Ilaria Amelia Caggiano
Associato di Diritto privato
Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli
Sommario: 1. Il quadro giuridico di riferimento nel diritto della filiazione tra diritti fondamentali e clausole generali – 2. L’avvento delle biotecnologie e l’impatto sui fenomeni procreativi – 3. Le principali problematiche giuridiche – 4. Alcuni spunti ricostruttivi.
- Il quadro giuridico di riferimento nel diritto della filiazione tra diritti fondamentali e clausole generali
Uno dei principali moventi del diritto di famiglia è la tutela dei soggetti deboli all’interno del nucleo familiare. A tale protezione è ispirata la disciplina normativa attuale (nei rapporti di coniugio e delle unioni) e ad essa dovrebbe essere volto ogni intervento o nuovo prodotto della creazione giuridica, o della sua applicazione, in materia di relazioni familiari e specificamente di filiazione.
Tale istanza s’inscrive nella più generale solidarietà verso le soggettività deboli, che è, infatti, dovere inderogabile di rango costituzionale, previsto in via generale nel nostro ordinamento (artt. 2 e 3 Cost.). Infatti, il dovere di solidarietà trova ampia realizzazione in disparati settori del diritto privato: dall’ambito contrattuale, ove, per effetto della previsione da parte delle fonti sovranazionali, l’interesse primario, invero, è rappresentato dalla tutela del mercato e la concorrenza – si pensi solo alla disciplina protezionistica nei confronti del consumatore – ma in cui trovano attuazione altresì i princìpi costituzionali; alle relazioni familiari, a fini di protezione e valorizzazione della persona[1], com’è in via esemplare con riguardo al primario interesse del figlio, e anzitutto del minore.
Il figlio, bisognoso di cure per la sua crescita e formazione, rappresenta il primo soggetto debole nei rapporti di famiglia, e in quanto tale reso titolare di diritti indisponibili, tra cui emerge – giova sempre ricordarlo – il fondamentale diritto all’amore dei genitori, ovvero a quella carica affettiva di cui l’essere umano non può fare a meno nel tempo della sua formazione. Esso è previsto espressamente dal diritto positivo come diritto all’assistenza morale dall’art. 315 bis, co. 1, c.c., e come requisito dell’idoneità affettiva degli aspiranti adottanti ex art. 6, co. 2, l. adoz.[2]. Il diritto all’amore, come gli altri diritti che oggi formano l’unitario statuto dei diritti del figlio, spetta non solo a tutti i figli, indipendentemente dallo status familiare dei genitori, ma al figlio, sempre, secondo le proprie necessità e in relazione al raggiunto grado di crescita e maturità.
Le attività volte alla crescita, educazione e formazione del figlio competono ad entrambi i genitori (secondo il principio della bigenitorialità), così realizzandosi il diritto del primo a crescere nella propria famiglia (nucleare), tutti questi elementi convergendo verso la costruzione dell’identità del soggetto[3].
In una considerazione integrata dei diritti del figlio e secondo una graduazione funzionale ai suoi bisogni – come noto – l’ordinamento prende in carico, in special modo, la cura del minore d’età (art. 24 Carta dei diritti fondamentali dell’UE, nonché la normativa interna come nel caso delle diversificate istanze di ascolto del minore) per assicurarne il benessere, prescrivendo la tutela del suo interesse superiore come preminente in tutti gli atti (legislativi, amministrativi, giudiziari, privati) che lo riguardano (art. 24 già citato e già art. 3 Conv. New York sui diritti del fanciullo)[4].
Il quadro sommariamente descritto finora (tutela dei figli e, principalmente, dei figli minori attraverso il riconoscimento di diritti fondamentali e di clausole generali) rappresenta la trama essenziale della cornice di diritto positivo in tema di filiazione, la quale in tal modo restituisce «la fondazione di un ordine oggettivo di valori sostanziali»[5] sotto forma di diritti fondamentali della persona – quanto meno sul piano della grammatica dei diritti. La giuridificazione di tali valori impone all’interprete e al legislatore la definizione del significato giuridico di quei diritti e valori, in special modo nei casi più controversi che – come si vedrà – sono portati dall’operatività delle biotecnologie nei fenomeni procreativi.
Un esempio di quanto si va dicendo può aversi se si guarda al dibattito sul best interest poc’anzi citato.
Si è discusso e si continua a discutere sull’utilizzo – da parte delle corti sovranazionali e della giurisdizione interna – dello standard del “prevalente interesse del minore”, potenziale strumento di arbitrio per il giudicante e veicolo per l’intrusione del suo personale convincimento nella decisione[6]. Si è addirittura giunti a definirlo “valore-tiranno”. Tuttavia, è nostra personale persuasione che tanto nella veste di ratio della normativa esistente, quanto quale clausola generale in senso stretto, esso apporti la flessibilità necessaria per la valutazione del singolo caso, in un settore che, come tutti quelli riguardanti gli aspetti personalistici del diritto di famiglia, è tra i più esposti ai mutamenti sociali e culturali.
La sfida è, semmai, sia con riguardo al valore semantico del best interest, sia con riguardo a quello degli altri diritti fondamentali del minore, in veste di una loro tutela, quella di recuperare una chiave di lettura del dato normativo che sappia:
- Individuare i criteri giuridici fondanti l’interesse del minore e i suoi diritti fondamentali[7];
- Orientare, sulla base dei parametri tra quelli sopra individuati, un non delegato convincimento del giudicante nel caso concreto, quando l’interesse del minore opera come standard/clausola generale. Può dubitare della prassi consolidata di far prevalere, in nome dell’interesse del minore, sempre più frequentemente situazioni di fatto sull’applicazione del principio di legalità, rendendo in tal modo l’interesse del minore una clausola in ragione della quale il giudice possa (o debba) disapplicare le regole giuridiche[8].
- L’avvento delle biotecnologie e l’impatto sui fenomeni procreativi
Come anticipato, il terreno maggiormente problematico per la risposta giuridica ai problemi della filiazione nel contesto attuale è rappresentato dal moltiplicarsi delle possibilità procreative per effetto dell’utilizzo delle biotecnologie.
Le tecnologie riproduttive offrono nuovi percorsi di genitorialità, che è progressivamente separata dalla biologia. La tecnica, che aveva in passato conferito certezza al rapporto biologico e, conseguentemente, all’accertamento degli status filiationis (si pensi all’esame per la compatibilità genetica), diventa ora, attraverso la scomposizione e ricomposizione in laboratorio del materiale genetico, e la dissociazione di questo dalla coppia che aspira al rapporto di filiazione, occasione di incertezza e contrapposizione tra gli interessi dei soggetti coinvolti, soprattutto nel caso di ipotesi non espressamente disciplinate. Lo sviluppo tecnologico ha quindi determinato la fine dell’automatismo tra procreazione biologica / naturale e insorgenza della relazione giuridica di filiazione.
Le manifestazioni di questa genitorialità scomposta (divisa o moltiplicata) sono numerose e crescenti.
Si pensi, guardando alle ipotesi consentite dalla normativa italiana:
-la donazione di gameti che si ha nella procreazione assistita eterologa, in cui il genitore/i genitori genetici si differenziano dalla coppia committente (come consentito dalla Corte Cost. con sent. 162/2014) ovvero da chi avrà lo status giuridico di genitore, creandosi così una distinzione e moltiplicazione tra genitori genetici e legali.
-la possibilità di egg sharing o sperm sharing con conseguente possibilità di condivisione di patrimonio genetico da parte di figli di famiglie diverse (Linee Guida 2015 Min. Sal.).
-In generale, va poi ricordato, per il sol fatto della praticabilità della procreazione medicalmente assistita, la possibilità dell’errore, ovvero della combinazione di gameti appartenenti a membri di coppie committenti diverse o dell’impianto di embrioni nell’utero sbagliato, come avvenuto nel “recente” caso dell’ospedale Pertini[9].
Ma si vedano anche le possibilità procreative praticate in altri ordinamenti, che producono effetti giuridici anche nell’ordinamento italiano, in virtù del cosiddetto turismo procreativo e della conseguenza richiesta di riconoscimento di relazioni giuridiche familiari formatesi e lecite in altri ordinamenti. Ci riferiamo a:
-la moltiplicazione, dal punto di vista biologico, delle figure materne: madre partoriente e madre genetica, come nel caso di utero in affitto;
-la moltiplicazione degli stessi genitori genetici, oltre che sociali o legali, grazie alla donazione di mitocondrio, consentita per ora in paesi come il Messico e il Regno Unito;
-famiglie formate da 2 madri o due padri, costituite dalle coppie omosessuali che siano ricorse alla fecondazione eterologa all’estero.
Nei succitati casi di c.d. genitorialità scomposta (o moltiplicata), non tutti i contributors genetici aspirano allo status giuridico di genitori, ma la loro individualità rileva rispetto alla formazione dell’identità personale del minore, anche sotto forma di diritto all’identità genetica del figlio o di suo diritto all’informazione circa le proprie origini.
Non può essere poi dimenticata, infine, la questione degli embrioni sovrannumerari crioconservati, in numero sempre crescente, veri e propri minori in stato di abbandono, secondo alcune tesi dottrinarie, e quindi adottabili[10]. Tali tesi non appaiono avallate – tuttavia– dall’attuale dibattito legislativo sulla riforma dell’adozione. Per questi embrioni, la genitorialità è assente, coattivamente.
Le evenienze appena descritte hanno, nella quasi totalità, trovato ingresso nel tessuto sociale italiano e sono state portate all’attenzione della giurisprudenza, come si è detto, per effetto del turismo procreativo, che rende possibile il ricorso anche a soggetti non facultati secondo l’ordinamento italiano (coppie same-sex e single) alle tecniche della procreazione medicalmente assistita.
Le questioni giuridiche che sono emerse riguardano, anzitutto, la formazione e l’accertamento degli stati familiari, sotto forma di trascrivibilità di atti di nascita formati all’estero, in ipotesi di p.m.a. vietate nell’ordinamento italiano, ovvero la possibilità per il genitore non biologico (né committente la p.m.a. ai sensi della normativa interna) di adottare il figlio biologico del convivente, o unito civilmente (cd. stepchild adoption). È opportuno rilevare come, anche sotto tale ultimo profilo, la disciplina dell’adozione risulti servente alle biotecnologie della riproduzione, già vincenti sul piano quantitativo per il prevalere del desiderio del figlio “ad ogni costo” sul senso di solidarietà umana che dovrebbe spingere l’aspirante genitore ad adottare[11].
- Le principali problematiche giuridiche
La giurisprudenza che si è trovata a decidere sui casi sopraindicati, pur nel tentativo di salvaguardare la continuità affettiva del minore (il suo best interest), ha operato una serie di forzature del sistema.
Così è avvenuto, nel noto caso del figlio nato da due madri (una partoriente l’altra genetica), in cui si chiedeva la trascrizione del certificato di nascita formato all’estero che accertava come genitrici le due donne coniugate, ossia la partoriente e la donatrice di ovulo. I giudici in proposito hanno affermato che, esistendo un vero e proprio diritto soggettivo ad avere figli[12], anche laddove questo si esplichi in forme vietate come la surrogazione di maternità, tale pratica risulta conforme all’ordine pubblico internazionale e pertanto idonea in qualche modo a produrre effetti nell’ordinamento interno[13]. La pronuncia ha subito ricevuto eco in altra giurisprudenza di merito[14]. Ma si tratta di posizioni che si prestano a critiche.
Il nostro ordinamento conosce solo il diritto del figlio di crescere nella propria famiglia, mantenendo un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei suoi genitori e le essenziali relazioni affettive che instaura e – prima ancora – il suo diritto ad avere una famiglia e, dunque, ad essere adottato, ove si trovi in stato d’abbandono. Non esiste, invece, un diritto dell’individuo ad avere figli, che – anche nella sua teorica postulazione – svilisce la posizione e la dignità del figlio, riducendo la sua persona ad oggetto di un diritto altrui[15].
Ciò significa che, anche nell’adozione, l’interesse giuridicamente rilevante ad adottare, certamente configurabile, “può essere soddisfatto solo se e in quanto sia adeguatamente realizzato il diritto del minore ad essere adottato”. In questo contesto, ci si può anche chiedere quale sia il modello di famiglia in cui il figlio ha diritto di crescere e che possa essere replicato nello schema adottivo.
Ritornando al problema della trascrizione di atti di nascita registrati all’estero, non convince il ricorso alla nozione cd. ordine pubblico internazionale, fatto proprio dalla dottrina e dalla giurisprudenza interna e sovranazionale. Come detto, la maternità surrogata non è stata ritenuta contrastante con tale limite, affermandosi il diritto del minore a conservare lo status di figlio anche in fattispecie in cui due padri che avevano fatto ricorso alla surrogazione di maternità all’estero[16].
Al di là del contenuto dell’ordine pubblico internazionale (se da intendersi in senso più ampio o più restrittivo), di modo da valutare se determinate pratiche procreative come la maternità surrogata siano o meno contrarie allo stesso, ciò su va primariamente richiamata l’attenzione è, anzitutto, il passaggio interpretativo, a nostro parere non convincente, che porta a qualificare l’ordine pubblico (come previsto dagli artt. 16, 64 e 65 della lg. 218/95 e dall’art. 18 del d.p.r. 396/2000) non già come interno ma internazionale. La funzione di filtro per l’ingresso di atti o provvedimenti nell’ordinamento nazionale, nelle fattispecie internazional-privatistiche, non può essere rappresentato da un criterio estraneo allo stesso ordinamento interno, se non al prezzo (o forse con l’intento) – come sta accadendo – di far perdere il ruolo politico delle scelte legislative, determinando una “concorrenza verso il basso” ovvero quello che è stato definito come “conformismo giuridico”.
Infine, non può non ricordarsi come, sempre con riguardo alla genitorialità delle coppie same-sex, che ricorrono alla maternità surrogata o ad altre tecniche procreative con utilizzo di materiale genetico di terzi, il tentativo di creare uno spazio familiare anche in senso giuridico rispetto al figlio di uno dei due membri della coppia, abbia trovato ormai da anni avallo nella giurisprudenza di merito e più di recente in quella di legittimità17, nonché in improbabili quanto incomprensibili tentativi di legittimazione da parte del legislatore (co. 20 l. 76/2016), attraverso l’accesso all’adozione c.d. mite (art. 44 lett. d) l. adoz.).
Non può non rilevarsi, anche in tale occasione, come l’applicazione giurisprudenziale superi il dato normativo esistente, travisando il rapporto tra fattispecie e precetto giuridico e l’interpretazione sistematica delle norme. Per legittimare l’accesso all’adozione da parte di chi non sia genitore genetico dello stesso ma vi conviva stabilmente, come noto, si ricorre alla fictio di ritenere che l’impossibilità di fatto di ricorrere all’affido preadottivo possa essere anche l’impossibilità secondo diritto (che però qui è illiceità) con il risultato che l’illecito diviene elemento costitutivo la fattispecie integrante i requisiti di una delle ipotesi di adozione in casi particolari. Inoltre, ciò condurrebbe, a postulare una contraddizione interna alla norma, in cui il contenuto di una disposizione (art. 44 lett. d)), che verrebbe a riguardare anche l’adozione da parte del convivente del genitore, smentisce quello di altra disposizione (art. 44 lett. b) che invece la restringe al solo coniuge del genitore.
- Alcuni spunti ricostruttivi
Gli esempi appena descritti ci consegnano il difficile tentativo intrapreso dalla giurisprudenza di dare voce agli interessi emergenti nelle nuove realtà familiari, consentite dallo sviluppo tecnologico, rispetto al quale la legislazione interna non riesce – anche ove volesse – a porsi assumendo il ruolo di limite, per effetto della concorrenza tra ordinamenti e cliniche della riproduzione o dell’industria farmaceutica.
È condivisa l’affermazione relativa ai pregevoli intenti di una giurisprudenza che, nel rispondere a situazioni di fatto già verificatesi, forza il dato normativo, per tutelare l’interesse dei minori coinvolti.
Non può essere nostro compito valutare gli intenti, spesso autenticamente volti alla definizione di situazioni complesse, ma neppure appare possibile valutare le soluzioni giuridiche in ragione dei motivi ovvero giustificarle comunque in virtù della finalità di evitare che le colpe dei genitori ricadano sui figli.
Come si anticipava, una via concreta può essere rappresentata da una rivalutazione dell’interesse del minore, che non può giungere a far superare la lettera della legge, ovvero il principio di legalità, né essere limitato alla valutazione della continuità affettiva come stabilizzazione di situazioni di fatto, ma va integrato tenendo conto degli elementi idonei a incidere sulla formazione e crescita del figlio, e della sua identità. Tali interessi giuridici sottesi sia dalla disciplina sugli accertamenti degli status sia dalla disciplina dell’adozione, a garanzia della formazione di una sana personalità del figlio, vanno tuttavia attentamente soppesati, per cui possono essere viste criticamente quelle decisioni che hanno risposto ritenendo contrario all’interesse del minore spezzare una convivenza di pochi mesi, pur in assenza di un titolo legale di genitorialità e di qualsiasi legame biologico con il minore (magari di 6 mesi come bel caso Paradiso Campanelli v Italia), soprattutto quando questa convivenza si sia realizzata nei primissimi mesi di vita.
Una possibile valutazione del caso concreto dovrebbe tenere in considerazione i termini temporali che il legislatore stesso prende in considerazione per le azioni di contestazione degli status ovvero, per dare contenuto all’interesse del minore, anche l’apporto delle scienze sociali, avviando un’analisi non preconcetta e non sommaria sugli elementi costitutivi il benessere del figlio (come ad esempio la rilevanza dell’identità genetica nella costruzione dell’identità personale).
A tal fine, una maggiore integrazione tra scienze sociali (e i suoi studi comportamentali) e diritto a fine di definire potrebbe produrre ad un confronto, che allo stato mi pare non esistente, su studi, quanto meno argomentati, e non posizioni personali.
De iure condendo, il discorso che si è provato a condurre acquista significato oggi, momento in cui si discute la valutazione dei requisiti soggettivi degli adottanti, ai fini della modifica della legge 184. Anche in questo caso, riteniamo che un serio confronto dovrebbe passare per valutazioni e indagini conoscitive – condotte sulla base della letteratura scientifica – della valutazione dello sviluppo della personalità del minore (e quindi dello sviluppo della sua identità) ad integrare quel diritto all’amore (e ad avere una famiglia), che basata sulla mera valutazione dell’idoneità affettiva, porta con sé l’estensione incondizionata all’adottabilità da parte di coppie o single (quando non vi siano altre opzioni).
Allorquando ci si allontana dal consolidato criterio dell’imitatio naturae appare ragionevole adottare un principio di precauzione (art. 191 TFUE) in favore del figlio, e della sua salute, al fine di verificare l’assenza di danni nella formazione, ovvero un riscontro positivo, non rispetto a realtà patologiche delle famiglie attuali ma ad un modello di sano sviluppo.
Un compito concreto e possibile diventa quella di migliorare l’accesso alle adozioni, come attualmente disciplinate, e incentivarne il ricorso ove la riduzione delle situazioni di povertà non sia idonea ad evitare gli abbandoni (in ottemperanza all’art. 1, co. 2, l. 184/1983).
Quanto alla procreazione medicalmente assistita, è ancora l’interesse del minore alla sua crescita conforme e coerente con il suo patrimonio genetico a dover essere tenuto in considerazione per evitare che i diritti del figlio vengano retrocessi ancora rispetto all’interesse alla genitorialità.
Abstract
Ilaria Amelia Caggiano, Genitorialità scomposta e identità del minore. Spunti per un’analisi tecnico-giuridica
Le tecnologie riproduttive offrono nuove forme di genitorialità. La tecnica diventa, attraverso la scomposizione e ricomposizione in laboratorio del materiale genetico, e la dissociazione di questo dalla coppia che aspira al rapporto di filiazione, occasione di incertezza e contrapposizione tra gli interessi dei soggetti coinvolti.
La giurisprudenza tenta di dare voce agli interessi emergenti degli aspiranti genitori nelle nuove realtà familiari attraverso dubbie interpretazioni della normativa sulle adozioni in casi particolari e l’utilizzo della nozione di ordine pubblico internazionale ai fini della trascrizione di atti di nascita formati all’estero in relazione a fattispecie proibite nell’ordinamento domestico.
Un possibile percorso ermeneutico per superare questi consolidati orientamenti giurisprudenziali può partire da una rivalutazione della clausola generale dell’interesse del minore, che non può essere limitato alla valutazione della continuità affettiva come stabilizzazione di situazioni di fatto, ma va integrato con gli elementi idonei a incidere sulla formazione e crescita del figlio, in altri termini sulla sua identità genetica.
Parole chiave: filiazione, procreazione, biotecnologie, identità genetica, interesse del minore
Ilaria Amelia Caggiano, Dismantled parenthood and the identity of the child. Ideas for a technical-legal analysis
Reproductive technologies offer new forms of parenting. Technique becomes, through the dismantling and recomposition of genetic material in laboratories, and the its dissociation from the couple who aspires to parenthood, a way for uncertainty and dispute between the interests of those involved.
The judiciary tries to give voice to the aspiring parents’ emerging interests in the new families through dubious interpretations of the law on adoptions in particular cases and the use of the notion of international public order for the purposes of transcription of birth certificates formed abroad in relation to prohibited cases in the domestic legal order.
A possible path to overcome these cases solutions stems from a re-evaluation of the general clause of the best interest of the child, which can not be limited to the assessment of affective continuity as a stabilization of situations, but must be integrated with the elements suitable to affect on the formation and growth of the child, in other words on his genetic identity
Keywords: filiation, procreation, biotechnology, genetic identity, best interest of the child
* Contributo sottoposto a valutazione.
[1] P. RESCIGNO, Persona e comunità: saggi di diritto privato, Bologna, 1966.
[2] C. M. BIANCA, Diritto civile, 2.1., La famiglia, 6a ed., Milano, 2017, p. 367.
[3] L’identità personale, quale diritto fondamentale, viene tutelato avverso le violazioni da parte di terzi della proiezione della persona nella società, ovvero per non vedere alterata la verità della propria vita e delle proprie idee (identità morale). Il profilo che qui si intende sottolineare è la tutela anticipata dell’identità personale nella fase e a garanzia della sua formazione, in base ai criteri giuridici positivizzati (che sono costituiti da altri diritti espressamente previsti, come il diritto alla bigenitorialità (art. 24 carta Nizza e 337 bis c.c. ), o diritti desumibili dal sistema, come quello alla corrispondenza tra identità genetica e identità familiare quanto meno nelle ipotesi generali o residuali, cioè non specificamente normate), ovvero – ad integrazione del contenuto dei primi, secondo criteri scientifici consolidati.
[4] L. LENTI, Note critiche in tema di interesse del minore, in Riv. dir. civ., 2016, p. 86 ss.; ID., L’interesse del minore nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo: espansione e trasformismo, in NGCC, 2016, p. 148 ss.
[5] L. MENGONI, Diritto e tecnica, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2001, 9.
[6] È nota l’affermazione del Carbonnier, il quale riteneva che il principio dell’interesse del minore fosse una “nozione magica”, in grado di alleggerire il compito del legislatore e autorizzare anche abusi giudiziari. Sul punto, I. FERLIANI, “Miglior interesse del bambino” e maternità surrogata: il rischio di un valore-tiranno, in Comparazione e diritto civile, , p. 1 ss.
[7] Tali criteri sono stati individuati, in via descrittiva, nelle idee dominanti in una determinata comunità scientifica, nei valori morali di chi le prende, ovvero in criteri (la psicologia) aventi una pretesa oggettività scientifica (e provenienti in concreto, nell’attività del giudicante, dalle relazioni dei servizi sociali, CTU, o dall’apporto dei giudici onorari), e che essi devono esser ulteriormente passati al vaglio del breve e del lungo periodo. Così, L. LENTI, Note critiche in tema di interesse del minore, cit., p. 106 ss. Si tratta di parametri che vanno individuati e classificati. Nel testo si ribadisce, inoltre, che tali parametri vadano, anzitutto, riempiti dei valori ricavabili da principi e regole giuridiche, in ragione della genericità del termine interesse e non in contrasto con la natura di clausola generale. Ciò, in via esemplificativa, significa che – banalmente – l’interesse del minore, in varie questioni che possono riguardarlo, vada rintracciato sulla base dei diritti che l’ordinamento gli riconosce, come ad esempio il suo interesse alla bigenitorialità (come enucleabile dal sistema e con gli adattamenti consentiti); che, ancora ad esempio, lo stesso principio giuridico – allo stato – dovrebbe essere tenuto in considerazione anche nella formulazione degli atti legislativi in materia di adozione; che un suo superamento o un suo ulteriore adattamento possa essere consentito solo sulla base di studi e analisi empiriche accurate; che – adottando la prospettiva del lungo periodo – la costituzione dello stato di figlio debba tenere in considerazione non solo il diritto all’amore del figlio ma la formazione della sua identità personale, che non costituisce diritto fondamentale recessivo rispetto al primo, secondo un accurato bilanciamento.
[8] Nel senso della legittimità della disapplicazione del diritto che sia in contrasto con l’interesse del minore L. LENTI, Note critiche in tema di interesse del minore, cit., p. 87.
[9] Ci sia consentito rinviare, anche al fine di ulteriore bibliografia sul punto, al nostro Lo scambio di embrioni e le modalità di formazione dello status di figlio: il caso emblematico dell’ospedale Pertini, in Europa dir. priv., 2017, p. 299 ss.
[10]A. Nicolussi, Legittimità e significato giuridico dell’adozione di embrioni, in www.scienzaevita.org; L. Gatt, Il problema dei minori senza identità genetica nei (vecchi e) nuovi modelli di famiglia: il conflitto tra ordine giuridico interno e c.d. ordine pubblico internazionale, in Familia, 2017, p. 273 ss., spec. p. 274.
[11] M. R. Marella, L’adozione dei minori oltre il canone dell’imitatio naturae: l’impatto dei nuovi modelli di genitorialità sulla disciplina vigente ovvero voce Adozione in Dig. IV, Appendice di Aggiornamento.
[12] Si tratta di una posizione che viene fatta derivare dalla Corte cost. 10 giugno 2014, n. 162, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del divieto di fecondazione eterologa. Tale pronuncia ha – tra l’altro – affermato che la scelta della coppia “di diventare genitori e di formare una famiglia che abbia anche dei figli costituisce espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi, libertà che…è riconducibile agli artt. 2, 3 e 31 Cost., poiché concerne la sfera privata e familiare”. In realtà la pronuncia di incostituzionalità, già criticabile, ruota intorno alla tutela della salute psico-fisica della coppia infertile che chiede di accedere alla P.M.A., la quale costituisce, notoriamente, una tecnica medica.
[13] Cass. 30 settembre 2016, n. 19559 (rel. Lamorgese), in NGCC, 2017, I, p. 372 ss.
[14] App. Trento, ord. 23.3.17, Trib. Min. Firenze, decr. 8.3.17 in NGCC, 2017, p. 994 ss. con nota di V. Calderai, Modi di costituzione del rapporto di filiazione e ordine pubblico internazionale, p. 986 ss.
[15] A. MORACE PINELLI, sub co. 20, Il problema della filiazione nell’unione civile, in Le Unioni civili e le convivenze. Commento alla legge n. 76/2016 e ai d. lgs. n. 5/2017; d. lgs. n. 6/2017; d. lgs. n. 7/2017 a cura di C. M. Bianca, Torino, p. 303 ss.
[16] La già citata App. Trento 23 febbraio 2017, cit.