Emanuele Bilotti
Professore Ordinario di Diritto privato
Università Europea di Roma

  

Il riconoscimento automatico della genitorialità intenzionale non realizza l’interesse del minore, ma quello degli adulti*

 

 

Sommario: 1. Anche la maternità surrogata “solidale” (ammesso che vi sia in concreto) è lesiva della dignità umana  − 2. La maternità surrogata “solidale” è in contrasto con i principi costituzionali − 3. La sentenza n. 38162/2022 delle Sezioni Unite.

 

 

 

  1. Anche la maternità surrogata “solidale” (ammesso che vi sia in concreto) è lesiva della dignità umana

 

Sulla valutazione della surrogazione di maternità da parte dell’ordinamento e, in particolare, sulla proposta del professor Zagrebelsky[1] di riservare una diversa considerazione alle ipotesi in cui la maternità surrogata si presenterebbe come «atto gratuito di solidarietà umana» della donna – il Centro Studi Livatino ha già pubblicato un garbato e pregevole intervento di replica[2] nel quale, oltre a diversi puntuali rilievi critici, sono state opportunamente ricordate le rilevanti affermazioni contenute in una recente sentenza della Suprema Corte, la n. 38162 del 30 dicembre 2022, pronunciata a Sezioni Unite: una sentenza importante, con la quale il professor Zagrebelsky non ha però ritenuto di doversi confrontare.

In quella sentenza si afferma chiaramente che «nel nostro sistema costituzionale la dignità ha una dimensione non solo soggettiva, ancorata alla sensibilità, alla percezione e alle aspirazioni del singolo individuo, ma anche oggettiva, riferita al valore originario e non rinunciabile di ogni persona» e che «la dignità ferita dalla pratica di surrogazione chiama in gioco la sua dimensione oggettiva».

Si comprende allora la scelta del legislatore italiano, il quale – così si esprimono i giudici della Suprema Corte – «nel disapprovare ogni forma di maternità surrogata, ha inteso tutelare la dignità della persona umana nella sua dimensione oggettiva, nella considerazione che nulla cambia per la madre e per il bambino se la surrogazione avviene a titolo oneroso o gratuito». Sempre secondo le Sezioni Unite, infatti, «indipendentemente dal titolo, oneroso o gratuito, e dalla situazione economica in cui versa la madre gestante (eventuale stato di bisogno), la riduzione del corpo della donna ad incubatrice meccanica, a contenitore di una vita destinata ad altri, ne offende la dignità, anche in assenza di una condizione di bisogno della stessa e a prescindere dal concreto accertamento dell’autonoma e incondizionata formazione del suo processo decisionale».

Di qui le Sezioni Unite hanno dedotto la conseguenza secondo cui «non è… consentito al giudice, in sede di interpretazione, escludere la lesività della dignità della persona umana… là dove la pratica della surrogazione della maternità sia il frutto di una scelta libera e consapevole della donna, indipendentemente da contropartite economiche e revocabile sino alla nascita del bambino».

 

  1. La maternità surrogata “solidale” è in contrasto con i principi costituzionali

 

Il riferimento alla dimensione “anche oggettiva” della dignità umana accolta nel “sistema costituzionale” consente di formulare anche l’ulteriore deduzione secondo cui neppure al legislatore sarebbe consentito un esito come quello prospettato, e cioè la legittimazione di quella che per il professor Zagrebelsky sarebbe invece una “distinzione fondamentale”: la distinzione tra maternità surrogata realizzata in virtù di «un contratto di prestazione dietro un corrispettivo» e maternità surrogata quale «atto gratuito di solidarietà umana» dal quale la donna «non si aspetta di ricavare alcun vantaggio economico».

La decisione delle Sezioni Unite del 30 dicembre 2022 contiene poi spunti argomentativi di notevole interesse anche sull’altra questione affrontata dall’intervento del professor Zagrebelsky: la condizione giuridica dei nati da madre surrogata in violazione del divieto previsto dalla legge italiana.

È bene chiarire anzitutto l’argomento del professor Zagrebelsky. L’illustre giurista critica apertamente la “logica compromissoria” accolta dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 272 del 2017 e n. 33 del 2021 e fatta propria anche dalla stessa Suprema Corte nella sentenza n. 12193 del 2019, pronunciate sempre a sezioni unite: quella logica posta a fondamento della soluzione per cui l’accertamento estero della genitorialità puramente intenzionale del committente privo di legame biologico col nato da madre surrogata deve considerarsi senz’altro contrario all’ordine pubblico, mentre il rapporto in atto tra i due potrebbe comunque essere formalizzato ex post attraverso il ricorso alla procedura di adozione in casi particolari, e dunque a seguito di un accertamento giudiziale concreto della sua conformità al superiore interesse del minore.

In effetti, nella sentenza n. 33 del 2021, la Corte costituzionale muove dall’idea che «l’interesse del bambino non può essere considerato automaticamente prevalente rispetto a ogni altro controinteresse in gioco». Diversamente «si verificherebbe l’illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe “tiranno” nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette, che costituiscono, nel loro insieme, espressione della dignità della persona».

Di conseguenza, sempre secondo il Giudice delle leggi, «gli interessi del minore dovranno essere… bilanciati, alla luce del criterio di proporzionalità, con lo scopo legittimo perseguito dall’ordinamento di disincentivare il ricorso alla surrogazione di maternità, penalmente sanzionato dal legislatore; scopo di cui si fanno carico le sezioni unite civili della Corte di cassazione [il riferimento è alla sent. cit. n. 12193 del 2019], allorché negano la trascrivibilità di un provvedimento giudiziario straniero, nella parte in cui attribuisce lo status di genitore anche al componente della coppia che abbia partecipato alla surrogazione di maternità, senza fornire i propri gameti».

L’esclusione della trascrizione sarebbe così il prodotto di un “bilanciamento” tra l’interesse del bambino e la legittima finalità di reprimere la pratica della surrogazione di maternità. La necessità di preservare la coerenza della scelta proibizionista dell’ordinamento imporrebbe, in altri termini, un “affievolimento” – è appunto questa l’espressione utilizzata dalla Suprema Corte nella sent. cit. del 2019 – dell’interesse del minore. E questo “affievolimento” si realizzerebbe escludendo l’automatismo della trascrizione, ma consentendo la formalizzazione del rapporto in atto attraverso l’adozione in casi particolari.

Anche la Corte di Strasburgo sarebbe sulla stessa linea. La Corte costituzionale ricorda infatti come anche quel Giudice «riconosce… che gli Stati parte [della Convenzione europea dei diritti dell’uomo] possano non consentire la trascrizione di atti di stato civile stranieri, o di provvedimenti giudiziari, che riconoscano sin dalla nascita del bambino lo status di padre o di madre al “genitore d’intenzione”; e ciò proprio allo scopo di non fornire incentivi, anche solo indiretti, a una pratica procreativa che ciascuno Stato ben può considerare potenzialmente lesiva dei diritti e della stessa dignità delle donne che accettino di portare a termine la gravidanza per conto di terzi».

Ebbene, in questa “logica compromissoria” il professore Zagrebelsky riconosce ora «un corto circuito logico assai grave». E ciò non solo perché essa finisce per accreditare l’idea che il male sia tale perché è vietato (e non che una determinata condotta sia vietata perché è male), ma soprattutto perché «fa subire il male degli adulti a esseri innocenti», «fa pagare a loro “le colpe dei padri”».

Scrive il professor Zagrebelsky: «I bimbi comunque concepiti e messi al mondo non hanno chiesto nulla, sono totalmente innocenti. Il male sommo è quello inferto agli innocenti». E quindi si chiede: «[I nati da madre surrogata] non hanno il diritto alla protezione più ampia possibile, compresa l’accoglienza a pieno titolo presso coloro che li hanno comunque voluti?». La domanda è retorica.

La soluzione che si vuole accreditare è evidentemente quella del riconoscimento automatico anche della genitorialità puramente intenzionale del committente privo di legame biologico col nato da madre surrogata attraverso la trascrizione integrale dell’atto di nascita o del provvedimento giurisdizionale estero.

Naturalmente l’idea per cui non è consentito far «subire il male degli adulti a esseri innocenti» non può non essere condivisa. È fuori discussione, del resto, la radicale incompatibilità con la Grundnorm personalista posta a fondamento dell’edificio costituzionale di qualsiasi forma di strumentalizzazione della persona.

 

  1. La sentenza n. 38162/2022 delle Sezioni Unite

 

Nella sentenza delle Sezioni Unite – la cit. sent. n. 38162 del 30 dicembre 2022 – non viene certo accolta l’idea che i bambini debbano scontare la colpa degli adulti. E ciò neppure attraverso un “affievolimento” dei loro diritti fondamentali. Ogni “logica compromissoria” è chiaramente messa al bando dalla Suprema Corte.

Nella motivazione della decisione in questione si legge infatti che «il nato non è mai un disvalore e la sua dignità non può essere strumentalizzata allo scopo di conseguire esigenze general-preventive che lo trascendono. Il nato – proseguono i giudici delle Sezioni Unite – non ha colpa della violazione del divieto di surrogazione di maternità ed è bisognoso di tutela come e più di ogni altro. Non c’è spazio per piegare la tutela del bambino alla finalità dissuasiva di una pratica penalmente sanzionata. Il disvalore della pratica di procreazione seguita all’estero non può ripercuotersi sul destino del nato. Occorre separare la fattispecie illecita (il ricorso alla maternità surrogata) dagli effetti che possono derivarne sul rapporto di filiazione e in particolare su chi ne sia stato in qualche modo vittima».

Parole chiarissime, che coincidono pienamente con la prospettiva indicata dal professor Zagrebelsky. Anche le Sezioni Unite escludono insomma l’ipotesi di un “affievolimento” dell’interesse del minore finalizzata a contemperarne la realizzazione con la legittima finalità di reprimere la pratica della surrogazione di maternità. E riconoscono pertanto che anche l’interesse del minore «concorre a formare l’ordine pubblico internazionale» e che il primo principio non può certo funzionare come un controlimite rispetto al limite rappresentato dal secondo.

Le Sezioni Unite confermano nondimeno la soluzione già accolta nel 2019. Non c’è in ciò nessuna contraddizione. Secondo le Sezioni Unite, infatti, l’accertamento estero di una genitorialità puramente intenzionale non è trascrivibile non più solo perché «il riconoscimento ab initio… dello status filiationis del nato da surrogazione di maternità anche nei confronti del committente privo di legame biologico con il bambino, finirebbe in realtà per legittimare in maniera indiretta e surrettizia una pratica degradante», ma anche – e soprattutto – perché «l’automatismo del riconoscimento del rapporto di filiazione con il genitore di intenzione sulla base del contratto di maternità surrogata e degli atti di autorità straniere che riconoscono la filiazione risultante dal contratto, non è funzionale alla realizzazione del miglior interesse del minore, attuando semmai quello degli adulti che aspirano ad avere un figlio a tutti i costi».

Si tratta di un approfondimento argomentativo decisivo. Ciò che le Sezioni Unite riconoscono ora con chiarezza è che, in caso di nascita da una madre surrogata, l’interesse del bambino non si realizza affatto attraverso il suo inserimento automatico in quello indicato da Zagrebelsky come il «nucleo famigliare che ha voluto promuovere la sua nascita». Questa soluzione – affermano ora con chiarezza le Sezioni Unite – «non realizza la pienezza di tutela del minore».

L’automatico riconoscimento della genitorialità intenzionale già accertata all’estero asseconderebbe piuttosto un “progetto genitoriale” che si realizza attraverso una pratica “degradante”: una pratica che – anche questo è un dato decisivo, che risulta ora con chiarezza dalla lettura della sentenza di dicembre del 2022 – non strumentalizza solo la donna, ma anche il nato. E che finisce perciò per compromettere anche il rapporto dei committenti con quest’ultimo.

La formalizzazione del rapporto in atto con il committente privo di legame biologico può allora realizzarsi solo in quella che le Sezioni Unite indicano come una “logica rimediale”: a seguito di un accertamento giudiziale concreto della sua conformità al superiore interesse del minore.

Nella decisione della Suprema Corte si legge infatti che «l’instaurazione della genitorialità e il giudizio sulla realizzazione del miglior interesse del minore non si coniugano con l’automatismo e con la presunzione, ma richiedono una valutazione di concretezza: quella valutazione di concretezza che postula il riscontro del preminente interesse del bambino a continuare, con la veste giuridica dello status, un rapporto di cura e di affettività che, già nei fatti, si atteggia a rapporto genitoriale», laddove «una diversa soluzione porterebbe a fondare l’acquisto delle genitorialità sulla sola scelta degli adulti, anziché su una relazione affettiva già di fatto instaurata e consolidata».

La Suprema Corte, del resto, non manca di evidenziare come sarebbe proprio questa la “strada” già indicata dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 33 del 2021, «non… quella della delibazione o della trascrizione dei provvedimenti stranieri, secondo un più o meno accentuato automatismo funzionale ad assecondare il mero desiderio di genitorialità degli adulti che ricorrono all’estero ad una pratica vietata nel nostro ordinamento».

Le Sezioni Unite rammentano infatti che, con la cit. sent. n. 33 del 2021, «la Corte costituzionale… non ha avallato la tesi di un accertamento ab initio di una genitorialità puramente intenzionale in tutti o in taluni casi di nascita da una madre surrogata». D’altra parte, «se avesse considerato praticabile questa soluzione al fine di garantire l’interesse alla stabilità affettiva del nato da maternità surrogata, la Corte costituzionale si sarebbe espressa diversamente, accogliendo le questioni di legittimità prospettate o pronunciando una sentenza di rigetto interpretativa».

Per le Sezioni Unite, insomma, la “logica compromissoria” che il professor Zagrebelsky ritiene di poter rimproverare alle decisioni della Corte costituzionale in tema di condizione giuridica dei nati da madre surrogata – una logica che lascia comunque l’amara impressione di una qualche forma di strumentalizzazione – era stata già superata nei fatti nell’ultima decisione della stessa Corte costituzionale, che pure l’aveva ancora riproposta a parole. Il fatto che la Corte costituzionale non abbia accolto la soluzione prospettata dal giudice rimettente attesta infatti in maniera inequivocabile come anche per essa l’accertamento automatico di una genitorialità puramente intenzionale già accertata all’estero non sia una soluzione davvero capace di attuare il superiore interesse del minore.

 

* Contributo sottoposto a valutazione.

 

[1] Cfr. Il riferimento è in particolare alle considerazioni svolte dal professor Zagrebelsky sul quotidiano La Repubblica del 25 maggio 2023, in merito al dibattito in corso nell’opinione pubblica sulla valutazione della pratica della maternità surrogata da parte dell’ordinamento e sulla condizione giuridica dei nati a seguito della violazione del divieto previsto dalla legge italiana.

[2] Cfr. A.R. Vitale, La maternità surrogata è vietata perché è sempre un male, non è un male perché è vietata, 26 maggio 2023, in https://www.centrostudilivatino.it/la-maternita-surrogata-e-vietata-perche-e-sempre-un-male-non-e-un-male-perche-e-vietata/.