con una consulenza dettagliata per tutte le parti coinvolte negli accordi di maternità surrogata. L’obiettivo è quello di preparare entrambe le parti che verranno sottoposte al trattamento a considerare attentamente tutti gli aspetti e le implicazioni mediche, psicologiche e legali, sia a breve che a lungo termine.

Tutte le tecniche di procreazione medicalmente assistita oggi possono in teoria trovare facile impiego nella maternità surrogata, sicché le indicazioni si sono di molto ampliate. Oltre a quelle del passato, di cui si è già detto, nel tempo si sono aggiunte fantasiose motivazioni, non sempre condivisibili e tanto meno accettabili. Ad esempio, la ripulsa di un sé corporeo che si modifica inevitabilmente in gravidanza o anche l’esigenza di non abbandonare l’attività lavorativa, ritenuta prioritaria e irrinunciabile. A tal proposito va detto che molte delle coppie avrebbero benissimo potuto avere figli senza ricorrere a questi artifizi, ma sono arrivate a pensarci in età avanzata, talvolta oltre la soglia della menopausa e dell’andropausa.

Più di recente sono cominciate a manifestarsi altre indicazioni legate alle più svariate esigenze, che includono tra l’altro opzioni e richieste avanzate non solo da coppie eterosessuali, ma anche da coppie omosessuali, transgender, LGBTQIA+, ecc., che com’è ovvio aprono a tecniche sempre più innovative e ad un mercato inimmaginabile.

Considerando tutte le tecniche che comportano creazione di embrioni in laboratorio, si contano ad oggi 55 nuovi modi per nascere, includendo in queste metodiche anche l’espansione di tecniche di selezione genetica pre-impianto. Tra le innovazioni più recenti segnaliamo il metodo ROPA, proposto per coppie lesbiche.

d) Metodo ROPA

L’acronimo ROPA (Reception of Oocytes from Partner, Ricevimento di ovociti dalla partner) indica che una delle due partner della coppia lesbica riceve ovuli o ovociti dell’altra donna, fecondati con sperma di donatore anonimo. Trattasi di una tecnica che consente di garantire una maternità condivisa, ovvero una doppia maternità, direi “blindata” dal punto di vista giuridico/amministrativo. La finalità di questa tecnica, riservata esclusivamente alle coppie lesbiche, è quella di dare modo ad entrambe di partecipare attivamente alla gravidanza.

Nell’ambito di una normale procedura FIVET una delle due donne fornisce gli ovociti da inseminare con sperma di donatore; l’altra offre l’utero per la gestazione del bambino. L’una sarà madre gestazionale e partorirà il figlio che non potrà non essere che suo, l’altra sarà madre genetica, facilmente riconoscibile, accedendo ad esami di compatibilità genetica eseguibili dopo il parto. Questa metodica supera molte situazioni di rilevanza giuridica.

Qualora alla fine risultino embrioni residui soprannumerari (spare embryos) questi potrebbero anche essere trasferiti alla donna che ha fornito gli ovociti, che diventerebbe così sia madre genetica che gestazionale.

In questa metodica nulla cambia rispetto ad una FIVET tradizionale: le fasi del processo prevedono la stimolazione ovarica della madre genetica, con utilizzo degli usuali farmaci ormonali, affinché si sviluppino follicoli ovarici multipli, con il risultato di uno spiccato aumento delle probabilità di successo. La puntura ovarica per il prelievo ovocitario è una procedura chirurgica semplice che non richiede ricovero. Viene effettuata per via trans-vaginale sotto guida ecografica. L’ago di prelievo è collegato ad una pompa di aspirazione delicata (craft pump). La fecondazione avviene in vitro, così come in vitro segue la coltura e la selezione degli embrioni. Contestualmente nella madre ricevente si pratica un trattamento ormonale per preparare l’endometrio e renderlo idoneo all’impianto embrionale, dopo aver praticato esami di compatibilità immunologica. Qualora vi siano embrioni soprannumerari, residuati al trasferimento di un massimo di tre (onde evitare gravidanze plurigemine) questi vengono congelati per un eventuale utilizzo differito.

L’espansione delle tecniche di PMA che hanno reso possibile l’impossibile stanno incontrando particolare favore tra le persone la cui identità e/o l’espressione di genere differisce da ciò che è tipicamente associato al sesso loro assegnato alla nascita. In proposito, si fa riferimento ad un’ampia varietà di tecniche che sono state messe a punto nei laboratori di medicina della riproduzione e che sono applicabili per particolari esigenze di singoli, o di coppie appartenenti alla comunità LGBTQIA+, ma sono anche disponibili per i bisessuali e per quanti oggi mettono in discussione il proprio orientamento sessuale o la propria identità di genere.

Le numerosissime tecniche di PMA riguardano al momento coppie eterosessuali, coppie LGBTQIA (coppie lesbiche e coppie gay), coppie transgender con genitali maschili e con genitali femminili, ma a questo interminabile elenco dobbiamo aggiungere diverse opzioni tecniche, utilizzate in laboratorio, per produrre embrioni.

Le tabelle che seguono elencano 55 diverse possibilità di tecniche attuabili nel delicato campo della riproduzione/produzione umana:

tabella 1 tabella 2 tabella 3

3. Esigenze ineludibili e protocolli applicativi. Argomenti da discutere con la coppia committente la surroga, preparazione della coppia committente (genitori intenzionali), preparazione della madre surrogata

 

           I. Argomenti da discutere con la coppia committente la surroga

  • Esaminare tutte le opzioni terapeutiche compresa quella di non avere figli.
  • La possibilità di ricorrere all’ adozione invece di optare per la maternità surrogata.
  • La necessità opportuna di ricerca della madre surrogata con tutte le eventuali opzioni, da considerare essenziali per la scelta.
  • Le potenziali difficoltà pratiche del trattamento mediante maternità surrogata.
  • I costi totali del trattamento.
  • I potenziali rischi medici e psicologici della maternità surrogata.
  • I potenziali rischi psicologici, a breve e lungo termine, per quei bambini nati da maternità surrogata.
  • Le implicazioni di avere una gravidanza multipla.
  • La prevedibilità anche di trovarsi di fronte a gravidanze plurigemine impreviste per fissione o scissione embrionaria/embryo splitting.
  • Il grado di coinvolgimento emotivo che potrebbe portare l’ospitante a desiderare di avere con sé il bambino dopo la nascita o a tenerlo per sempre come proprio figlio.
  • La possibilità che il bambino possa nascere con un handicap.
  • I rischi prevedibili per la gravidanza o il parto, rischi per il bambino e per la madre surrogata possibili ma imprevedibili.
  • I rischi per le tossicosi fetali qualora si faccia uso e abuso di nicotina o alcool durante la gravidanza.
  • La possibilità che l’ospitante decida, nonostante il contratto, di tenere il bambino dopo la nascita.
  • L’importanza di ottenere una consulenza legale.
  • La necessità per la coppia genetica e per l’ospitante di stipulare una copertura assicurativa.

    II. Preparazione della coppia committente (genitori intenzionali)

Di fondamentale importanza è la valutazione della coppia committente da parte dello psicologo al fine di valutarne le motivazioni e soprattutto discuterne le implicazioni psicologiche. La maggior parte delle madri genetiche indirizzate al trattamento, forse sarà già stata valutata a sufficienza dal proprio ginecologo prima dell’invio, ma questo non esonera il Centro di Medicina della riproduzione dall’ottemperare a questo compito fondamentale.

Gli esami preliminari sono tanti, soprattutto quelli miranti a prevedere una suscettibilità o futuri danni genetici. Tra questi esami potrebbe anche trovare indicazione una laparoscopia, ma solo nei casi di anomalie congenite dell’apparato riproduttivo.

Lo studio della funzione ovarica è indispensabile: essa potrà essere valutata attraverso puntuale anamnesi della storia mestruale e da più stime di FSH, LH, AMH, 17Betaestradiolo sierici. L’ecografia pelvica e la conta dei follicoli antrali sono indicatori utili della probabile risposta ovarica alla stimolazione. Ulteriori informazioni riguardano la posizione delle ovaie nella pelvi, utili per valutare la loro accessibilità per il prelievo ovocitario. Vengono richiesti i gruppi sanguigni della coppia committente e di tutte le parti coinvolte nell’accordo. Dovrebbero essere escluse tutte le possibili flogosi e le infezioni da virus: virus epatite B (HBV), virus epatite C (HCV), virus dell’immunodeficienza umana (HIV), citomegalovirus (CMV), herpesvirus (HSV) e virus del papilloma umano (HPV). L’analisi completa mediante test genetici è consigliata sia alla coppia committente, sia alla madre surrogata, sia ai donatori di gameti per escludere la possibilità che alcuni possano essere portatori di malattie geneticamente trasmissibili.

La gestione dei cicli di trattamento FIVET delle madri genetiche comporta la stimolazione follicolare ovarica. Il monitoraggio e il recupero degli ovociti sono procedure di routine. Nulla cambia dalla normale fecondazione in vitro, salvo il fatto che il trasferimento degli embrioni avviene nella madre surrogata. Chi si occupa del trattamento delle parti coinvolte nella maternità surrogata riferisce che non è per nulla complicato far questo! Difficoltosa invece è la preparazione di tutti gli attori, in riferimento alle necessarie consulenze legali, bioetiche, psicologiche, ecc. Massima attenzione viene posta alla selezione della donna ospitante.

Lo sperma utilizzato negli accordi di maternità surrogata deve essere trattato allo stesso modo dello sperma di donatore.  In riferimento allo stato infettivologico (HIV, Epatite B e C) il liquido seminale del marito o del partner genetico deve essere messo in quarantena per tre mesi prima di essere utilizzato, in attesa di conferma sierologica di negatività rassicurante. Altra opzione può essere quella di congelare e mettere in quarantena per tre mesi gli embrioni creati con uno sperma dubbio. Il marito/partner genetico verrà quindi sottoposto ad un ulteriore test infettivologico e gli embrioni potranno essere trasferiti o lo sperma scongelato e utilizzato per creare embrioni “freschi” da trasferire nella madre surrogata.

       III. Argomenti da discutere con la madre surrogata

  • Molte sono le implicazioni connesse alle metodiche in uso: chi intende sottoporsi a trattamento mediante maternità surrogata anche con fertilizzazione in vitro e stimolazione ovarica (nel caso di surrogata tradizionale) deve comprendere appieno quello che sta facendo.
  • Il consenso del partner.
  • La possibilità di gravidanze multiple.
  • La possibilità che la famiglia o gli amici siano contrari al trattamento.
  • Vanno precisati i rischi medici associati alla gravidanza e l’eventuale necessità di parto cesareo.
  • Occorre prevedere eventuali insuccessi riproduttivi e aborti e attenzionare le parti, atteso che il senso di colpa si porrà in entrambe le parti se malauguratamente la gravidanza dovesse interrompersi.
  • La surrogata dovrà discutere anche di potenziali effetti destabilizzanti i propri figli già nati: una destabilizzazione può avvenire alla nascita.
  • Ancora, v’è la possibilità che la surrogante provi un senso di lutto quando sta per affidare alla nascita il bambino ai committenti, soprattutto nei casi di surrogata tradizionale, quando il neonato ha anche un legame genetico con la mamma surrogata.
  • La possibilità che il bambino possa nascere con un handicap o con malformazioni non evidenziate precocemente in gravidanza.
  • Come parte del processo di consulenza, dovrebbero essere tenuti degli incontri con entrambe le coppie per discutere su ciò che diranno a qualsiasi bambino nato a seguito del trattamento sulla loro origine, e anche su ciò che l’ospite surrogato dirà ai suoi figli esistenti. Esiste ora una maggiore tendenza da parte di tutte le coppie coinvolte nel trattamento della maternità surrogata ad informare i propri figli sulla metodica con cui sono stati concepiti e sono nati[1].

    IV. Preparazione della madre surrogata

La madre surrogata dovrebbe avere preferibilmente un’età compresa tra 23 e 35 anni. Data la difficoltà di reperire madri surrogate, l’età può essere estesa a 40 anni, soprattutto in caso di relazione parentale o amicale con la coppia committente. L’ospitante dovrebbe essere sposata o impegnata in una relazione con un figlio o aver completato la famiglia. È necessario comunque acquisire il consenso del partner/coniuge. Oltre ad un’approfondita valutazione medica e psicologica è richiesta anche una attenta disamina sull’integrità sociale e finanziaria della surrogata.

Dal punto di vista clinico vengono eseguiti esami del sangue di routine insieme a test per escludere le infezioni per i virus epatite B, epatite C e dell’immunodeficienza acquisita, inoltre sono consigliati anche l’elettrocardiogramma, il pap-test e la mammografia.  Un’ecografia pelvica e addominale approfondita serve ad escludere qualsiasi anomalia anatomica. Nella surrogata tradizionale è necessario effettuare un test genetico completo per lo screening di eventuali malattie genetiche[2].

Sempre nella surrogata tradizionale è preferibile che la paziente selezionata venga sottoposta in modo prioritario direttamente ad inseminazione intrauterina col seme della coppia committente: sarebbe questa la procedura più semplice e più economica. In caso di insuccesso il conseguente iter è quello di passare al terzo livello. Questa accortezza oggi da molti non è accettata perché si desiderano raggiungere immediatamente le percentuali più alte di successo con la tecnologia avanzata che promette migliori risultati, anche con maggiore dispendio emotivo.

 

4. Per una nuova semantica riproduttiva

 

La maternità surrogata apre un’incredibile nuovo capitolo di possibilità/opportunità, di diritti e doveri, tutti legati ad un nuovo ordine procreativo, da molti invece giudicato disordine procreativo.

Termini diversi, anche molto edulcorati, conducono al grande tema della “filiera produttiva controllata”, che partendo dalle materie prime giunge alla consegna del prodotto finito. I lemmi semantici all’inizio apparivano gentili, edulcorati, presentati come atti intrisi di forte generosità. Sono davvero infinite, direi anche fantasiose, le definizioni oggi usate per identificare la maternità surrogata. Ci troviamo di fronte a nuove semantiche per definire la “maternità per altri”.

tabella 4

 

Molte di queste definizioni sulla carta appaiono innocue, ma contengono progettualità commerciali che sono in molti a desiderare che passino inosservate.

Oggi sempre più spesso si parla di “filiera ri-produttiva”, facendo riferimento ai trattamenti di riproduzione assistita o per meglio dire di “produzione umana” medicalmente assistita.

Parecchie operazioni, un tempo censurate o considerate da scartare, sono diventate positive: sono sempre più spesso presentate come azioni solidaristiche, sussidiarie, protese e orientate al rispetto della vita embrionaria congelata, della serie “non lasciate gli embrioni congelati, ma si proceda con urgenza alla loro adozione per la nascita”.

Ma in realtà cosa c’è di positivo in queste azioni di beneficenza, di adozione?

Nel nuovo capitolo della procreatica si distinguono:

  • “Committenti”, i genitori di intenzione, desideranti, intenzionali.
  • “Contraenti”, le donne disponibili ad attività di surroga riproduttiva.

Compito della madre gestante (dede), soggetto gestazionale, sarà quello di condividere per prestito o per lucro o per atto altruistico gratuito il proprio utero, al fine di consentire all’embrione creato in vitro ospitalità gestazionale dal momento dell’impianto fino alla sua nascita.

In questa “gravidanza per contratto”, o si potrebbe dire per “comodato d’uso”, compaiono tante altre figure: l’uomo della coppia o l’altro uomo donatore/venditore di gameti maschili, la donna donatrice/venditrice di gameti femminili, la donna singola che può coincidere con la gestante o la donna della coppia eterosessuale, la donna della coppia omosessuale, gli attori che hanno commissionato il figlio, ed anche donne terze.

Se la donna ricevente l’embrione fosse già coniugata con un uomo, la “cooperativa riproduttiva” potrebbe anche allargarsi al coniuge, se consenziente: taluni contratti prevedono anche per il coniuge della madre surrogata specifici indennizzi per la sua disponibilità o per il suo “sacrificio”.

La composizione della cooperativa può essere molto variabile: vi può essere un maschio senza partner che mette a disposizione il proprio seme, concorrendo o ricorrendo a questa pratica con donna diversa (dede), che può anche allo stesso tempo donare o vendere i suoi ovociti (dona) o essere solo ricevente, che, avendo accettato il trasferimento di un embrione prodotto con gameti altri in laboratorio, diventa gestante per contratto.

In questo melange genitoriale, ovvero in queste genitorialità condivise, possiamo prevedere coppie di genitori contrattuali assolutamente estranei, oppure genitori che coincidono con i genitori genetici o con altri solo possessori dei gameti che non coincidono per nulla con quelli genetici.

Si evince che in ogni gravidanza surrogata la struttura antropologica fondamentale madre-figlio potrà dinamicamente evolvere in legame dona (donatrice di ovulo) e legame dede (gestante accettante), figlio, genitore 1, genitore 2.

Si potranno contare quindi cinque e forse anche più genitori: i due individui donanti i gameti, la gestante che offre l’utero e i due genitori contrattuali committenti, diversi dai genetici, che diventeranno affidatari. Nella forma più semplice i genitori genetici sono coloro cui appartengono i gameti utilizzati, che potrebbero anche coincidere o non coincidere con i genitori contrattuali. Nel caso in cui si richieda e si ottenga una gravidanza gemellare di madre o padre diversi potranno contarsi fino a sette figure genitoriali.

In una prospettiva identificativa potremo d’ora in avanti distinguere: una madre genetica, una madre gestazionale, una madre sociale, una madre giuridica o legale e una madre contrattuale, così come in riferimento ai padri: un padre genetico, un padre sociale e un padre adottivo contrattuale.

Ma non possiamo non comprendere tra i soggetti coinvolti molti altri addetti alla organizzazione/pubblicizzazione/commercializzazione di gameti, freschi o congelati che siano, di embrioni o di chi possedendo un utero sano con buone prospettive gestazionali si presta alla surrogazione della maternità a qualsiasi titolo, oneroso o non, e ancora, tutti quelli che favoriscono queste complesse organizzazioni che sinteticamente etichetterei come “laboratori di procreatica/embrionifici”.

Al centro di questo nuovo ordine o disordine procreativo che dir si voglia, v’è il laboratorio di Medicina della riproduzione che diventa punto di riferimento per qualsiasi esigenza di “gruppi cooperativistici o cooperative per la produzione umana”.

Interminabili sono i quesiti e gli argomenti su cui discutere riguardo questi delicatissimi temi. Estremamente variegate le risposte, molte anche ideologiche e non tutte condivisibili… è  la conseguenza dell’espansione delle tecniche che hanno reso possibile l’impossibile di cui si è detto.

Il Comitato Nazionale di Bioetica (CNB) nella mozione “Maternità surrogata a titolo oneroso” ha censurato questa pratica in modo definitivo,  considerandola in netto contrasto con i principi bioetici fondamentali: testualmente, sin dal 2016, il CNB ha ricordato che il corpo umano e le sue parti non devono mai essere fonte di profitto e che la maternità surrogata per contratto risulta lesivo della dignità della donna  e anche della dignità del figlio che andrà a nascere e che sarà sottoposto suo malgrado, già in fase embrionale, ad essere un oggetto/atto di cessione e mai soggetto.

L’attuale attivazione in tanti Stati sovranazionali di rapporti contrattuali procreativi, già oggi costituisce senza ombra di dubbio la più bieca commercializzazione e il più osceno sfruttamento del corpo della donna, che dietro compenso/rimborso spese o addirittura a pagamento, mette a disposizione la sua capacità gestazionale (gestazione per altri).

In realtà siamo giunti a concedere tante eccezionali chances per far avere figli a chiunque! Tutte le chances sottendono la costruzione di un mondo che non è più duale, ma che tende a negare il valore originario della maternità come dono e per conseguenza finiscono con incrinare la genitorialità. Le varie espansioni delle metodiche sono molteplici sino a sfociare in un mercanteggiamento di bambini, atteso che in fin dei conti può trattarsi di donne assoldate per far figli.

In un contesto del genere, il figlio può essere commissionato non solo da coppie eterosessuali ma anche da gruppi LGBTQIA+ o da qualsiasi altra persona impossibilitata ad aver figli, non per ragioni mediche, ma per innumerevoli altri desiderata, pur in mancanza di partner e prospetta decisamente l’esigenza di ottenere un utero in affitto, quasi come fosse un pied-a-terre del concepito per tutto il periodo della gestazione.

Cercando in rete, ci si può render conto che molte organizzazioni di maternità surrogata sono dedicate esclusivamente alle coppie omosessuali, sicché il legame madre-figlio pian pianino sta dinamicamente evolvendo in legame dona (donatrice di ovulo), dede (gestante), figli, genitori committenti (di affido) senza che appaia turbata, la struttura antropologica fondamentale o la sostanza del rapporto d’amore.

Credo che dovremmo riflettere molto e seriamente su queste problematiche, sul proclamato diritto al figlio sano, fino a sostenere la barbara e virale formula del “soddisfatto o rimborsato” quasi che il concepito si possa identificare quale banale merce contrattualmente commissionata. Occorre parlarne anche perché in molteplici realtà pluralistiche si discute se la gravidanza per altri non sia un crimine contro l’umanità.

In un Master su piattaforma web dell’Università di Torino, con stile dialogico Maurizio Mori e Palma Sgreccia, si chiedono:

  1. Se la gestazione per altri sia una pratica atta a creare famiglie con relazioni nuove e profonde o, se, al contrario, sia una maternità surrogata, una pratica che mercifica la donna e il bambino, snaturando il rapporto genitori-figli.
  2. Se il miglior interesse dei bambini implichi necessariamente il riferimento alla figura materna e paterna o se, invece, il ruolo genitoriale può estrinsecarsi con altre modalità di realizzazione della responsabilità verso i figli.
  3. Se, per il bene dei bambini, la donatrice di ovulo (dona) e la gestante (dede), che hanno collaborato alla loro nascita, si debbano limitare ad un contributo biologico o se, invece, possano entrare a pieno titolo nella rete dei legami importanti, così come è presentato nei docufilm di Marco Simon Puccioni, in cui dona e dede hanno relazioni significative con i bambini.
  4. Se il legame madre-figlio sia una struttura antropologica fondamentale o se possa dinamicamente evolvere in legame dona-dede-figlio-genitori senza che vari la sostanza del rapporto d’amore.

 

5. Conclusioni

 

La maternità surrogata è una, forse troppo abusata, modalità di riproduzione, che può consentire a molte coppie, che altrimenti non avrebbero alcuna possibilità, di soddisfare il loro desiderio di genitorialità e completamento della famiglia.

A mio parere è possibilità tecnologica ormai fin troppo banalizzata, accettata forse acriticamente da tantissime coppie.

Studi recenti effettuati sui risultati di tale metodica concludono che la maggior parte degli accordi di maternità surrogata viene implementata con successo e la maggior parte delle madri surrogate sono ben motivate e manifestano poche remore e poche difficoltà a separarsi dai bambini nati a seguito dell’accordo. L’esito perinatale dei bambini è paragonabile a quello della fecondazione in vitro e all’ovodonazione standard così come non vi sono prove di danni ai bambini nati a seguito della maternità surrogata. Tuttavia, queste conclusioni dovrebbero ancora essere interpretate con cautela in quanto è difficile ricercare dati sui risultati per le famiglie e le madri surrogate coinvolte nella maternità surrogata transnazionale, commerciale, specie nei paesi meno sviluppati dove la maternità surrogata è un’industria in crescita. Inoltre, non vi sono studi su bambini cresciuti con coppie omogenitoriali gay[1].

In un grave silenzio, con la complicità delle organizzazioni femministe, si apre un capitolo, a mio avviso vergognoso, nel quale compaiono veri e propri contratti con committenti e contraenti, donatori e riceventi, ordinativi di ovociti, di gameti maschili, di embrioni per una nuova “umanità surrogata” con riduzione dell’utero da “casa dono” a “struttura locativa”.

Il desiderio di una maternità/paternità incontra una donna disposta per bisogno a diventare gestante surrogata con l’impegno commerciale di riconoscerle un pagamento equo, impegnandola ad utilizzare il proprio corpo come incubatore temporaneo di una “gestazione per conto terzi”. Questa è la nuova sigla della maternità surrogata, che da gratuita diventa fabbrica commerciale (babyfabrik, temporary-mother: fabbrica di bambini, madre temporanea).

Nel contratto ci sono varie clausole: l’ovulo stesso è merce, lo è anche lo sperma, entrambi in vendita con prezzo variabile a seconda della qualità e secondo la mappatura genetica di chi li fornisce, dell’età dei donatori e anche in relazione al loro grado di istruzione e al loro stato sociale. Bambini on demand (su richiesta), assemblati secondo le indicazioni dei committenti/compratori, selezionati per trovar posto nella rigida filiera riproduttiva affinché ci sia il trionfo della commissione, la massima soddisfazione del desiderio, senza tener conto che i nati saranno sempre svincolati da ogni legame biologico. Nati per mostrare l’efficienza di un contratto, nati da donne che biologicamente non sono da considerarsi madri, presi in consegna dai compratori in zone grigie di confine tra il lecito e l’illecito.

Il nuovo ordine, o meglio disordine procreativo, richiede che nella filiera riproduttiva ci siano ovo-venditrici o ovo-donatrici di uova eccezionalmente fresche o anche opportunamente congelate, sperma-venditori o donatori di sperma fresco, il più efficace o di qualità o congelato, embrioni freschi selezionati e stadiati, di qualità o congelati in laboratori accreditati,  uteri in affitto delle più giovani madri esistenti, donne-incubatrici, alimentate, vitaminizzate secondo i migliori progetti di filiera, donne che porteranno a termine la gravidanza senza riconoscere il bambino. Questi sono alcuni dei limpidi e selezionati ingredienti per la produzione del miglior prodotto da confezionare per “genitori intenzionali”, prodotto assemblato secondo le loro preferenze etniche. Così si garantisce la sostenibilità e la qualità lungo tutta la filiera, che certamente non è più green, ecologica, ma certamente è la più idonea per compratori egoisti che soddisfano i loro bisogni.

Nell’attuale fiera riproduttiva vendere, comprare e pretendere un utero in affitto è più che lecito. Ancor più se questa compravendita è accompagnata da cataloghi patinati e video emozionali.  Si capovolge il bene con il male, il vero con il falso. E, nel trionfo della soddisfazione di un capriccio, si sostiene il diritto al consumo, utilizzando una neo-lingua buonista che vuole tentare di edulcorare l’imprinting negativo che deriva dalla frammentazione della genitorialità: il “noi” riproduttivo è stato infranto dalle nuove regole imposte dalle neonate “cooperative di produzione”.

L’età avanzata dei committenti non importa a alcuno… il figlio commissionato, non può scegliere genitori giovani ma deve accontentarsi anche di genitori/nonni… il legame biologico è diventato assurdamente un optional del quale si può fare a meno.

Il mondo globalizzato ci impone di integrare le diversità, obbligandoci a chiudere gli occhi di fronte alle storture imminenti di vera fantascienza. La massima libertà negli ordinativi associata al nuovo ordine riproduttivo, che può prescindere per scelta, egoistica e scellerata, da legami biologici della genitorialità, ci sta conducendo ad accettare qualsiasi “bazar dell’identità”.

Su tanti modi per nascere… nel domani?

Chi vivrà, vedrà!

 

[1] Cfr. V. Söderström-Anttila, U.B. Wennerholm,  A. Loft, A. Pinborg, K. Aittomäki, L.B. Romundstad, C. Bergh, Surrogacy: outcomes for surrogate mothers, children and the resulting families-a systematic review, in Human Reproduction Update, 2016 Mar-Apr; 22 (2), pp. 260-276.

[1] O. Van Den Akker, The importance of a genetic link in mothers commissioning a surrogate baby in the UK, in Hum. Reprod., 2000, 15, pp.1849-1855; V. Jadva, C. Murray, E. Lycett, F. Maccallum, S. Golombok, Surrogacy: the experiences of surrogate mothers, in Hum Reprod, 2003 Oct, 18, 10, pp. 2196-2204; F. Maccallum, E. Lycett, C. Murray, V. Jadva, S. Golombok, Surrogacy: the experience of commissioning couples, in Hum Reprod., 2003 Jun; 18 (6) pp. 334-342; S. Golombok, F.J. Maccallum, Practitioner review: outcomes for parents and children following non-traditional conception: what do clinicians need to know?, in Child Psychol Psychiatry, 2003 Mar, 44 (3), p. 303.

[2] Cfr. N.H. Patel, Y.D. Jadeja, H.K.  Bhadarka, M.N. Patel, N.H. Patel, N. Sodagar, Insight into Different Aspects of Surrogacy Practices, in Journal Hum. Reprod. Sci., 2018 Jul-Sep., 11 (3), pp. 212-218.

* Contributo sottoposto a valutazione.

 

[1] D. Birenbaum-Carmeli, P. Montebruno, Incidence of surrogacy in the USA and Israel and implications on women’s health: a quantitative comparison, in J Assist Reprod Genet., 2019 Dec; 36 (12), pp. 2459-2469; W.H. Utian, L. Sheean, J.M. Goldfarb, R. Kiwi, Successful pregnancy after in vitro fertilization and embryo transfer from an infertile woman to a surrogate, in Engl J Med, 1985, 313, pp.1351-1352.

[2] Tradotto in italiano: «La surrogazione è un’opzione di ultima risorsa accettabile nei casi in cui è impossibile o altamente non-desiderabile per ragioni mediche che la madre intenzionale porti avanti da sola una gravidanza».

[3] Cfr. P.R. Brinsden, Gestational surrogacy, Hum Reprod Update, 2003 Sep-Oct; 9 (5), pp. 483-491; J. Aznar, M. Martínez Peris, Gestational Surrogacy, in Current View. Linacre Q. 2019, 86, pp. 56-67.

[4] Cfr. M. Brännström, P. Dahm Kähler, R. Greite, J. Mölne, C. Díaz-García, S.G. Tullius, Uterus Transplantation, in A Rapidly Expanding Field. Transplantation, 2018, 102, pp. 569-577; B. Bruno, K.S. Arora, Ethical Implications of Donor Type for Uterus Transplantation, in Why B We Should Remain Wary of Using Living Donors, in Yale J. Biol. Med., 2020, 93, pp. 587-592; B.P. Jones, S. Saso, T. Bracewell-Milnes, M.-Y. Thum, J. Nicopoullos, C. Diaz-Garcia, P. Friend, S. Ghaem-Maghami, G. Testa, L. Johannesson, I. Quiroga, J. Yazbek, J.R. Smith, Human uterine transplantation, A Review of outcomes from the first 45 cases, in BJOG Int. J. Obstet. Gynaecol., 2019, 126, pp.1310-1319; S. Zaami, A. Di Luca, E. Marinelli, Advancements in uterus transplant: New scenarios and future implications, in Eur. Rev. Med. Pharmacol. Sci., 2019, 23, pp. 892-902; S.V. Carr, Surrogacy and ethics in women with cancer, in Best Practice & Research Clinical Obstetrics Gynaecology, 2019 Feb., 55, pp. 117-127.

[5] Cfr. N. Aflatoonian, M. Eftekhar, B. Aflatoonian, E. Rahmani, A. Aflatoonian, Surrogacy as a good option for treatment of repeated implantation failure, in A case series. Iran, Journal Reprod. Med. 2013, 11, pp.77-80; N.H. Patel, Y.D. Jadeja, H.K. Bhadarka, M.N. Patel, N.H. Patel, N.R. Sodagar, Insight into Different Aspects of Surrogacy Practices, in Journal of Human Reproductive Sciences – LWW, 2018, 11, pp. 212-218.

[6] Cfr. S.C. Klock, S.R. Lindheim, Gestational surrogacy: medical, psychosocial, and legal considerations, in Fertil Steril., 2020 May, 113 (5), pp. 889-891; B. Olaye-Felix, D. Allen, N.H. Metcalfe, Surrogacy and the law in the UK, in Postgrad Med Journal, 2023 May 22, 99 (1170), pp. 358-362; E. Blyth, Interviews with surrogate mothers in Britain, in Journal Reprod. Infertil. Psychol., 1994, 12, pp.189-198.