Daniele Onori
giurista

 

Il mercato transnazionale dell’utero in affitto*   

 

 

Sommario: 1. Una premessa antropologica – 2. Utero in affitto: un mercato globale non stop – 3. Stati Uniti pionieri della maternità surrogata – 4. I clienti della GPA: domanda ed offerta – 5. Il caso India – 6. Anche la Thailandia dice no – 7. I nuovi mercati emergenti – 8. Si amplia il mercato nell’Est europeo – 9. La “GPA altruistica” in Grecia, Australia, Canada e Regno Unito – 10. In Olanda anche le spese sono rimborsate – 11. In Israele nessuna restrizione – 12. La situazione in Danimarca – 13. Leggi restrittive in Svezia, Germania, Polonia, Spagna − 14. La GPA in Francia – 15. Cosa succede in Cina? − 16. La situazione nel mondo latino americano – 17. In Francia un nuovo tipo di colonialismo −18. La maternità surrogata: una forma di sfruttamento dei Paesi in via di sviluppo.

 

  1. Una premessa antropologica

 

Espressioni d’uso comune come “avere un figlio” o “fare un bambino” attualmente si connotano di nuove sfumature: avere allude sempre più esplicitamente al concetto di possesso e fare si distanzia sempre più insanabilmente dal mistero della procreazione soggetta ai capricci e ai ritmi della natura all’interno dei corpi, per assumere i tratti ben più “immaginabili” della trasformazione della materia osservabile all’esterno nei processi di produzione degli oggetti.

Le tecnologie biomediche, che a partire dal 1978 hanno permesso di concepire bambini in vitro, sono volano e risultato di questo processo (al contempo semantico e sostanziale) di cosificazione dell’umano[1].

Dal momento in cui attorno alla procreazione artificiale si è creato un vero e proprio mercato − di gameti, servizi e donne − che determina il prezzo da pagare per avere o fare un figlio, alla cosificazione dell’umano si aggiunge la sua mercificazione monetaria: la produzione di vita in questo spazio tecnico-commerciale genera profitto e viene governata dalle modalità e dai fini del capitalismo.

 

  1. Utero in affitto: un mercato globale non stop

 

Oggi il servizio di punta di questo mercato è la surrogazione gestazionale, meglio conosciuta nel dibattito pubblico come Gestazione per Altri (GPA) o “utero in affitto”.

Essa comporta l’impianto di embrioni, di solito più di uno, nel corpo di una donna che porta avanti la gravidanza in favore di terzi, secondo accordi prestabiliti; al momento del parto – talvolta cesareo per esigenze di pianificazione della data[2] − il bambino viene consegnato ai genitori di intenzione (coloro che lo hanno commissionato), di cui uno potrebbe essere anche genitore biologico del bambino.

Sebbene esistano dei casi (rari) in cui la surrogazione gestazionale e prima ancora quella tradizionale vengono organizzate in modo solidaristico e/o informale tra sorelle, parenti e amici[3], la diffusione globale di questa pratica procreativa avviene nello spazio del mercato, e da questo è inestricabile: anche quando la donna non riceve un compenso, ma un solo rimborso per le spese sostenute durante la gravidanza, il servizio ricevuto dai genitori di intenzione resta comunque commerciale; altresì è sempre di natura commerciale l’attività svolta dalle agenzie che reclutano le donne e incrociano la domanda (di figli) e l’offerta (di gameti e gravidanze), nonché l’attività dei professionisti coinvolti (avvocati, medici, counselors e brokers)[4].

Il mercato della GPA ha una struttura transnazionale tale da farlo resistere anche di fronte ai singoli divieti nazionali: le società che offrono servizi di maternità surrogata hanno rapporti economici in diversi Paesi con figure “strategiche” di riferimento, come i medici, che pubblicizzano i servizi ai pazienti interessati e favoriscono l’incontro fra “domanda” e “offerta”.

I genitori di “intenzione” si rivolgono all’estero quando nel loro Paese la surrogazione è vietata o quando è consentita solo in alcune circostanze, nelle quali essi non rientrano, ma anche con lo scopo di accedere a un servizio meno caro, a procedure burocratiche più semplici e a contratti più vantaggiosi[5].

A spostarsi non sono soltanto gli aspiranti genitori, ma anche gameti ed embrioni, e in alcuni casi anche le surroganti, le quali possono essere invitate a svolgere una o più fasi del processo riproduttivo (per esempio l’impianto degli embrioni e il parto) in un altro Paese[6].

La realtà della maternità surrogata può essere descritta così: da una parte persone benestanti che vivono per lo più in Occidente e desiderano un figlio e dall’altra donne che vivono nel Sud del mondo, in Europa orientale o donne vulnerabili dei Paesi Ocse che offrono i loro corpi e la loro fertilità in cambio di denaro.

Oggi la maternità surrogata commerciale muove un giro di affari da miliardi di dollari.

Mappa della maternità surrogata

Si tratta di una pratica che in alcuni Paesi è vietata, in altri tollerata (è vietata ma senza sanzioni in caso di violazione) e in altri ancora è considerata lecita.

Nei Paesi in cui è lecita, inoltre, vi sono alcune differenze: alcuni prevedono l’obbligo di consegna del neonato ai committenti, detti “genitori intenzionali”; altri prevedono l’obbligo di parentela genetica con uno o entrambi i committenti; altri ancora riservano l’accesso alla pratica alle sole persone con problemi di infertilità.

La differenza tra GPA altruistica e GPA commerciale invece non esiste. Le donne – tranne rarissime eccezioni nell’ambito di relazioni strette già esistenti – non si prestano a portare a termine una gravidanza per altri se non ricevono un compenso, in alcuni paesi ufficialmente sottoposto a un tetto (facile da aggirare).

La spesa più elevata, che viene sempre approvata in tutti i paesi con GPA detta “altruistica”, è il cosiddetto “rimborso per i mancati guadagni” di donne che possono anche essere disoccupate quando la gravidanza inizia.

La somma è chiamata “rimborso” anziché “compenso” non solo per ragioni fiscali, ma anche per rendere culturalmente più accettabile la compravendita di bambini, mascherandola.

 

  1. Stati Uniti pionieri della maternità surrogata

 

La California nel 1993 ha legalizzato la gestazione per altri come puro contratto che vincola la “portatrice” a separarsi dal neonato anche se non è biologicamente dei committenti: basta comprare gameti e servizi gestazionali e il figlio viene considerato dei committenti anche se non sono residenti.

Gli Stati Uniti sono i pionieri della surrogazione e questo modo “partecipativo” di far famiglia è più diffuso e accettato che altrove.

Le prime cliniche aprirono negli anni Settanta (quando si praticava la surrogata tradizionale) e tutt’ora gli Stati Uniti costituiscono il fulcro di questo mercato divenuto transnazionale, con agenzie private americane che operano anche all’estero[7].

Le leggi statunitensi sulla maternità surrogata cambiano costantemente e possono essere molto diverse da Stato a Stato.

La California è lo stato americano più favorevole alla maternità surrogata. La legge prevede che le parti stipulino un contratto, e stabilisce che le stesse – madre surrogata e committenti – non possano essere assistite dallo stesso avvocato.

Nel Connecticut, dove la maternità surrogata è legale, i committenti possono essere inseriti direttamente nel certificato di nascita, senza la necessità di sottoporsi a procedure di adozione.

Nel Delaware, fintanto che la madre surrogata non ha legami genetici con il bambino, la legge consente di indicare i committenti come genitori, fin dalla nascita, con la conseguenza che tutte le decisioni mediche riguardanti il bambino potranno essere prese da loro e non dalla donna che lo ha partorito.

Le leggi del New Hampshire e del Nevada ammettono l’accesso ai servizi di maternità surrogata indipendentemente dallo stato civile e dall’orientamento sessuale degli interessati.

In Colorado e in Georgia la maternità surrogata non è disciplinata dalla legge, tuttavia la pratica è stata accolta favorevolmente dalla giurisprudenza, che ritiene legittimi i relativi contratti.

Nell’Oregon la legge consente di modificare facilmente un certificato di nascita. Nel caso di bambino nato da maternità surrogata, è previsto da subito l’inserimento del nome della madre surrogata nel certificato di nascita del bambino e la successiva modifica del certificato con i nomi dei committenti, indipendentemente che si tratti di una coppia (eterosessuale o omosessuale) o di un singolo.

La legge della Louisiana consente la maternità surrogata solo per le coppie sposate eterosessuali che usano i propri ovociti o il proprio sperma.

Nello Stato di New York e nel Michigan i contratti di maternità surrogata onerosi sono considerati nulli e sono previste multe per i centri di fecondazione in vitro che violano i divieti.

 

  1. I clienti della GPA: domanda ed offerta

 

La domanda di bambini arriva dal Nord Globale: gli aspiranti genitori appartengono alle classi medio-alte del Nordamerica, Israele, Australia, Cina, e da paesi europei come Italia, Francia, Spagna e Germania, solo per nominarne alcuni; ci sono poi gli aspiranti genitori che fanno parte delle élite dei paesi poveri e sono immigrati abbienti di prima o seconda generazione che tornano nel paese di origine per avere un figlio da connazionali meno abbienti[8].

Diventano genitori con la GPA coppie etero in cui la donna non può portare avanti una gravidanza per problemi all’apparato riproduttivo (assenza congenita dell’utero o perché rimosso, fibromi, epilessia, placenta accreta, o precedenti aborti)[9], ma anche coppie di uomini o donne omosessuali e in alcuni casi donne o uomini single.

Tra le star del cinema, della musica o dello spettacolo e tra le donne professioniste è crescente il fenomeno della “social surrogacy”: pur potendo avere una gravidanza queste donne decidono di delegarla per continuare a lavorare e non “appesantire” il proprio corpo[10].

Inoltre, tra i clienti della GPA esistono anche i casi più eccezionali di gravidanza post-mortem, cioè voluta da genitori di figli deceduti.[11] L’offerta di servizi gestazionali invece si trova principalmente nel Sud Globale, dove, come nota la sociologa Sheela Saravanan, i paesi hanno più difficoltà a proteggersi dallo sviluppo incontrollato dei mercati riproduttivi.

Tuttavia, sottolinea Saravanan, il movimento Nord-Sud non è sufficiente a spiegare la configurazione del mercato della surrogazione, che comprende anche flussi di aspiranti genitori dall’Europa occidentale all’Europa orientale, e l’utilizzo dei servizi di surrogazione da parte di cittadini abbienti e offerti da cittadine più povere, all’interno dello stesso paese.

 

  1. Il caso India

 

L’India è stata per decenni il Paese più all’avanguardia nel mercato low cost della GPA, fino a quando il Governo ha iniziato a introdurre leggi restrittive a partire dal 2013, prima vietando la GPA agli stranieri, poi anche ai cittadini a meno che non venga fatta tra parenti stretti in forma gratuita. In Asia alcuni Stati hanno dapprima spalancato le porte a questo fiorente business, ma poi sono tornati sui loro passi: la Thailandia e il Nepal hanno infatti ristretto ai propri cittadini la possibilità di ricorrere alla “gestazione per altri” e l’India vuole fare altrettanto.

In India la Surrogacy Regulation Act proibisce la maternità surrogata commerciale, punisce qualunque persona cerchi di procurarsi una donna per questo fine e permette la maternità surrogata altruistica (ovvero quella che in teoria non prevede scambio di denaro o cure pagate) solo una volta da una donna che ha già avuto un proprio figlio biologico, che non userà il proprio ovulo e che si trovi nella fascia di età appropriata dai 25 ai 35 anni. Inoltre la legge prevede che le cure mediche e l’assicurazione continuino dopo la nascita del bambino, poiché sono ormai note le complicazioni per la salute della madre surrogata, tra cui il cancro e la morte.

L’Assisted Reproductive Technology (Regulation) Act, invece, riconosce e tiene conto dell’aspetto bioetico che bisogna necessariamente trattare quando si parla di riproduzione umana artificiale/assistita – che si tratti di maternità surrogata o di vendita di sperma e ovuli. Grazie a questa legge ne è stata vietata la vendita.

Con queste leggi il governo indiano ha attuato una vera e propria inversione di tendenza, considerando che lo stesso Paese vent’anni fa ha aperto le porte al mercato internazionale della maternità surrogata. Già 10 anni fa si parlava di boom dell’utero in affitto in India.

La motivazione dietro a questo cambiamento di rotta consiste nella presa di consapevolezza, da parte dei politici al governo, dei crimini commessi sulle donne: il mercato della maternità surrogata era diventato a tutti gli effetti un bazar di corpi femminili e bambini.

 

  1. Anche la Thailandia dice no

 

Anche la Thailandia è stata una meta particolarmente apprezzata, fino a quando il Parlamento, nel 2015, ha approvato una legge con cui è stato proibito l’accesso ai servizi di maternità surrogata agli stranieri.

Negli anni passati il Paese è stato oggetto di attenzione per alcuni casi, come ad esempio quello di una coppia australiana che rifiutò il bambino perché nato con  sindrome di Down: la coppia aveva commissionato una gravidanza ad una donna thailandese, la quale partorì due gemelli, di cui uno con la sindrome di Down. La coppia decise di prendere con sé soltanto la gemella sana, lasciando alla madre surrogata l’altro bambino[12].

Altro caso ha visto come protagonista un uomo giapponese che aveva procreato almeno 16 bambini con l’aiuto delle madri surrogate thailandesi e dai media thailandesi la situazione è stata chiamata “la fabbrica dei bambini[13].

Il Parlamento nel 2015 ha quindi adottato una nuova legge sulla maternità surrogata, limitando l’accesso e prevedendo che una coppia thailandese può rivolgersi ai servizi di maternità surrogata soltanto in caso di sterilità e soltanto dopo tre anni di matrimonio. In caso di violazione, la legge prevede come sanzione dieci anni di carcere e una pena pecuniaria.

 

  1. I nuovi mercati emergenti

 

Il Messico è un mercato emergente, così come l’Argentina, il Laos, la Nigeria, il Ghana e il Kenya; l’Ucraina – che è una delle “nursery” favorite dagli italiani[14] – la Russia e la Georgia sono mercati europei in espansione[15].

In Argentina la medicina nel campo delle tecnologie riproduttive è ben sviluppata, ci sono molte cliniche per il trattamento dell’infertilità. Il Ministero della Salute ha creato un registro speciale per le istituzioni mediche che forniscono servizi nel campo dell’inseminazione artificiale e dispone anche di banche di donatori di sperma e database delle donatrici di ovociti. L’Argentina è stato anche il primo Paese dell’America Latina a riconoscere il matrimonio tra le persone omosessuali.

Le coppie che sono ufficialmente sposate hanno gli stessi diritti delle coppie eterosessuali, compreso il diritto di adottare bambini.

Se una coppia omosessuale decide di prendere parte a un programma di maternità surrogata, dopo la nascita del bambino è prevista la procedura di adozione, che presuppone l’assenso della madre surrogata.

Molte cliniche per la fertilità in Argentina hanno sviluppato speciali programmi combinati che coinvolgono la fecondazione in vitro in Argentina e la consegna degli embrioni congelati, il loro trasferimento nell’utero della madre surrogata in un Paese in cui questo metodo è legale (per lo più in Ucraina, USA, Canada).

In Ucraina tali programmi sono disponibili solo per le coppie eterosessuali.

L’Ucraina è uno dei pochi Stati al mondo in cui la maternità surrogata viene favorita e regolata dalla legge. Neppure il conflitto con la Russia ha fermato l’erogazione del servizio. Nel Paese ci sono più di trenta cliniche che offrono servizi di maternità surrogata (a Kiev, Kharkov, Odessa, Dnipro).

La qualità alta dei servizi, una esperienza pluriennale, le madri surrogate responsabili: tutto ciò rende l’Ucraina il centro del turismo medico, dove vengono le coppie da tutto il mondo per il trattamento della sterilità.

Le procedure mediche per il trattamento della sterilità, a cui possono accedere uomini e donne maggiorenni, garantiscono la riservatezza dei pazienti; le donatrici degli ovuli possono essere donne anonime o anche parenti dei committenti: ai programmi di maternità surrogata possono aderire solo le coppie sposate.

I coniugi ricevono informazioni dettagliate su tutte le particolarità del programma, i risultati del controllo medico, nonché informazioni sui rischi. Il rapporto tra i coniugi e la madre surrogata è regolato dal contratto che viene firmato prima dell’inizio del programma.

Il contratto determina i diritti e gli obblighi delle parti: la coppia paga alla madre surrogata una somma di denaro per i servizi resi e l’importo è specificato nel contratto; la madre surrogata si impegna a cedere il neonato ai genitori subito dopo il parto, non acquisisce alcun diritto di genitorialità sul bambino e non ha il diritto di fare opposizione in tribunale.

Secondo la legge, i nomi del padre e della madre vengono inseriti immediatamente nel certificato di nascita del bambino, senza alcun intervento da parte del tribunale.

 

  1. Si amplia il mercato nell’Est europeo

 

In Russia la maternità surrogata è legale ed è regolamentata dalla legge. Qualunque sia il contratto tra una coppia e una madre surrogata, la legge non protegge i diritti dei genitori biologici del bambino se la madre surrogata dopo il parto cambia idea sulla consegna del neonato ai genitori. In Russia esiste infatti la presunzione di maternità: la madre del bambino è considerata la donna che lo ha partorito, indipendentemente dalle relazioni biologiche.

Possono accedere ai servizi di maternità surrogata sia coppie sposate che donne single.

Con la guerra Russo-Ucraina si sta ampliando il mercato in Georgia, Bielorussia e Kazakistan.

In Georgia la tecnologia di riproduzione medicalmente assistita e la donazione degli ovuli/spermatozoi sono legali dal 1997, quando il regolamento sulla “Maternità surrogata” è stato inserito nella “Legge sulla sanità della Georgia”.

La maternità surrogata commerciale è attualmente consentita dalla legge, esclusivamente per le coppie eterosessuali e possono accedervi anche stranieri. I rapporti tra la coppia e la madre surrogata viene regolata dal contratto e la legge non impone restrizioni su quante volte una donna può diventare madre surrogata.

In Bielorussia la maternità surrogata è diventata legale nel 2016, con l’introduzione di una nuova sezione del “Codice su matrimonio e famiglia”. I servizi di una madre surrogata possono essere prestati solo alle coppie sposate, che per motivi di salute non possono avere figli. La madre surrogata non ha alcun diritto nei confronti del bambino e deve soddisfare alcuni requisiti, quali: essere sposata, avere un bambino proprio, avere il consenso del marito, non essere in cura da uno psichiatra o da un tossicologo, avere un’età compresa fra i 20 e i 35 anni. L’utero in affitto non commerciale è consentito solo se la donna è una parente. Durante la gravidanza, alla gestante è vietato fumare o bere alcolici e in caso di violazioni è prevista la possibilità di perdere il diritto al compenso.

In Kazakistan nel 1998 è stata approvata la legge sul matrimonio e la famiglia, con la quale è stata disciplinata la maternità surrogata quale “trattamento legale” della sterilità.

Ogni anno il governo del Kazakistan stanzia denaro per l’accesso delle coppie sterili ai programmi di FIV.

I requisiti per le madri surrogate sono molto rigorosi: buona salute, consenso del coniuge, certificato di uno psicologo sulla disponibilità a partecipare al programma, precedenti figli. Secondo la legge, la donna che ha partorito il bambino, può tenerlo solo in due casi: o per rinuncia al bambino da parte dei committenti o per morte dei committenti.
Il 30% dei contratti di utero in affitto nel Paese risulta essere formalmente a titolo gratuito.

 

  1. La “GPA altruistica” in Grecia, Australia, Canada e Regno Unito

 

Fra i Paesi dell’Unione Europea si sta aprendo il mercato internazionale in Grecia[16], dove è ragionevole pensare che la crisi economica e l’aumento della disoccupazione possano essere fattori che favoriscono la cosiddetta “bioavailability”: la disponibilità come risorsa in forma organica di un gruppo di persone per un altro gruppo[17], disponibilità senza la quale il mercato della GPA non potrebbe esistere.

In Grecia la maternità surrogata è stata approvata dalla legge (art. 1458 della G.U. 3089/2002) e dal luglio 2014 è disponibile anche ai residenti all’estero (L. 4272 dell’11 luglio 2014). Questa modifica consente la legale richiesta di autorizzazione giudiziaria alla maternità surrogata anche a cittadini stranieri non residenti stabilmente in Grecia, che possono dichiarare domicilio temporaneo. L’autorizzazione deve essere concessa dal tribunale che acconsentirà ed emetterà una sentenza. La donna che desidera avere un figlio con il metodo della maternità surrogata (fino al 2014 doveva anche essere domiciliata in Grecia, ora non più) deve rivolgersi al tribunale, che emetterà sentenza a favore laddove vengano soddisfatte le seguenti condizioni: certificata impossibilità dal punto di vista medico di avere una gravidanza fisiologica; la donna (madre surrogata) che si offre di portare in grembo il bambino deve essere sana e capace di concepire e deve sottoporsi a una valutazione psicologica approfondita; gli ovuli che saranno impiantati alla madre surrogata non devono appartenere a lei, ma devono essere prelevati dalla donna che desidera avere un figlio oppure da una donatrice (in questo modo il legislatore vuole escludere la condizione di piena sostituzione nella maternità, vale a dire che la madre surrogata sia madre genetica e biologica del bambino); tutte le persone coinvolte (anche il partner della madre surrogata, marito o convivente) devono accettare mediante atto scritto di intraprendere il processo senza compenso o dazione di denaro. Il limite di età previsto per la madre è di cinquanta anni e il processo si svolge “a porte chiuse” al fine di proteggere la privacy dei partecipanti.

Se tutte le condizioni di cui sopra sono soddisfatte, il tribunale rilascia l’autorizzazione giudiziaria necessaria. Solo dopo il rilascio dell’autorizzazione da parte del Tribunale il medico può procedere alla relativa pratica medica, vale a dire al processo di fecondazione in vitro. La legge afferma che «la madre del bambino nato è la donna a cui è stata rilasciata la relativa autorizzazione giudiziaria» e non la donna che ha concepito e partorito il bambino.

Infine, per quanto riguarda l’anagrafe, verrà registrata quale madre del bambino la donna che ha commissionato la surrogazione di maternità, in base all’autorizzazione rilasciata dall’autorità giudiziaria.

In Canada, fatta eccezione per il Québec, la maternità surrogata è legale dal 2007 e non è prevista retribuzione per le madri surrogate. Negli ultimi anni il Paese ha visto arrivare molti stranieri interessati ai servizi di surrogazione: circa la metà delle gravidanze surrogate sono commissionate da non residenti. I motivi sono diversi: il Canada non prevede limiti relativi allo stato civile o all’orientamento sessuale, riconosce i committenti come genitori e i tempi degli adempimenti burocratici sono brevi, sia per la dichiarazione che riconosce la coppia come legale (pochi giorni), sia per il certificato di nascita (poche settimane) e per il passaporto.

In Canada se si paga una madre surrogata si rischiano fino a dieci anni di carcere e cinquecentomila dollari di multa, questo divieto però non vale per i committenti stranieri. Il risultato è che i committenti canadesi si sono spostati fuori dal Paese. I costi sanitari al momento sono tutti a carico del sistema sanitario canadese[18].

Il Regno Unito fu tra i primi Paese ad introdurre il concetto di maternità surrogata nella legislazione e per molto tempo l’uso dei servizi di surrogazione della maternità fu proibito. Successivamente, nel 1985, con il Surrogacy Arrangmements Act, la maternità surrogata è stata ritenuta lecita ma solo nella forma “altruistica” .

I richiedenti possono essere sposati o conviventi (incluse coppie dello stesso sesso) o possono essere single e devono avere un legame biologico con il bambino. La gestante non può dare il consenso al trasferimento del bambino sino almeno a sei settimane dopo il parto. La legge prevede il divieto di intermediazione di soggetti terzi con scopo di lucro, nonché l’inesigibilità dei contratti di surrogazione tra privati, e sottopone al sindacato di merito del giudice l’entità di qualsiasi trasferimento economico tra le due parti, che deve essere limitato a un “ragionevole rimborso” delle spese sostenute. Le domande di surrogazione sono gestite da una pluralità di organizzazioni senza scopo di lucro.

Lo Human Fertilisation and Embryology Act del 2008 ha previsto che la “piena titolarità” dei diritti del bambino in capo ai committenti deve essere disposta dal giudice con ordinanza. Fino al provvedimento del giudice, il neonato è figlio della madre surrogata a ogni effetto di legge.

Il trasferimento è subordinato alla verifica di una serie di requisiti di legge, in assenza dei quali il trasferimento dei diritti ai committenti è negato e questi potranno semmai intraprendere la strada dell’adozione del bambino, se la madre surrogata non si oppone.

La Commissione legislativa britannica (Law Commission) sta valutando di creare un registro nazionale delle madri surrogate in modo che i bambini, se necessario, abbiano l’opportunità di ricevere informazioni sulla loro nascita in futuro. La legge britannica proibisce la pubblicità della maternità surrogata, pur consentendo le attività di organizzazioni senza scopo di lucro che promuovono la diffusione di informazioni su di esso. Nonostante tali divieti, ci sono molti annunci pubblicitari sui social network in contrasto con i limiti previsti dalla legge.

In Australia è consentito solo l’utero in affitto non commerciale, cioè senza fine di lucro ed è severamente vietato pagare ricompense alle madri surrogate. Nel caso in cui la donna cambi idea e voglia tenere il neonato, i genitori biologici non possono imporre la consegna del bambino.

La maternità surrogata è disponibile per le coppie omosessuali (tranne nell’Australia occidentale, dove è accessibile solo per le coppie eterosessuali). Nelle parti meridionali e occidentali dell’Australia, le coppie dello stesso sesso possono adottare i figli.

 

  1. In Olanda anche le spese sono rimborsate

 

In Olanda possono essere rimborsate solo le spese connesse con la gravidanza (ad esempio gli abiti premaman) sulla base di una precisa documentazione.

Qui l’autorizzazione alla GPA è data dai medici solo se la coppia può fornire i gameti – con un limite di età di quarant’anni per la madre genetica – e se si presenta in ospedale già con una donna disponibile all’impianto del loro embrione nel proprio corpo.

Le regole restrittive vogliono evitare l’istituzione di un commercio di bambini, come è già avvenuto in altri Paesi. Queste regole sono però eluse da un numero significativo di olandesi, che vanno negli Stati dove la maternità surrogata è facilmente accessibile, tornando con neonati i cui certificati di nascita nel Paese di origine sono a norma di legge, e che lo Stato olandese poi riconosce.

 

  1. In Israele nessuna restrizione

 

La maternità surrogata in Israele è disciplinata dalla legge, che definisce i requisiti per i partecipanti del programma di surrogazione, ossia la madre surrogata e i committenti.

In Israele, secondo la legge, solo una donna adulta non sposata di età compresa fra i 22 e i 38 anni che non ha problemi seri di salute e ha almeno un bambino sano può diventare una madre surrogata.

La legge sulla maternità surrogata israeliana prevede i seguenti requisiti: la madre surrogata non può essere una parente della coppia di committenti, non può avere nessun contatto con i genitori committenti e il loro bambino dopo la consegna del neonato, deve sottoporsi a controlli medici, psicologici e ad esami che confermino l’assenza di problemi di salute; i responsabili del centro riproduttivo e i genitori committenti acquisiscono informazioni personali sulla donna, anche relative al suo stile di vita e alla sua abitazione; il contratto di maternità surrogata è obbligatorio, viene redatto da un avvocato e firmato dalla madre surrogata e dai committenti all’inizio del programma di surrogazione e deve sempre indicare il compenso pattuito.

 

  1. La situazione in Danimarca

 

La Danimarca è un Paese leader per il numero dei bambini nati a seguito delle tecnologie di riproduzione assistita (circa il 10% del numero totale dei bambini). È al secondo posto dopo Israele per numero di protocolli di fecondazione in vitro. Nel 1997 è stata approvata una legge che vieta la fecondazione in vitro e l’uso di sperma dei donatori per le ragazze single e le coppie lesbiche.

L’adozione della legge ha suscitato molte polemiche e proteste.
Nel 2007 è stata adottata una nuova “Legge sull’inseminazione artificiale”, che ha consentito il finanziamento dei programmi di FIVET per tutti, indipendentemente dall’orientamento sessuale o dallo stato civile.

I programmi di FIVET sono finanziati con fondi statali. Allo stesso tempo, lo Stato controlla l’accesso dei cittadini alla procedura di fecondazione in vitro.
Le donne che hanno più di 40 anni non ricevono un sostegno economico per le procedure di FIVET e quelle che hanno più di 45 anni non possono usare il metodo dell’inseminazione artificiale nemmeno in una clinica privata.

Cryos International, la banca degli spermatozoi più grande al mondo, è accessibile in Danimarca per i pazienti di tutti i Paesi.

Nonostante tale liberalizzazione nel campo delle tecnologie riproduttive, in Danimarca tuttavia la maternità surrogata è tendenzialmente vietata ed è possibile farvi ricorso solo in caso di una coppia sterile e senza alcuna ricompensa per la madre surrogata.

Vista la difficoltà di reperire donne danesi disponibili a portare a termine una gravidanza per conto terzi senza avere alcun ritorno economico, i danesi interessati ad avere figli tramite maternità surrogata accedono ai relativi servizi negli Stati Uniti, in Messico o in Ucraina.

 

  1. Leggi restrittive in Svezia, Germania, Polonia, Spagna

 

La maternità surrogata in Svezia (sia quella commerciale che “altrusistica”) è vietata dalla legge. Nonostante il fatto che i rappresentanti della medicina e del governo abbiano ripetutamente discusso della possibilità di legalizzare questo metodo di trattamento dell’infertilità, la legislazione svedese rimane invariata.

La legge in Svezia proibisce lo sfruttamento delle donne e la maternità surrogata è considerata “traffico di minori”. Le ragioni del divieto si fondano sul rischio per la salute della donna (associato a FIV, gravidanza e parto), sul rischio per la salute del bambino, sulle controversie legali e sociali.

Le coppie che vogliono accedere ai servizi di maternità surrogata si recano dunque  all’estero, in uno dei Paesi dove questa pratica è legale (in genere l’Ucraina). In Svezia, malgrado il divieto di maternità surrogata, è possibile poi ottenere facilmente il riconoscimento del bambino come figlio della coppia di committenti. Si applica un procedimento simile all’adozione di un bambino con la cittadinanza di un altro Paese, mentre la raccolta dei documenti può richiedere qualche mese.

La Germania ha approvato la “La legge sulla protezione degli embrioni”, che vieta l’utero in affitto e la donazione degli ovociti.

La fecondazione in vitro viene effettuata solo con gli ovuli propri della coppia. Il 30% delle nascite in Germania avviene in seguito a fecondazione in vitro.

La maternità surrogata è vietata in Polonia, dove però sono consentiti altri metodi di riproduzione assistita. La madre del bambino è la donna che l’ha partorito. Il trasferimento di un neonato ad altre persone non è possibile ai sensi della legge.

Oltre alla fecondazione naturale, vengono utilizzati anche altri tipi di tecnologie riproduttive.

La maternità surrogata in Spagna è vietata, ma non sono previste sanzioni. La legge ammette la donazione di ovuli e spermatozoi ma non fra parenti. Secondo la circolare della DGRN del 18 febbraio 2019 «la maternità surrogata costituisce un fenomeno in cui c’è una grave violazione dei diritti dei minori e delle madri surrogate. L’interesse preferenziale del primo deve essere salvaguardato in ogni caso, e allo stesso tempo l’azione dei poteri pubblici deve garantire alle donne una protezione adeguata contro il pericolo di abuso delle situazioni di vulnerabilità che è totalmente inaccettabile. È evidente che l’attività lucrativa degli intermediari che operano in questo campo non può essere considerata legale. Per contrastare efficacemente questa pratica sarebbe necessaria un’azione internazionale coordinata. Tuttavia, fino a quando non ci sarà un quadro internazionale chiaro, e senza pregiudicare l’adozione di misure adeguate e più energiche per frenare questa pratica in Spagna, il fenomeno deve essere trattato con il necessario rigore».

 

  1. La GPA in Francia

 

In Francia permane il rifiuto della maternità surrogata, tuttavia la Corte di Cassazione francese ha stabilito che è ammissibile la trascrizione degli atti di nascita dei bambini nati all’estero attraverso il ricorso a questa pratica purché l’atto di nascita sia stato redatto all’estero conformemente alle leggi del Paese di nascita del bambino.

La Corte di Cassazione francese ha specificato che la domanda di trascrizione non è una domanda di riconoscimento o di diritto di filiazione, ma una semplice misura amministrativa a tutela del minore e del suo status.

Tutto ha avuto inizio nel 2011, quando la Corte di Cassazione ha statuito in più cause (tra le quali la causa “Menesson”) la correttezza del rifiuto da parte delle Corti d’Appello di trascrivere sui registri di stato civile francese i certificati di nascita stranieri di bambini nati da una GPA, con la motivazione che questi erano contrari all’ordine pubblico internazionale francese. Due anni più tardi, il Tribunale si è pronunciato nello stesso modo, trattandosi di GPA effettuate in India, ma questa volta su una base un diversa: quella della frode alla legge. All’epoca, la giurisprudenza francese considerava sistematicamente che il ricorso alla GPA impedisse, di per sé, ai genitori di ottenere in Francia il riconoscimento del rapporto di filiazione con il bambino nato attraverso il ricorso a questa pratica.

In pratica, i bambini nati da GPA vivevano in Francia con i genitori “committenti”, ottenendo il titolo di soggiorno e un certificato di nazionalità, documenti con cui potevano essere iscritti a scuola ed avere accesso a tutti gli altri servizi necessari. Sulla base di questi elementi, la Corte di Cassazione francese ribadiva che la sua giurisprudenza in materia di maternità surrogata non incideva sul diritto alla vita privata e familiare ai sensi dell’art. 8 della Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo, né sull’interesse del minore quale protetto dall’art. 3, par. 1 della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia.

Tuttavia, per mezzo di due note sentenze pronunciate il 26 giugno 2014, la Corte EDU ha condannato la Francia nelle cause “Menesson” e “Labasse”, considerando che il rifiuto del riconoscimento (nel caso specifico, il rifiuto di trascrizione) del legame di filiazione biologica tra il padre e i minori recava pregiudizio al diritto alla vita privata di questi ultimi.

 

  1. Cosa succede in Cina

 

In Cina la maternità surrogata sta acquisendo dimensioni non solo in linea con il considerevole numero della popolazione, ma anche con le sue valenze commerciali e l’interesse mediatico. Centinaia di donne vengono scelte, gestite e retribuite per garantire a coppie sterili una prole, generando un cospicuo volume di affari per gli organizzatori.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, le donne cinesi che si rendono disponibili a portare avanti una gravidanza per altri non provengono necessariamente da aree o situazioni disagiate. Se di origine rurale, spesso si prestano alla maternità surrogata di nascosto dai parenti o vicini nei villaggi da cui provengono per lo stigma sociale che accompagna iniziative tradizionalmente accettate solo in caso di infertilità e all’interno di una cerchia di consanguinei.

Hanno sicuramente contribuito all’espansione della pratica una maggiore accettazione sociale e la disponibilità di strutture e di organizzazioni che gestiscono le attività procreative.

Se dal 2001 è illegale per i medici essere coinvolti nella maternità surrogata, nessuna legge tuttavia la proibisce apertamente, legittimando imprese private che, anche in collegamento con strutture pubbliche o loro operatori, portano avanti la commercializzazione della pratica. Come si sottolinea negli ambienti medici, le leggi attuali sono solo destinate a regolare la vita professionale del personale medico, non le attività di cui si occupa. Insomma, la questione presenta zone d’ombra di tale ampiezza da consentire l’elusione dei divieti sia da parte degli operatori che da parte dei fruitori della maternità surrogata, oltre che per le donne che intendono rendersi disponibili per essa.

“Madri” che per i mesi della gravidanza dispongono di cibo, cure, attenzioni… tutto finalizzato a un parto che per la maggior parte di loro avviene in condizioni assai migliori di molte conterranee.

Sono forse diecimila ogni anno in Cina le nascite da surrogata. Alla “corsa” verso la surrogata “made in China” contribuisce l’età sempre più alta dei genitori committenti, in parte perché arrivati tardi al matrimonio e alla decisione di avere figli, in parte per la pubblicità fatta dalle organizzazioni che gestiscono la surrogata commerciale. Contribuisce però anche il rischio di un irrigidimento ufficiale in materia. “Il rischio”, perché davanti al fallimento sostanziale della “politica del figlio unico” e la necessità di rilanciare la natalità per evitare arretramento economico e disordine sociale, la leadership di Pechino dimostra un’ampia tolleranza verso tutti i fenomeni che – illegali o borderline – possano contribuire a sostenerne la demografia e alla soddisfazione dei bisogni essenziali della popolazione, in particolare per la classe media, sempre più benestante, ma sui cui pesano i benefici della crescita come pure i rischi.

Per questoall’inizio del 2016, dopo che la maternità surrogata era stata considerata incompatibile con la dignità delle donne cinesi ed era stata denunciata quale attività gestita dalla criminalità, con una mossa a sorpresa del Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo (il Parlamento cinese) che ha deciso di ritirare la bozza di legge che avrebbe bandito questa pratica, la maternità surrogata è tornata ad essere legale.

Si è così ammessa la possibilità per i cinesi di utilizzare donne connazionali per soddisfare il desiderio di maternità e paternità. Una decisione che è stata formalmente giustificata con la necessità di ridurre il flusso di cinesi benestanti verso altri Paesi in cerca di madri surrogate e, dunque, per evitare situazioni discriminatorie.

 

  1. La situazione nel mondo latino americano

 

In Colombia, dove non ci sono né leggi né regolamenti in materia, la maternità surrogata è diventata legale nel 2009 con una sorprendente sentenza della Corte costituzionale, che ha ammesso il contratto con cessione obbligatoria del neonato se il motivo della donna che vi si presta non è il lucro. La Corte ha considerato la GPA una «tecnica di riproduzione assistita». Secondo la sentenza n. 968 del 2009 la messa a disposizione del proprio utero per soddisfare il desiderio di genitorialità di terzi è definito come: «l’atto riproduttivo che genera la nascita di un bambino da parte di una donna che è soggetta a un contratto o impegno attraverso il quale deve cedere tutti i diritti sul neonato»[19]. In questa procedura, la donna che partorisce non fornisce i suoi ovuli. Le madri surrogate che accettano di portare a termine una gravidanza, una volta avvenuto il parto, consegnano il bambino alle persone che lo hanno commissionato e che si sono fatte carico del pagamento di una certa somma di denaro e delle spese relative alla gravidanza e al parto. Nell’ordinamento giuridico colombiano non esiste un divieto esplicito di stipulare questo tipo di accordi: le tecniche di riproduzione assistita, tra cui la maternità surrogata, sono considerate legittime.

In Brasile la maternità surrogata è consentita ma con una particolarità rispetto ad altri Paesi: la madre surrogata deve avere legami familiari con uno dei committenti.
Dal momento che non è sempre possibile trovare una madre surrogata tra parenti, i brasiliani che non possono avere figli accedono ai servizi di maternità surrogata offerti all’estero.

In Messico la maternità surrogata è stata ed è tuttora regolata dai singoli stati. Attualmente non esiste una legge federale che vieti la maternità surrogata e questa pratica è stata disciplinata dalla legge solo in 2 dei 31 stati messicani. Per anni l’unico stato messicano ad avere una legge sulla maternità surrogata è stato Tabasco, che ha disciplinato la materia mostrando un favor verso questa pratica, almeno fino al gennaio 2016, quando è cambiato il quadro normativo ed è stato introdotto il divieto di maternità surrogata per gli stranieri. Per quanto riguarda gli altri stati del Messico, la maggior parte non ha ancora leggi sulla maternità surrogata e nella pratica vengono offerti programmi di maternità surrogata non regolamentata. Città del Messico e Cancun sono le destinazioni più comuni per questi programmi.

I committenti possono mantenere i contatti con le madri surrogate durante e dopo la gravidanza, se lo desiderano. I donatori di ovociti messicani rimangono anonimi. Donatori di sperma e ovuli caucasici e latini sono disponibili su richiesta a un costo aggiuntivo. Dopo il parto, il nome della madre surrogata e il padre genetico che ha donato lo sperma vengono inseriti nel certificato di nascita messicano.

 

  1. In Africa un nuovo tipo di colonialismo

 

Il nuovo colonialismo, nel continente africano, assume diverse forme. Forme che, rispetto al colonialismo storico, quello fatto di uniformi, armi e annessioni immediatamente visibili, hanno il medesimo fine ma apparenze diverse. Più suadenti, più impalpabili, più meschine. Tra queste va sicuramente annoverata la “filiera” dell’utero in affitto. Dopo la chiusura di diversi Paesi asiatici (Laos, Vietnam e Cambogia, solo per citarne alcuni) a questa pratica, il nuovo porto franco dell’acquisto di neonati è l’Africa.

Dati i costi, relativamente bassi, le coppie, soprattutto omosessuali ma anche non, del cosiddetto Primo Mondo hanno trovato nelle martoriate terre africane (Kenya e Ghana in primis) il nuovo punto di riferimento per la maternità surrogata. «La surrogacy negli Stati Uniti costa circa 120mila dollari» – racconta per esempio Joseph Tito, aspirante padre gay che tiene un blog sul web – «non avevo quei soldi così ho cercato altri posti dove un uomo single potesse intraprendere questo percorso (…) Così ho trovato una clinica in India che ha aperto una filiale in Kenya ed è lì che ho deciso di iniziare la mia avventura». Lì affittare una madre per dare vita a un figlio nato da “ovulo caucasico” gli costerà “soltanto” quarantacinquemila euro.

Così, mentre in Occidente c’è chi reclama l’utero in affitto come una “battaglia di civiltà”, in Paesi come il Kenya, che attualmente ha bloccato le adozioni internazionali di minori in stato di abbandono (una situazione che si verifica ancora in tantissimi Paesi africani, come anche l’Etiopia), i bambini vengono “comprati” da madri povere, costrette a vedersi strappato il neonato dal grembo per il capriccio di persone che vogliono realizzare “ad ogni costo” – non solo economico ma anche in termini di sacrificio della dignità delle persone biecamente usate come oggetti – il proprio desiderio di avere un bambino.

L’Occidente “progressista” e “civile”, pronto a scandalizzarsi (a volte anche comprensibilmente, sia chiaro) per la chiusura di tanti governi alla immigrazione illegale, non si scandalizza invece per una pratica barbara e brutale che avviene negli stessi Paesi d’origine di quei disperati. Perché questo silenzio assordante? E perché nessuno mette in evidenza lo stridente contrasto che sussiste negli Stati che consentono la maternità surrogata ma che invece bloccano l’adozione internazionale? Non va trascurato infatti che l’adozione è un gesto che, anziché creare nuove ingiustizie (come fa invece la maternità surrogata), cerca di porre rimedio alla peggiore ingiustizia della Terra, quella dell’abbandono di milioni di bambini in tutto il pianeta. Perché i progressisti non si attivano con il medesimo ardore a contrastare la chiusura dei Paesi africani verso l’adozione internazionale?

 

  1. La maternità surrogata: una forma di sfruttamento dei Paesi in via di sviluppo

 

I bambini con la GPA vengono “prodotti” per diventare dei figli (almeno per ora di questo si tratta, anche se nulla vieta naturalmente che i bambini vengano “prodotti” per scopi diversi, e magari in futuro anche a beneficio di persone giuridiche o dello Stato). I figli saranno presentati a parenti e amici, andranno al nido e poi a scuola, verranno visitati e curati e dovranno godere di tutti i diritti di un cittadino.

Una situazione paradossale è quella per cui donne con scarso accesso a servizi per la salute sessuale e riproduttiva, nello svolgere una gravidanza non per sé ma per altri accedono a cliniche di ultima generazione.

Tutto ciò dà luogo al classismo del mercato transnazionale della surrogazione, di stampo post-coloniale, con la formula dell’un terzo di quelli che hanno (have) verso i due terzi che non hanno (have not)[20]: i primi acquistano un servizio, le seconde lo forniscono. L’acquisizione di denaro costituisce un fattore centrale nella disponibilità delle donne a diventare surroganti.

Tuttavia, va specificato che questo fattore ha bisogno, per generare l’azione, di essere corredato da altre motivazioni incoraggianti e dall’adesione a una narrazione della GPA quale azione moralmente accettabile (in quanto volta al dono della vita, senza necessità di contatti di tipo sessuale con estranei), nonché come azione utile per la propria famiglia, e soprattutto come azione altruistica (in quanto volta alla realizzazione della felicità altrui).

Helene Ragoné, Amrita Pande e April Hovav, studiose che hanno condotto etnografie con madri surrogate rispettivamente negli Stati Uniti, in India e in Messico, mettono in relazione la tendenza delle intervistate a sminuire il ruolo del denaro con i messaggi utilizzati dalle agenzie per reclutarle: infatti le candidate al colloquio si devono dimostrare servili, animate da un sentimento nobile, non venali o intraprendenti nella negoziazione del compenso[21].

Anche Sabrina Guerzoni[22] nota che le madri surrogate da lei intervistate in California tendono a usare la retorica del dono e dell’altruismo, veicolata anche dal personale delle cliniche, specialmente alle prime interazioni con la ricercatrice, come strategia di rappresentazione di sé.

Le madri surrogate americane intervistate da Jacobson[23] (2016) riferiscono che il denaro costituisce per loro un extra importante per contribuire ai piani finanziari della famiglia, fare una vacanza o risparmiare qualcosa per la futura istruzione dei propri figli. Quest’ultimo è un dato comune alle etnografie condotte sia nel Nord che nel Sud del mondo: le donne impiegano il denaro guadagnato a beneficio della propria famiglia e per avviare piccole attività economiche. La madre surrogata tipo, trasversalmente ai Paesi, non è una donna abbiente, bensì vive una situazione economica precaria e/o di povertà[24]; può scegliere liberamente di intraprendere questa attività, altre volte è manipolata o spinta dalla famiglia, in alcuni casi è addirittura obbligata in quanto vittima di tratta. Negli Stati Uniti può essere una donna della classe medio bassa, con un lavoro instabile che vuole contribuire all’aumento del tenore di vita della sua famiglia.

In Messico può essere una migrante oppure appartenere alle comunità di stranieri o alla popolazione indigena. In India può avere una pregressa esperienza nei biomercati come cavia per test farmaceutici e fornitrice di ovuli, oppure può essere un’operaia dell’industria tessile che vede nella surrogazione un lavoro, non solo più remunerativo, ma anche meno stancante e alienante, e più soddisfacente sul piano emotivo rispetto al suo impiego: per un salario settimanale di 100-150 $, le operaie svolgono giornate di lavoro estenuanti, esposte a frequenti infortuni, sorvegliate e umiliate dal caposervizio, senza nemmeno la possibilità di andare al bagno se non nella pausa pranzo.

Secondo la sociologa Sharmila Rudrappa le donne poverissime degli strati sociali più emarginati non vengono reclutate, poiché più esposte ad ambienti insalubri e alla prostituzione. Un recente studio condotto sempre in India da Virgin Rozée ha rivelato che la situazione sociale di 96 madre surrogate tende a essere migliore rispetto a quella della popolazione generale femminile dai venti ai trentaquattro anni, sia in termini di istruzione sia di occupazione e reddito familiare.

I prezzi per avere un bambino via GPA variano a seconda del Paese in cui avviene la gravidanza e così la remunerazione alle donne: negli Stati Uniti si paga più di 100 mila dollari e le madri surrogate percepiscono tra i venti e i sessantamila dollari, mentre nei Paesi poveri i genitori di intenzione riescono a risparmiare anche fino al 70%[25].

In India, il prezzo può scendere a ventimila euro e le madri surrogate percepiscono tra i tremilacinquecento e i seimila euro, che con altre mansioni percepirebbero in 5-7 anni.

La GPA oggi non è più il fenomeno di nicchia che era negli anni Novanta negli Stati Uniti, ma un’opzione procreativa a disposizione delle persone con disponibilità economica in gran parte del mondo, durante il loro personale percorso di pianificazione della vita individuale o di coppia.

Sebbene non ci siano dati ufficiali sul numero di bambini che ogni anno vengono al mondo attraverso la maternità surrogata, è certo che da dieci anni questa pratica e l’annesso mercato sono in forte espansione: infatti, se fino al 1992 i bambini nati attraverso surrogazione erano quattromila, oggi le stime (al ribasso) parlano di  tremila nati in India, duemila negli Stati Uniti e cinquecento in Messico. L’organizzazione International Social Service stima che ventimila bambini nascono ogni anno attraverso la surrogazione[26].

La crescente diffusione della surrogacy si accompagna a una sua crescente visibilità nel dibattito pubblico, legata alle rivendicazioni dei movimenti sociali, a proposte di regolamentazione, alla cronaca di scandali[27], a controversie per il riconoscimento legale della genitorialità, a celebrità che intraprendono questo metodo di filiazione[28] o a prodotti culturali come fiction e film.

Nonostante le manifestazioni di dissenso si stiano moltiplicando in Europa, Stati Uniti e America Latina, sia su base nazionale che in campagne transnazionali, l’orientamento regolamentativo prevale sull’orientamento abolizionista: sebbene le sensibilità e le proposte dei policy-makers siano diverse per quanto riguarda chi e in quali circostanze possa accedere a questo modo di avere figli, l’introduzione di un totale divieto della surrogazione per tutti e in tutte le sue forme appare sempre più difficile.

Ciò comporta che a essere normalizzata è soprattutto la possibilità di produrre vita a partire da un desiderio, volontà o intenzione di diventare genitori e passando inevitabilmente attraverso l’allontanamento del neonato dalla partoriente alla nascita.

Secondo una recente analisi di trentuno articoli scientifici[29] relativi all’opinione pubblica espressa in diversi Paesi del mondo, esiste una tendenza storica verso crescenti livelli di accettazione della possibilità di regolamentazione: Canada, Giappone, Regno Unito, Iran, Australia e Spagna sono alcuni dei Paesi in cui si registra un più alto livello di accettazione della surrogazione, quando questa viene presentata come un metodo procreativo per coppie infertili.

Una ricerca sull’accettazione e l’immaginario sociali delle tecniche di procreazione assistita, condotta con 360 soggetti in tre Regioni italiane (Veneto, Emilia-Romagna e Campania) da Paola Di Nicola, Cristina Lonardi e Debora Viviani, rileva che queste tecniche, inclusa la surrogata, suscitano un minor disaccordo quando vengono usate per problemi di infertilità, maggiore invece quando le donne vi ricorrono per aver voluto privilegiare i propri obiettivi di carriera[30].

«Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro pranzo, ma dalla cura che essi hanno per il proprio interesse. Non ci rivolgiamo alla loro umanità ma al loro interesse personale»[31] afferma Adam Smith, perché l’eterogenesi degli interessi e la spersonalizzazione degli scopi con cui avvengono gli scambi, permettono di determinare un aumento della ricchezza, e quindi un benessere maggiore alla collettività.

Agli albori della surrogazione lo sperma era donato da parenti e amici, poi la presenza di intermediari ha trasformato il dono in un mercato, migliorando la quantità e la qualità dei servizi offerti, come ad esempio anonimato e screening.

Possiamo certamente affermare che questa sia la genesi di ogni mercato, perché di fatto il mercato è nato nelle famiglie, allargandosi alle piccole comunità, fino ad arrivare a mercati globali, che permettono lo scambio libero e volontario tra individui che non conoscono neanche i volti di chi sta scambiando con loro. Dal dono, al baratto, fino alla quantificazione attraverso il mercato dei prezzi, che non si deteriora e tende ad essere riconosciuto come simbolo, da tutti.

E come molti mercati, il mercato della maternità surrogata prevede la presenza di intermediari che permettono che il processo si realizzi. Gli intermediari attraverso il marketing continuano a diffondere l’idea altruistica della maternità per altri, lasciando immaginare la costruzione di rapporti con la madre surrogata, pretendendo contemporaneamente che si instaurino i rapporti tipici del mercato libero-scambista. Ma, essendo un mercato con forte asimmetria informativa, il ruolo degli intermediali diventa fondamentale per i futuri genitori.

Le agenzie controllano che la madre surrogata abbia un comportamento non nocivo per il bambino, che non fumi, che non si droghi, che si presenti periodicamente ai controlli medici, che non beva e non abbia rapporti non protetti. Contemporaneamente informano sullo stato di salute di una potenziale donatrice di ovuli. Tutto ciò avviene perché gli intermediari sono repeat player, ovvero sono coloro che hanno acquisito le informazioni sulle parti in gioco, ovvero sui donatori di ovuli e sperma – qualora servissero − sulla madre surrogata e sui futuri genitori.

Ciò significa che le loro informazioni permettono che lo scambio vada a buon fine, che non ci siano inconvenienti e che le controparti non cambino idea, poiché tali fattori rendono fortemente incerto questo mercato. Un mercato perfettamente concorrenziale si basa su 4 assunti fondamentali: price taking, omogeneità del prodotto, libertà di entrata ed uscita e perfetta informazione.

Il price taking si realizza quando una singola impresa non ha la capacità di influire sul prezzo di mercato, il quale viene assunto come dato. L’omogeneità di un prodotto si ha quando i prodotti sul mercato sono perfettamente sostituibili gli uni con gli altri, e il prezzo non può differire da quello di mercato. Vi è libertà di entrata e di uscita se non vi sono prezzi costi che rendano difficile l’ingresso o l’uscita da questo mercato. Quando tutti gli operatori sono a conoscenza di tutte le informazioni su tutte le variabili che compongono il mercato[32].

Come abbiamo visto questi quattro assunti non si realizzano, poiché solo gli intermediari possiedono tutta l’informazione generando asimmetria informativa tra le parti, i prodotti non sono perfettamente sostituibili in quanto le agenzie possono alzare i prezzi senza rischiare di perdere i loro clienti per la presenza di una domanda inelastica. Le differenti legislazioni in merito alla surrogacy impediscono che i prodotti siano perfettamente sostituibili tra loro.

I beni del mercato della maternità surrogata sono i bambini controllati per la loro qualità, sottoposti a selezione di sesso, di salute o semplicemente per cambio di idea da parte dell’acquirente. I bambini “prodotti” attraverso maternità surrogata sono oggetti di contratto, vittime di un sistema che finge di volerli tutelare, di pensare al loro “superiore interesse”, perché se veramente i promotori della maternità surrogata volessero proteggere i diritti dei bambini, non li considererebbero ab origine come merce da scambiare. C’è un’ipocrisia di fondo, una bieca e multiforme strumentalizzazione dei bambini e dei loro diritti.

I bambini nati da surrogata subiscono l’improvvisa e  totale interruzione del legame con la propria madre naturale e sono intenzionalmente deprivati del contatto e della conoscenza di uno o di entrambi i genitori biologici, in diretta violazione della Convenzione dei Diritti dell’Infanzia.

Il motivo principale per cui nel modo ci sono spinte verso la diffusione ed accettazione della GPA va ricercato negli interessi economici di coloro che traggono profitti da questa pratica (intermediari, avvocati, cliniche per la fertilità).

Nell’attuale economia-mondo capitalistica, in cui il circuito del denaro deve espandersi continuamente ed è il profitto a decidere quali attività verranno intraprese (sia nella sfera civile sia in quella militare, in quest’ultima con la garanzia dei pagamenti dello Stato), l’esplosione numerica dei ricorsi alla GPA da un decennio a questa parte è probabilmente correlata alla crisi, all’aumento delle disuguaglianze (più denaro per comprare bambini da una parte e più bisogno economico dall’altra), al bisogno appunto di configurare nuovi mercati per nuove merci, soprattutto di lusso come un bambino, e attingere a nuove occasioni di profitto.

Leggere gli annunci delle agenzie che pubblicizzano le loro surrogate lascia un’impressione inquietante, come questo dell’agenzia Matching Angels: «Florida; Surrogata gestazionale con esperienza Amy è una 35enne madre di 3 bambini. È anche una surrogata con esperienza che nel 2007 ha partorito un bimbo surrogato. Ha portato [carried] gemelli (i propri, concepiti con la Fiv). Ha avuto successo con la Fiv – conosce bene il protocollo. Poiché ha dovuto usare la Fiv per concepire i suoi bambini ed è stata fortunata nel poter avere lei stessa la gravidanza, cosa ardua, vuole aiutare chi ha bisogno dell’aiuto di qualcuno che faccia la gestazione per loro. È disposta a lavorare con coppie sposate, singoli, gay o lesbiche. Il compenso è come segue: Compenso base: $27.000 – include la tariffa per il cesareo (che sarà richiesto). Indennità di spesa mensile: $100. Tariffa per il trasferimento embrionale: $1.500. Tariffa per il ciclo mancato o cancellato: $500. Vestiti premaman: $500 se singolo/$750 se gemelli. Tariffa per la procedura invasiva: $1.500. Assicurazione completa sulla gravidanza e il parto. Tutte le spese pagate per il processo di selezione. Se possibile vorrebbe rimanere in Florida Centrale per il trasferimento embrionale, vorrebbe stare in zona a causa dei suoi bambini. Quindi se aveste un medico nell’area di Orlando/Gainesville/Tampa sarebbe un +. Per maggiori informazioni su questa meravigliosa candidata contattatemi per favore usando il modulo qui sotto. I migliori saluti e auguri per il bambino. Laura per Amy».[33]

Il desiderio di avere figli  −seppur umanamente comprensibile − non può e non deve tuttavia giustificare l’introduzione per legge di un nuovo istituto giuridico, la gestazione per altri, perché comunque si configuri questo istituto (anche negli eventuali e rarissimi casi di vera e totale gratuità), esso dischiuderà sempre la porta all’industria, che da una parte usa le donne come “incubatrici” normalizzando lo sfruttamento, mentre dall’altra parte considera i neonati come cose che si possono separare dalla madre per lucro e per meri desideri personali. Quella stessa industria che non considera i bambini quali esseri umani ma come merce preziosa alla base di un business redditizio.

Si può donare una cosa propria, ma con un bambino si ha una relazione: un essere umano non è appunto una cosa. Sulle eccezioni delle donne generose non vale la pena di legiferare perché la “gravidanza per altri” non è un dono.

La gravidanza è il punto di origine di nuove relazioni umane che non devono essere create appositamente per poi troncarle. Riconosciamo il progresso umano nel passaggio da società basate sullo status rispetto a quella basate sul contratto. Ma facciamo ora un altro passo avanti per passare dal fondamento sul contratto a quello sulla relazione umana[34].

[1] Si tratta di un termine del lessico filosofico, attestato per la prima volta nell’italiano scritto nel 1984, secondo il GDU, Grande Dizionario italiano dell’Uso diretto da Tullio De Mauro. È un sinonimo del termine reificare, più noto di cosificare oltre lo steccato dello specialismo settoriale. Ecco la definizione di reificare secondo il Vocabolario Treccani.it: «1. Prendere per concreto l’astratto, cioè considerare concetti, categorie, idee, rapporti astratti alla stregua di oggetti concreti. 2. Far decadere a cosa, trattare alla stregua di cosa materiale: reificare l’arte, i valori culturali». In dipendenza da questa seconda accezione, reificare vale anche, «nel pensiero marxista, ridurre, nel processo produttivo capitalistico, il lavoro a merce e l’uomo a oggetto» (GDU).

[2] Sama–Resource Group for Women and Health (2012), Birthing a Market. A Study on Commercial Surrogacy, New Delhi: Sama.

[3] C. Lonardi, Intrafamilial surrogacy: Motivations, imaginary and current reality, in Italian Sociological Review, 2020, 20, pp. 605-630.

[4] A. Stoicea-Deram, Introduction: What is surrogacy for (East-European) feminism?, in Analize – Journal of Gender and Feminist Studies, 2016, 6, pp. 3-11.

[5] H. Jacobson, A limited market: The recruitment of gay men as surrogacy clients by the infertility industry in the USA, in Reproductive Biomedicine and Society Online, 7, pp.14-23; S. Saravanan, A Transnational Feminist View on Surrogacy, Springer, Berlin, 2018.

[6] C. Corradi, Motherhood and the contradictions of feminism: Appraising claims towards emancipation in the perspective of surrogacy, in Current Sociology Monographs, 69, 2021, pp. 158-175.

[7] S. Rudrappa, The impossibility of gendered justice through surrogacy bans, in Current Sociology, 2021, 69, pp. 286-299.

[8] T. Gerrits, Assisted reproductive technologies in Ghana: transnational undertakings, local practices and ‘more affordable’ IVF, in Reproductive biomedicine & society online, 2016, 2, pp. 32-38.

[9] A. Guseva, V. Lokshin, Medical conceptions of control in the field of commercial surrogacy in Kazakhstan, in Salute e Società, 2019, 18, pp. 26-43.

[10] S. Saravanan, A Transnational Feminist View on Surrogacy, 2018, Springer, Berlin.

[11] Una coppia di genitori indiani fa nascere un bambino con gli spermatozoi del figlio morto di tumore: https://www.bionews.org.uk/page_96375. Una coppia inglese fa estrarre dal figlio morto in un incidente stradale spermatozoi con i quali fa concepire un erede, partorito da surrogante negli Stati Uniti: https://europa.today.it/attualita/nipote-fecondazione-assistita.html.

[12] Cfr. https://www.rainews.it/archivio-rainews/articoli/Thailandia-bimbo-down-abbandonato-dai-genitori-australiani-adottivi-la-coppia-nega-00f91a2c-c7d1-4fd7-a9c6-e5626197dfc2.html.

[13] Cfr. https://www.ilmattino.it/societa/persone/bangkok_madri_surrogate-3560737.html

[14] Osservatorio sul turismo procreativo, Turismo procreativo: la fuga continua, anche senza indicazione medica, 2012, in https://docplayer.it/1120903- Turismo-procreativo-la-fuga-continua-anche-senza-indicazione-medica.htm.

[15] S. Rudrappa, The impossibility of gendered justice through surrogacy bans, in Current Sociology, 2021, 69, pp. 286-299.

[16] O. Bobrzynska, Surrogate motherhood: Current trends and the comparative perspective, in P. Mostowik,  Fundamental Legal Problems of Surrogate Motherhood: Global Perspective. Warsaw, Wydawnictwo Instytutu Wymiaru Sprawiedliwosci, 2019, pp. 645-658.

[17] L. Cohen, Operability, bioavailability, and exception, in A. Collier S.J., Global Assemblages: Technology, Politics, and Ethics as Anthropological Problems, Oxford, Blackwell, 2007, pp. 79-90.

[18] Cfr. https://espresso.repubblica.it/attualita/2023/04/05/news/mappa_maternita_surrogata-.

[19] Cfr. file:///C:/Users/donor/Downloads/24+BARLETTA%20(2).pdf.

[20] S. Saravanan, A Transnational Feminist View on Surrogacy, Springer, Berlin, 2018, p. 24.

[21] H. Ragoné, Surrogate Motherhood. Conception in the Heart, Oxford, Westview press, 1994; A. Pande, Wombs in Labor, New York, Columbia University Press, 2014; A. Hovav, Producing moral palatability in the Mexican surrogacy market, in Gender & Society, 2019, 20, pp. 1-23.

[22] C.S. Gueronzi, Gift narratives of US Surrogates, in  Italian Sociological Review, 2020, 10, pp. 561-577.

[23] H. Jacobson, Labor of Love. Gestational Surrogacy and the Work of Making Babies, New Brunswick, Rutgers University Press, 2016.

[24] D. Bandelli, L’immaginario del discorso prosurrogacy. La volontà di potenza degli imprenditori di se stessi nella produzione globale di vite, in Year X, n. 18, December 2021, pp. 283-314, in www.imagojournal.it.

[25] Y.P. Hernandez, Gestación subrogada: una revisión etnográfica para contribuir al debate en México, in  Debate Feminista, 2018, 56, p. 85.

[26] C.M. de Aguirre, International surrogacy arrangements: A global Handmaid’s Tale?, in P. Mostowik, Fundamental Legal Problems of Surrogate Motherhood: Global Perspective, Warsaw, Wydawnictwo Instytutu Wymiaru Sprawiedliwosci, pp. 449-485.

[27]  Tra gli scandali più conosciuti (Saravanan, 2018; Whittaker, 2016) quello di Baby Gammy: nel 2014 una surrogante tailandese dà alla luce due gemelli, di cui uno affetto da sindrome di Down, per genitori committenti australiani che alla nascita ritirano solo il figlio sano. Sempre nello stesso anno, si scopre che un uomo giapponese aveva commissionato ben 16 bambini in Tailandia attraverso una decina di surroganti. Nel 2015, dopo il forte terremoto in Nepal, il governo israeliano vuole mettere in salvo una ventina di bambini appena nati da surroganti indiane per coppie israeliane dello stesso sesso, lasciando invece nel disastro altri bambini e donne incinte (Shalev et al., 2017). Più recente è la vicenda dei neonati nelle culle stipate all’Hotel Venice a Kiev durante il lockdown per l’emergenza COVID-19: i bambini attendevano che i genitori committenti potessero entrare nel paese per ritirarli.

[28] Tra questi Cristiano Ronaldo, Elton John, Ricky Martin, Nicole Kidman, Kim Kardashian e Sarah Jessica Parker; in Italia ha fatto clamore il caso del politico e paladino della lotta alla violenza sulle donne e della causa LGBT Nichi Vendola che con il suo compagno ha avuto un figlio attraverso la GPA all’estero.

[29] M.J. Rodríguez-Jaume, M.J. Gonzalez-Río, D. Jareño-Ruiz, Cross-border reproductive care: Opinions and attitudes of society towards surrogate pregnancy, in Current Sociology, 2021, 69, pp. 266-285.

[30] P. Di Nicola, La maternità nei nuovi immaginari sociali: teorie, conoscenze, pratiche e nuovi modelli riproduttivi, in P. Di Nicola, C. Lonardi, D. Viviani, Forzare la Mano. Natura e Cultura nella Procreazione Medicalmente Assistita, Milano, Franco Angeli, 2019, pp. 15-27. P. Di Nicola, La procreazione medicalmente assistita: primi risultati, in P. Di Nicola, C. Lonardi, D. Viviani, Forzare la Mano. Natura e Cultura nella Procreazione Medicalmente Assistita, Milano, Franco Angeli, 2019, pp. 29-51; D. Viviani, Performance e predeterminazione, artificialità e supremazia del codice, in P. Di Nicola, C. Lonardi, D. Viviani, Forzare la Mano. Natura e Cultura nella Procreazione Medicalmente Assistita, Milano, Franco Angeli, pp. 1-17.

[31] A. Smith, An Inquiry Into the Nature and Causes of the Wealth of Nations, Random House, New York, 1937, cap.1, sez. 2.

[32] R.S. Pindyck, D.L. Rubinfeld, Microeconomia, settima edizione, Pearson, 2009.

[33] cfr. http://www.angelmatcher.com/florida_experienced_gestational_surrogate.

[34] D. Danna, Fare un figlio per altri è giusto. Falso!, 2017, Bari-Roma, pp. 147-150.

* Contributo sottoposto a valutazione.