Mark Regnerus
Docente di Sociologia presso l’Università del Texas (USA) e Presidente dell’Istituto di Austin per lo Studio della Famiglia e della Cultura*

 

Proprio la settimana scorsa, Papa Francesco ha dichiarato che «Viviamo in un clima sociale in cui formare una famiglia sta diventando uno sforzo titanico, anziché un valore condiviso, riconosciuto e difeso da tutti».

Tali affermazioni del Santo Padre sono leggermente differenti da quelle contenute nell’enciclica Amoris Laetitia, nella quale sosteneva che: «il desiderio di sposarsi e formare una famiglia rimane vivo, soprattutto tra i giovani».

Stiamo cercando di convincere le persone a fare quattro cose che si fanno da sempre, senza bisogno di particolari esortazioni: sposarsi (e restare sposati), generare dei figli, godersi le amicizie e prendersi cura degli anziani genitori. Ci riferiamo a quelli che, da tempo, vengono ritenuti gli aspetti più elementari ed ovvi della vita sociale dell’essere umano. Ma tutti questi parametri sono calati ed i giovani sono sempre più stressati e depressi, (non mi meraviglio).

Cosa si può dire circa la recessione del matrimonio e della maternità che non sia già stato detto? Cosa possono offrire gli studiosi che possa motivare o mutare una tendenza che tutti sono in grado di percepire come problematica, ma rispetto alla quale non si può fare nulla? Si parla troppo di politica.

Persino il Santo Padre, la settimana scorsa, ha parlato della necessità di: “politiche lungimiranti”: facciamo questo perché sembra che qui stia l’elemento che può cambiare il comportamento ed influire su tutti.

Le misure volte ad aumentare la popolazione non hanno quasi mai dato frutto, sono sempre state molto costose e sono sempre risultate politicamente vantaggiose, nel senso che aiutano ad ottenere voti più che a risolvere problemi.

Permettetemi di offrirvi un esempio al riguardo: in Polonia, una Nazione che ammiro, il partito di governo ha proposto il “Programma 500+”, in base al quale i genitori ricevono 500 PLN, al mese, per ogni figlio, dal secondogenito in avanti.

Il legislatore si è accorto che tale misura risultava politicamente gradita e si è convinto a modificarla, sovvenzionando tutte le famiglie, mediante una quota per ogni figlio. L’esito che ottiene il provvedimento polacco, scegliendo questa strada, è una sovvenzione erogata direttamente nei conti correnti dei genitori, il che è ottimo. Ciò che mette a repentaglio tale provvedimento è la sua inefficacia.

Secondo il governo polacco: «Il numero di bambini nati nel 2016 era di circa 13.000 unità superiore a quello del 2015. Tale aumento delle nascite è, almeno in parte, ascrivibile al Programma 500+»[1].

Tuttavia, dal 2019 e per tutto il 2022, il loro tasso di fecondità è aumentato da 1,44 ad 1,47 figli per donna, a malapena un aumento momentaneo. Sostanzialmente, la Polonia paga 2.600.000 famiglie, mentre sostiene che lo 0,5% di esse possa essere stato motivato, in parte dal “Programma 500+”, ad avere un ulteriore figlio nell’ultimo anno.

Ciò equivale a cinque bambini in più ogni 1.000 famiglie in età fertile.

Tutto ciò è costoso, è bello, aiuta le famiglie. Ma non contribuirà ad aumentare la popolazione in modo significativo e sostenibile.

Dunque, come fa una nazione ad aumentare la sua popolazione in modo significativo e sostenibile? Quella è la sfida.

Coloro che credono che la vita con dei figli sia più piena e più ricca, non si preoccupano dei soldi. Viceversa, agli scettici, i soldi non bastano mai.

Se riuscite a visualizzare gli indici di fecondità delle nazioni dell’Europa orientale, meridionale e centrale, come nella diapositiva qui sopra, riuscirete a capire qualcosa del motivo per cui esiste un problema culturale.

Tale risultato non è dovuto al COVID, né ad un’economia che va male, né alla mancanza di incentivi erogati direttamente o alla guerra.

Tali fattori non aiutano certamente. Ma non sono tanto dannosi quanto pensa la gente.

No, le persone riescono, attraverso la tecnologia, a inibire la propria fertilità, lo fanno da decenni e continueranno a farlo. La fertilità è un processo biologico molto sensibile a fattori culturali e tecnologici.

Osservate come un gruppo di nazioni si sia omologato essenzialmente ad una cultura della fertilità negli anni successivi al 1990 e come tali nazioni imitino l’una il comportamento dell’altra, con un ritardo minimo. Non si può dare la colpa alle economie post-comuniste o alle economie capitaliste.

Entrambe sono allineate su valori analoghi.

La situazione della Francia, che qui non viene raffigurata, è leggermente migliore. Alcuni si chiedono se ciò sia dovuto solo all’immigrazione. I dati del censimento, in Francia, mostrano che le donne francesi e le immigrate avevano, in media, 1,8 e 2,6 figli per donna. Ma poiché le prime superano di gran lunga le seconde, la fecondità delle donne immigrate contribuisce ad aumentare solo di poco il tasso di natalità in quella nazione[2].

Le preferenze concernenti la maternità, che qui non vengono menzionate, si esprimono in due forme: il numero di bambini che una donna pensa di volere, che, tipicamente, è maggiore dei figli effettivamente generati[3]. Questo è ciò a cui si riferiscono gli studiosi.

Ma esiste un’altra tipologia di preferenze, di cui non si parla quasi mai.

Essa riguarda il numero dei figli che le donne si lasciano convincere a mettere al mondo od a desiderare, se queste madri formano parte di una comunità che comprende donne che la pensano allo stesso modo e si sostengono a vicenda in altri termini, le aspirazioni relative alla maternità non sono fisse, bensì sono abbastanza influenzabili, ciò dipende dal contesto in cui ci si trova.

Uno stato saggio dovrebbe essere scettico nel destinare risorse economiche alla maternità in maniera diretta perché il costo di tali misure è eccessivo rispetto ai benefici.

Anzi, ciò che importa è la cultura della maternità ma non si può pagare per ottenere un cambiamento culturale e non sono l’unico a pensarla in questo modo.

I demografi della Brown University, cercando di comprendere i bassissimi tassi di fecondità dell’Italia, hanno confrontato i fattori culturali ed economici ed hanno stabilito, in modo del tutto dimostrabile, che i fattori sono culturali.

Essi concludono che: «… La chiara importanza delle differenze regionali e della secolarizzazione suggerisce che una tale spiegazione sia, come minimo, incompleta e che debbano essere considerati fattori culturali e valoriali»[4].

E… «Gli studiosi hanno evidenziato un mutamento culturale legato sia alla scelta di auto realizzarsi piuttosto che di formare una famiglia, sia ad un avvicinamento al laicismo piuttosto che alla religione».

Questo ha senso. Avere figli significa credere in qualcosa di altro da sé stessi. Dunque, è presente un aspetto religioso in questa questione. E tuttavia, c’è una tecnologia per prevenire e interrompere la gravidanza, la decisione circa la disponibilità di tale tecnologia è, a sua volta, di natura politica.

(Negli Usa, i farmaci per il controllo delle nascite stanno per essere resi fruibili come farmaci da banco…). E noi siamo abbastanza esperti nel favorire gravidanze più tardi nel periodo di fertilità di una donna. Quindi domina una mentalità di limitazione della fecondità.

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I genitori, che una volta costituivano una parte fondamentale per favorire la formazione da parte dei loro figli di una famiglia, ora sono comunemente parte del problema anziché risorsa. Questo (vedi diapositiva) è sbalorditivo per me negli Usa.

Sembra che noi genitori siamo stati ideologicamente irretiti dal mercato e dal pensiero comune che sostiene che senza un diploma si sia destinati a fallire economicamente e pronti per una profonda infelicità.

Quindi: quali altri fattori rallentano i matrimoni?

L’incertezza endemica, un fenomeno psicologico. Da dove viene tale incertezza? In teoria, l’incertezza potrebbe esortare le coppie ad assumersi un impegno tanto quanto potrebbe rallentarle.

La prospettiva della sicurezza della relazione, della condivisione delle spese della vita quotidiana e dell’aumento del reddito della coppia dovrebbe aiutare[5]. In altre parole, l’impegno matrimoniale dovrebbe diminuire l’incertezza. Ma la maggior parte delle persone non percepisce più il matrimonio in questo modo.

Il ritardo è la reazione di gran lunga più comune all’incertezza, anziché l’accelerazione e questo sta avvenendo, nonostante condizioni economiche generalmente migliori, la drammatica riduzione in condizioni di povertà estrema in tutto il mondo, la diminuzione del numero dei membri nelle famiglie ed un desiderio duraturo di conoscere l’altro e farsi conoscere[6]. Perché? Perché ora il matrimonio viene inteso da molti come “coronamento”, (“elemento ornamentale”) anziché come un “fondamento”[7]. (Si veda diapositiva accanto).

La mentalità comune concernente il matrimonio si è invertita.

Ora il matrimonio è una cosa a cui le persone aspirano, anziché qualcosa che una coppia inizia per compiere i propri desideri.

Questo sembra nobile ma indica una profonda diffidenza in ciò che fa il matrimonio.

Mio figlio ventiquattrenne si sposerà tra due settimane e mentre so, da sempre, che egli ha del potenziale, sono abbastanza sicuro che il matrimonio ed i figli siano le due cose che lo spingeranno ad uscire da sé stesso ed a servire gli altri.

Loro faranno fatica ma possiamo aiutarli, se necessario.

Essi sono un esempio sempre più raro di matrimonio fondativo, non solo per la loro età, ma per quello che faranno insieme, anziché da soli.

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I termini stessi sono illustrativi: una finitura decorativa è il tocco finale di una struttura. È un momento nel tempo. Le fondamenta sono ciò su cui poggia un edificio. Esse sono essenziali, una finitura ornamentale non molto. Le fondamenta sono necessariamente solide. Una finitura è un accessorio che può essere sostituito se necessario.

Quando il matrimonio era considerato fondativo per il corso della vita adulta, più persone si sposavano e ben prima di quanto non facciano oggi (in genere diversi anni prima). Si dava importanza al fatto di costruire qualcosa insieme: una famiglia, forse una carriera ed il successo economico. I matrimoni erano caratterizzati dall’amore ma erano concepiti come funzionali. Ora i genitori consigliano ai figli di concludere la propria formazione, di avviare la carriera e di diventare economicamente indipendenti, poiché la dipendenza è considerata una debolezza.

Ora ci si prepara al matrimonio, anziché sposarsi per raggiungere obiettivi comuni. Invece, il matrimonio stesso è diventato un obiettivo, un successo in sé, che indica che ce l’hanno fatta. Questa prospettiva è di gran lunga la più comune oggi in Occidente e si è diffusa anche ben oltre l’Occidente stesso.

Julia, una ventiquattrenne che abbiamo intervistato (per l’ultimo libro) lavorava nell’ufficio legale di un’azienda manifatturiera ed era netta nel giudizio sul nuovo modello di matrimonio: «Le persone non vogliono sposarsi, finché non hanno un lavoro ben pagato… Si devono ottenere delle lettere credenziali, un lavoro ben pagato per rendere felice la famiglia. La felicità si basa totalmente sul fattore economico».

Secondo l’esperienza di Julia, non sono solo le risorse economiche, ma anche il carattere a riflettersi nella tua posizione lavorativa: «Si dice che una persona matura debba essere autosufficiente. L’autosufficienza coincide con una buona posizione lavorativa. Un impiego meno prestigioso nella pubblica amministrazione, in ufficio, non è più molto apprezzato».

Dunque, mi domando: Un uomo o una donna con un impiego meno prestigioso non dovrebbero mai sposarsi? Sarebbe impensabile e storicamente inaudito ma è quello che stiamo sottintendendo. Il nuovo modello non significa che le persone siano più brave a sposarsi. Semmai, potrebbe essere il contrario. Uno dei miei intervistati ha affermato: «In passato, secondo me, le relazioni erano più mature». Anche Julia ha sottolineato: «Mio padre mi dice, da sempre, che ha cominciato con mia madre dall’inizio. Loro hanno ottenuto un successo».

Questo esempio è arrivato a Julia, che sostiene: «non si deve aspettare a sposarsi fino a trent’anni ed ottenere il lavoro dei propri sogni. Penso che valga la pena affrontare le tappe successive della vita con la persona che si è scelta».

La concezione del matrimonio come una finitura per giungere ad un inizio dell’età adulta caratterizzato dal successo, è considerata un meccanismo di sicurezza, che rafforza l’indipendenza dei coniugi, anziché favorire la loro mutua dipendenza.

Questi sono due adulti che non hanno bisogno l’uno dell’altro, ma si vogliono.

Non riesco a rimarcare a sufficienza quanto sia importante e sottile questo cambiamento culturale. Il matrimonio si sta trasformando dall’essere un istituto di origine popolare, un fenomeno sociale a cui la maggior parte degli adulti nel mondo ha partecipato e di cui ha beneficiato, al diventare un accordo: volontario, elitario, temporaneo e volto al consumo.

Come osserva un demografo, «possedere una casa, un’auto od avere dei risparmi, diventa un modo di valicare un confine simbolico ed avere i requisiti necessari al matrimonio»[8].

Se non ci si possono permettere queste cose, secondo il pensiero comune, non si è pronti per sposarti.

Come affermano gli autori di un altro studio demografico: «Il matrimonio, ma non la convivenza, richiede l’indipendenza economica e residenziale, che si riassume nel fatto di avere abbastanza soldi»[9].

Non sorprende, quindi, che constatiamo una crescente disuguaglianza in Occidente, provocata, in parte, dalla separazione coniugale tra i ricchi ed i poveri.

Le persone agiate aumentano la propria ricchezza ed i propri introiti, mediante un matrimonio tra due persone di successo, mentre, ai meno abbienti, non rimane neppure il mutuo aiuto. La mentalità della “finitura ornamentale” ha trasformato il matrimonio in un bene di lusso inaccessibile.

Può sembrare strano, ma non lo è: Il matrimonio è il vero problema di giustizia sociale della nostra epoca.

Anche la mentalità del matrimonio come “finitura” è diventata un prodotto di esportazione occidentale.

Tuttavia, tale prospettiva non viaggia da sola.

Essa arriva, secondo le parole del demografo Arland Thornton, all’interno di un “insieme di idee” culturali e politiche che suggeriscono che la ricchezza ed il potere derivino dall’adozione delle norme, dei tempi e delle forme occidentali di espressione della famiglia e del matrimonio[10].

Tale idealismo evolutivo, osserva Thornton, può scontrarsi con potenti sistemi sociali e culturali indigeni con visioni contrastanti della vita familiare e sociale.

Papa Francesco utilizza parole dure per quella che chiama “colonizzazione ideologica”: «C’è una guerra globale che cerca di distruggere il matrimonio», affermò egli nel 2016, una guerra combattuta non “con le armi, ma con le idee”[11].

Allo stesso tempo, le aspettative materiali sono aumentate in un mondo in rapida globalizzazione, in cui i media mostrano prontamente come vivono gli altri.

In alcuni luoghi, standard di vita irragionevolmente elevati vengono adattati allo stile di vita locale, come fossero prodotti di esportazione occidentale: nuove norme sempre più distruttive per la vita coniugale.

Un libanese che abbiamo intervistato ha osservato: «Le persone stanno cercando di applicare lo stile di vita europeo», che, secondo lui, riguardava la ricerca del denaro e del piacere. Egli critica i suoi connazionali cristiani libanesi che «Pensano che questo stile di vita sia quello corretto». «Vogliamo imitare l’Occidente», ha osservato, «pensando che gli occidentali abbiano ragione e noi torto».

Magdalena, una ventunenne appena sposata, che ha ribadito i concetti espressi da quest’uomo affermando che «Le ideologie occidentali, che vengono imposte al nostro sistema di credenze, stanno cercando di distruggere il nostro concetto di famiglia»[12].

Allo stesso modo, Paweł un laureato di 24 anni, aveva scarsa considerazione dei consigli sulle relazioni che venivano dall’Occidente (cioè, Stati Uniti, Regno Unito e Francia): «Molti cattolici (in Polonia) non lo capiscono o, anche se lo capiscono pensano che quei modelli che vengono dall’esterno siano buoni».

John, uno studente ventenne cattolico a Lagos, attribuisce alla globalizzazione la colpa della recessione nel numero di matrimoni che percepisce in Nigeria: «La gente si sta abituando così bene alla cultura di altre persone, che si stanno omologando molto facilmente a loro e, nel farlo, stanno dimenticando il proprio patrimonio culturale». Egli ha poi proseguito mostrando l’America come esempio di “esportatore” di norme interpersonali mai esistite prima in Nigeria.

In altri termini, il Papa aveva ragione riguardo alla colonizzazione ideologica.

Nella storia, gli uomini e le donne hanno reagito a periodi economici temporaneamente difficili, ritardando il matrimonio e la maternità.

Tuttavia, ciò che le coppie di oggi non sembrano interessate a fare, è abbassare le loro aspettative in termini di beni materiali. Se si ha la possibilità di ottenere una cosa, la si dovrebbe perseguire, questa è la mentalità ed è un segno del primato dello standard della “finitura ornamentale”.

Nella prospettiva di fondare una famiglia, essere appena sposati e poveri era difficile, previsto e (tipicamente) temporaneo.

Nello standard della “finitura decorativa”, la povertà è segno che c’è qualcosa che non va, non sei ancora pronto per il matrimonio.

Il cammino verso la formazione di una famiglia − cioè, verso il matrimonio e la nascita dei figli − viene oggi ritardato, ignorato e disprezzato, in altre parole, si sta perdendo. La popolazione mondiale valorizza il vincolo coniugale perché le donne, per natura, capiscono che la stabilità e la cosa migliore per i figli.

Quindi il matrimonio è fondamentale per la riproduzione ed essa è essenziale per la prosperità delle nazioni.

Tali avvenimenti si stanno verificando, nonostante, o forse a causa della positività della modernità.

Fino a tempi molto recenti, l’Occidente godeva di redditi medi più alti, di una salute migliore, di una vita più lunga e di comunicazioni sicuramente più rapide. Ognuna di queste cose è buona, anche se ci si presentano con delle conseguenze indesiderate.

Ora, possiamo fare una ricerca vasta e rapida per trovare un compagno\a e le possibilità di relazione sono ben più numerose. E tuttavia, non sembra che tali possibilità contribuiscano, in modo affidabile, a relazioni più stabili e ad un aumento del numero di matrimoni.

Al contrario, esse rendono le persone più esigenti e danno loro la falsa impressione che ci siano decine di potenziali buone opportunità di relazione e , per i manipolatori, più opportunità sessuali scevre da impegno.

Ora, la trappola della bassa fertilità non è ancora scattata. (E comunque, la trappola è un costrutto teorico; non è sicura).

Anzi, essa è uno scenario prospettato, in cui un’intera generazione di cittadini di un paese sperimenta una profonda crisi demografica ed un ritardo importante del proprio periodo di fertilità, in modo tale che diventa più difficile uscire da quella mentalità, perché un’intera generazione è stata indotta a pensare in quel modo. Non impossibile, ma difficile.

Grazie al cielo, l’atto sessuale rimane generativo e fecondo, questo aiuta.

Nel libro intitolato “Perché il Liberalismo ha Fallito”, il politologo di Notre Dame, Patrick Deneen, documenta lo svuotamento di costumi, pratiche e riti generazionali che sono radicati in contesti locali e particolari[13]. È il libero mercato che ha diffuso norme di una parte del mondo, liberando molte persone dalla povertà.

Eppure, come non concludere che il libero mercato abbia incoraggiato anche le masse a diventare consumatori più che madri e padri (che sono “produttori”).

Questa cultura, uguale per tutti, evidente nella convergenza dei tassi di fecondità a livelli quasi minimi in gran parte dell’Europa meridionale e orientale, promette qualcosa che non riesce a mantenere. Essa promette la salvezza, attraverso un lavoro e una carriera significativi, ma tale cultura trova le proprie origini nel mercato, che non ha riguardo per le cose più importanti: la famiglia, la comunità, la fede.

Nella mia ricerca ho scoperto che i libanesi sembrano uguali ai messicani e spagnoli che sembrano uguali ai russi e agli americani. Persino i polacchi ed i nigeriani somigliavano sempre più agli americani.

Alla fine, si stanno perdendo le diverse culture ed è emersa una cultura dominante e standardizzata, la cui critica è qualificata come nazionalismo o, in modo ridicolo, fascismo. Non lasciate che tali accuse rimangano inconfutate.

La moderna secolarizzazione non ha nulla a che vedere con l’incapacità di credere.

Non è irrazionale cercare di formare una famiglia. Volete l’irrazionalità? Cercate, per anni, di ingannare il vostro corpo e fargli credere che siate incinta, dichiarate di essere di sesso contrario al vostro, trascorrete delle ore a guardare TikTok.

La secolarizzazione ha una grandissima pertinenza con la distrazione digitale.

Ma non guardate al mercato per contestare tali irrazionalità: il mercato ha tratto vantaggio dall’irrazionalità e dalla fantasia ed è agnostico per ciò che concerne la persona umana, la famiglia ed il modo in cui potremmo prosperare.

Voi non dovete essere così.

L’Occidente ha bisogno di un’istituzione culturale che offra speranza, promuova il matrimonio, critichi una sessualità smodata, elogi la castità tra l’uomo e la donna, valorizzi le famiglie, si rallegri per i bambini e aiuti le persone a raggiungere questi fini.

All’Occidente, non occorre una politica, ma un percorso. Ne conosco uno ed anche voi lo conoscete: la Chiesa.

Dunque, forse occorre tornare a dare ascolto a tale istituzione che esiste già.

Dobbiamo dare l’esempio.

* Traduzione a cura della Redazione.

 

[1] https://www.gov.pl/web/family/family-500-programme.

[2] S. Volant-G. Pison-F. Héran : «La France a la plus forte fécondité d’Europe. Est-ce dû aux immigrées?», in Population & Sociétés, vol. 568, no. 7, 2019, pp. 1-4.

[3] Negli Stati Uniti, il mancato raggiungimento dei desideri di fertilità è più comune tra le donne con livelli di istruzione più elevati e tra coloro che ritardano il primo matrimonio oltre i 25 anni. Si veda N. Nitsche, S. R. Hayford, Preferences, Partners, and Parenthood: Linking Early Fertility Desires, Marriage Timing, and Achieved FertilityDemography 1, December 2020; 57 (6): 1975–2001. doi: https://doi.org/10.1007/s13524-020-00927-y.

[4] D.I. Kertzer-M.J. White-L. Bernardi-G. Gabrielli, Italy’s Path to Very Low Fertility: The Adequacy of Economic and Second Demographic Transition Theories, Eur J Popul, 2009 Febraio; 25 (1):89-115. doi: 10.1007/s10680-008-9159-5.

 

[5] G.S. Becker, A Theory of Marriage, Part I.

[6] Secondo la Banca Mondiale, «Nei 25 anni dal 1990 al 2015, il tasso di povertà estrema è sceso in media di un punto percentuale all’anno – da quasi il 36% al 10%… La previsione preliminare della Banca Mondiale è che la povertà estrema è aumentata è sceso all’8,6% nel 2018». Si veda Decline of Global Extreme Poverty Continues but Has Slowed: World Bank, The World Bank, September 19, 2018, https://www.worldbank.org/en/news/press-release/2018/09/19/decline-of-global-extreme-poverty-continues-but-has-slowed-world-bank. The quotes are from paragraphs 6 and 8.

[7] Cfr. A. Cherlin, The Marriage-Go-Round: The State of Marriage and the Family in America Today (New York: Vintage, 2010); A. Cherlin, Marriage has Become a Trophy, The Atlantic, March 20, 2018, https://www.theatlantic.com/family/archive/2018/03/incredible-everlasting-institution-marriage/555320/. Si vedano anche gli scritti della sociologa Kathryn Edin, fra i quali K. Edin-J. M. Reed, Why Don’t They Just Get Married? Barriers to Marriage among the Disadvantaged, in The Future of Children 15 (2005), pp. 117-137.

 

[8] Cfr. D. Schneider, Wealth and the Marital Divide, in American Journal of Sociology 117 (2011), pp. 627-667. La citazione è tratta dalla pagina 633.

[9] P. J. Smock-W. D. Manning-M. Porter, ‘Everything’s There Except Money’: How Money Shapes Decisions to Marry among Cohabitors, in Journal of Marriage and Family 67 (2005), pp. 680-696. La citazione è tratta dalla pagina 688.

[10] Ibid., p. 68. Si veda A. Thornton, Reading History Sideways: The Fallacy and Enduring Impact of the Developmental Paradigm on Family Life (Chicago: The University of Chicago Press, 2005). La frase citata si trova a pagina 136.

 

[11] I. San Martín, Pope Calls Gender Theory a ‘Global War’ Against the Family, in Crux, October 1, 2016, https://cruxnow.com/global-church/2016/10/01/pope-calls-gender-theory-global-war-family/.

[12] La questione delle “ideologie occidentali” tocca da vicino Magdalena. La sua unica sorella, una sorella maggiore che studia per un dottorato in una città a diverse ore da Lublino, «ha punti di vista completamente diversi dai miei…. Il nostro rapporto non è mai stato cordiale. Mia sorella è un’attivista LGBT ed è atea, quindi può avere un’enorme influenza sulle nostre relazioni». Quanto sono diverse le loro prospettive? Molto. Magdalena spiega: «Credo che le ideologie occidentali che si impongono al nostro sistema di credenze stanno cercando di distruggere il nostro concetto di famiglia in modo da farci pensare che non ci sia differenza tra una relazione sacramentale, una convivenza, una relazione omosessuale o eterosessuale….Tuttavia, Non posso rendere uguali queste relazioni. Penso che il matrimonio sacramentale sia qualcosa di completamente diverso e incomparabile. Penso che a causa di tali ideologie, il concetto di matrimonio cambi tra le persone che non sono ben radicate nella religione, incerte delle proprie convinzioni. Conosco molte persone che affermano di essere religiose, ma cambiano il loro punto di vista a seconda di ciò che qualcuno dice loro. Conosco molte persone che affermano di essere religiose, ma pensano che non ci sia niente di sbagliato nelle relazioni omosessuali e nell’adozione di bambini da parte di tali coppie. Penso che queste ideologie esercitino un’enorme influenza sul modo in cui le persone percepiscono il matrimonio».

 

[13] Cfr. P. Deneen, Why Liberalism Failed, pp. 64-65.