Paolo Maci
Avvocato in Lecce, Professore a contratto di legislazione scolastica
Università telematica Pegaso

Covid-19 e scuole paritarie: a rischio la tenuta del sistema di istruzione*

Sommario: 1. La crisi della scuola paritaria nel tempo dell’emergenza da Covid-19 – 2. Le conseguenze “dirette” della normazione sull’emergenza. La prevalenza della natura del servizio erogato – 3. Le conseguenze “indirette” della normazione dell’emergenza. La prevalenza del rilievo attribuito alla natura dell’ente erogatore del servizio ‒ 4. Il paradosso del sistema nazionale dell’Istruzione: una parità nei fini ma non nei mezzi ‒ 5. L’allarme dei Vescovi italiani e dei vertici delle Scuole Cattoliche ‒ 6. La necessità di una politica attiva nella Fase 2 per valorizzare il ruolo delle scuole paritarie.

 

  1. La crisi della scuola paritaria nel tempo dell’emergenza da Covid-19

 

A vent’anni di distanza dalla approvazione della legge n. 62/2000, che ha sancito l’appartenenza delle scuole paritarie al sistema nazionale di istruzione[1] e ne ha riconosciuto il ruolo all’interno del servizio pubblico[2] si leva da più voci un grido di allarme al fine di scongiurarne una crisi incombente. Il decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020, il c.d. Cura Italia, convertito in legge il 24 aprile 2020, che rappresenta il primo tra i provvedimenti aventi forza di legge con i quali è stato dato inizio alla c.d. Fase 2 e che attribuisce a tutti i soggetti colpiti dall’emergenza provvidenze economiche e strumenti finanziari finalizzati a sostenerne la transizione verso la fase della ripresa, non prevede nulla a sostegno delle scuole paritarie, nonostante i tentativi in tal senso di alcuni gruppi parlamentari nel dibattito in sede di conversione[3]. La destinazione in loro favore di una parte delle provvidenze destinate al sistema nazionale di istruzione per dotarsi «dei materiali per  la  pulizia straordinaria dei locali, nonché di dispositivi  di  protezione  e igiene personali, sia per il  personale  sia  per  gli  studenti» prevista dall’art. 77, infatti, sembra persino irridente rispetto ad una situazione che – giorno dopo giorno – è diventata sempre più drammatica, sia in ordine alle difficoltà oggettive che tutte le scuole paritarie stanno affrontando in questo periodo, sia rispetto, soprattutto, a quanto succederà nel prossimo futuro. Le scuole paritarie, infatti, proprio per la collocazione all’interno del sistema pubblico della istruzione, da una parte, e per la singolarità della loro natura, dall’altra, rischiano di essere l’anello più debole del sistema e di rimanervi schiacciate, se non si assumeranno delle decisioni ‒ ormai indifferibili ‒ in grado di garantirne la tutela.

 

  1. Le conseguenze “dirette” della normazione sull’emergenza. La prevalenza della natura del servizio erogato

 

Le scuole paritarie, come tutti i soggetti protagonisti del sistema formativo italiano, sia statali sia non statali, sono state destinatarie di quelle norme che ne hanno determinato la chiusura, o quantomeno disposto l’interruzione dell’attività didattica in presenza progressivamente su tutto il territorio nazionale: a partire dal d.l. n. 9/2020, che tra le norme dettate per le prime “zone rosse” aveva statuito la possibilità della «sospensione dei servizi educativi dell’infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, compresa quella universitaria, salvo le attività formative svolte a distanza»[4].

Tali misure sono state ribadite con maggior vigore e precisione dal d.l. n. 19/2020, stavolta applicabili «su specifiche parti del territorio nazionale ovvero, occorrendo, sulla totalità di esso»[5] che ha previsto la possibilità di adottare «per periodi predeterminati, ciascuno di durata non superiore a trenta giorni, reiterabili e modificabili anche più volte fino al 31 luglio 2020, termine dello stato di emergenza dichiarato con delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020, e con possibilità di modularne l’applicazione in aumento ovvero in diminuzione secondo l’andamento epidemiologico del predetto virus»[6], «secondo principi di adeguatezza e proporzionalità»[7] provvedimenti che dispongano la «sospensione dei servizi educativi per l’infanzia (…) e delle attività didattiche delle scuole di ogni ordine e grado (…) ferma la possibilità del loro svolgimento di attività in modalità a distanza»[8]. Tra i due decreti legge, le fondamenta nella costruzione dell’impianto normativo dell’emergenza, i noti DPCM che, a partire dal 6 marzo 2020, hanno dato l’indicazione tangibile dell’aggravarsi della epidemia e della sua contestuale estensione su tutto il territorio nazionale e che si sono occupati anche di tradurre le disposizioni di normazione primaria nel mondo della scuola in atti di applicazione concreta.

 

  1. Le conseguenze “indirette” della normazione dell’emergenza. La prevalenza del rilievo attribuito alla natura dell’ente erogatore del servizio

 

Se l’impatto dell’emergenza dovuta al Covid-19 ha prodotto gli stessi effetti immediati su tutto il comparto che nel nostro Paese si occupa dell’educazione e della istruzione/formazione, determinando la chiusura di tutti gli istituti e modificandone le modalità di fruizione con la previsione della didattica a distanza – che il d.l. n. 22/2020 ha reso obbligatoria quanto meno fino alla fine dell’anno scolastico in corso[9] ‒ di altra natura sono le conseguenze che su quegli stessi enti si riverberano per effetto dell’impianto normativo dell’emergenza a seconda del tipo di soggetto erogatore del servizio che si prende in considerazione.

È evidente, seguendo proprio lo schema suggerito dalla legge n. 62/2000, che individua nel sistema nazionale dell’istruzione – inteso nel suo complesso – oltre alle scuole gestite dallo Stato (e dagli enti locali) le scuole non statali paritarie, e la terza gamba dell’istruzione non statale non paritaria[10]. Accade allora che mentre tutti gli enti erogatori di servizi di educazione e istruzione (le scuole statali, quelle non statali paritarie e quelle non statali private non paritarie) sono destinatari delle stesse norme tra quelle previste per contenere l’espandersi del contagio in ragione del tipo di attività svolta, con medesime conseguenze “immediate” rinvenienti dalla applicazione di quelle norme (la chiusura o l’erogazione di didattica a distanza, ove possibile), gli effetti ulteriori rispetto all’applicazione della normativa emergenziale – per come sta prendendo forma nel nostro Paese – sono differenti perché prescindono dalla natura del servizio offerto, ma sono legate alla natura del soggetto che quel servizio eroga.

È proprio questa schizofrenica impostazione del sistema a produrre ulteriori conseguenze negative. Le scuole statali beneficiano di un sistema di protezione connaturato alla loro natura di articolazioni della organizzazione statuale, che da una parte vede una tutela piena del personale dei ruoli dirigenziali, di quello docente e di quello non docente e dall’altra garantisce la tenuta e l’efficienza delle strutture in quanto sotto la responsabilità dell’ente pubblico di riferimento (lo Stato, la provincia, il comune), mentre le scuole non statali e non paritarie, alla luce di quanto previsto dal d.l. n. 18/2020 fruiscono di tutte le provvidenze messe in atto per sostenere l’impresa privata, di cui le stesse condividono la natura. E quindi, oltre alla cassa integrazione in deroga per gli eventuali dipendenti, anche l’erogazione delle provvidenze economiche previste per i soggetti che svolgano attività imprenditoriale, commisurate al tipo di utilizzo previsto per il denaro richiesto e al volume d’affari sviluppato per l’anno precedente.

Le scuole paritarie invece, che la legge vuole «senza fini di lucro»[11], per come è strutturato l’impianto normativo dell’emergenza fruiscono soltanto della cassa integrazione in deroga per i dipendenti, qualunque sia il loro numero. Non possono vantare né le garanzie che lo Stato e gli altri enti pubblici territoriali assicurano circa la tenuta, le spese di ordinaria e straordinaria manutenzione e di gestione degli edifici che ospitano gli istituti scolastici né delle provvidenze economiche di cui – di converso – fruiscono le scuole non statali e non paritarie che invece, avendo fini di lucro, strutturano la gestione della propria attività quale attività di impresa.

 

  1. Il paradosso del sistema nazionale dell’Istruzione: una parità nei fini ma non nei mezzi

 

È  questo il paradosso a cui stiamo assistendo: quello in cui un pezzo rilevante del sistema di istruzione nazionale – quello che fa riferimento alle scuole paritarie – parte essenziale e integrante del sistema pubblico di istruzione – viene lasciato solo da quello Stato che vent’anni fa, grazie a una riforma del sistema che intendeva finalmente dare attuazione alla previsione costituzionale, aveva preso atto e dato dignità a un sistema strutturato di enti, istituzioni, organizzazioni che senza scopo di lucro condividevano gli stessi fini pubblici perseguiti dallo Stato. E aveva garantito un servizio di educazione e di istruzione che esisteva ben prima che la scuola statale venisse ad esistenza, mettendo in piedi un progetto educativo «improntato ai princípi di libertà stabiliti dalla Costituzione»[12]. Aveva garantito inoltre «un piano dell’offerta formativa conforme agli ordinamenti e alle disposizioni vigenti», la «pubblicità dei bilanci», «la disponibilità di locali, arredi e attrezzature didattiche propri del tipo di scuola e conformi alle norme vigenti», «l’iscrizione alla scuola per tutti gli studenti i cui genitori ne facciano richiesta (…); l’applicazione delle norme vigenti in materia di inserimento di studenti con handicap o in condizioni di svantaggio; l’organica costituzione di corsi completi», l’assunzione in servizio di personale dirigente e di docenti con il possesso dei relativi titoli cui vengano garantiti contratti individuali di lavoro nel rispetto di quelli collettivi nazionali di settore[13].

Questo a fronte del solo pagamento delle rette richieste per l’iscrizione di alunni e studenti. È evidente, allora, che venuto meno l’obbligo del pagamento delle rette a seguito della chiusura delle scuole (salvi differenti accordi coi genitori degli iscritti), al netto delle spese del personale, sostenute per una percentuale importante dalla cassa integrazione in deroga prevista dal d.l. Cura Italia, almeno fino al 31 luglio 2020, tutte le altre risorse necessarie al mantenimento in vita delle scuole paritarie manchi inesorabilmente all’appello.

 

  1. L’allarme dei Vescovi italiani e dei vertici delle Scuole Cattoliche

 

Per questo è giustificata la protesta del Consiglio Permanente della CEI, secondo cui le scuole paritarie “se già ieri erano in difficoltà sul piano della sostenibilità economica, oggi ‒ con le famiglie che hanno smesso di pagare le rette a fronte di un servizio chiuso dalle disposizioni conseguenti all’emergenza sanitaria ‒ rischiano di non aver più la forza di riaprire»[14]; e quella della presidente dell’Unione superiore maggiori d’Italia (Usmi) madre Yvonne Reungoat e del presidente della Conferenza italiana dei superiori maggiori (Cism) padre Luigi Gaetani, secondo cui «senza un intervento serio dello Stato, il 30% delle scuole pubbliche paritarie sarà destinato a chiudere entro settembre, se non si dichiarerà bancarotta già entro maggio»[15]. Il problema, come dicono ancora i Vescovi Italiani, non è solo quello relativo alla sussistenza per migliaia di dipendenti: oltre al venir meno dei «principi ‒ centrali in democrazia – di libertà educativa e di sussidiarietà», vi è anche quello del possibile «aggravio di alcuni miliardi di euro all’anno sul bilancio della collettività» e quello costituito dalla mancanza di servizi con cui supplirne l’assenza[16]. Anche a non voler ricorrere, come in questo particolarissimo frangente sarebbe consentito ‒ quanto meno per l’enorme mole di provvedimenti che sono stati messi in atto in tal senso ‒ a misure eccezionali ed in deroga a quanto previsto dall’ordinamento, come quella della previsione di un fondo straordinario per sopperire all’emergenza, la soluzione potrebbe essere trovata proprio all’interno dell’ordinamento. Con l’incremento del fondo da assegnare alle famiglie previsto dall’art. 9 della Legge n. 62/2000, con un intervento diretto delle Regioni a garanzia del diritto allo studio pure previsto dalla Legge 62/ 2000[17].  O attraverso la detraibilità totale delle rette pagate dalle famiglie per garantire la frequenza alle scuole paritarie, come auspicano Usmi e Cism[18] con il sostegno dei Vescovi Italiani[19].

 

  1. La necessità di una politica attiva nella Fase 2 per valorizzare il ruolo delle scuole paritarie

 

Una possibile soluzione al problema non può e non deve risiedere soltanto in interventi di natura economica. L’enorme patrimonio umano e di strutture delle scuole paritarie (180.000 tra docenti e operatori scolastici, 12.000 sedi scolastiche distribuite su tutto il territorio nazionale)[20] potrebbe rivelarsi utilissimo per agevolare la ripresa nella fase 2 nel comparto istruzione. Come suggerito da Cism e Uism, le paritarie, con la loro maggiore flessibilità, potrebbero cominciare ad accogliere, con le dovute cautele e le necessarie precauzioni, almeno una parte degli alunni più piccoli durante le fasi iniziali della ripresa, quando i genitori che sono in grado di lavorare non sapranno come gestire i figli. Non solo: potrebbero mettere a disposizione delle scuole statali, a partire da settembre, quando, come sembra, dovrebbe riprendere l’attività didattica “in presenza”, una parte dei loro edifici, spesso non del tutto utilizzati, per «garantire un sufficiente “distanziamento socialein una sorta di patto educativo e civico»[21] che rinsaldi quella visione unitaria del sistema nazionale di istruzione fatta propria dal dettato costituzionale e ribadita dalla Legge n. 62/2000, per molti versi ancora inattuata.

 

* Contributo sottoposto a valutazione.

 

[1] art. 1 comma 1 Legge 62 del 2000.

[2] art. 1 comma 3 Legge 62 del 2000. La dottrina si è molto interrogata sulla effettività della appartenenza al servizio pubblico delle scuole paritarie. Tra gli altri: S. Cornella, Scuola pubblica e scuola privata tra regole di diritto e principi comunitari, in F. Cortese (a cura di), Tra amministrazione e scuola. Snodi e crocevia del diritto scolastico italiano, Napoli, 2014; M. Parisi, Istruzione laica e confessionale, nello Stato delle autonomie, Napoli, 2008; A. Ferrari, Libertà scolastiche e laicità dello Stato in Italia e Francia, Torino, 2002;  M. Croce, La scuola pubblica e la scuola privata, in F. Angelini – M. Benvenuti (a cura di), Le dimensioni costituzionali dell’istruzione, atti del convegno di Roma, 23-24 gennaio, Napoli;  R. Morzenti Pellegrini, Istruzione e formazione nella nuova amministrazione decentrata della Repubblica: analisi ricostruttiva e prospettive, Milano, 2004.

[3] Sulle iniziative dei gruppi parlamentari in favore di modifiche in sede di conversione del d.l. n. 18 cfr. C. Giojelli, Toccafondi: «Lo Stato non può permettersi la chiusura delle paritarie», in Tempi, https://bit.ly/3ev7Ig2 (consultato il 26.04.2020); cfr. anche l’intervista del 26 aprile 2020 a Virginia Kaladich, Presidente Fidae, in https://bit.ly/36EeVIj.

[4] Art. 1 comma 2 lett. d) DL n. 6 del 2020.

[5] Art. 1. comma 1 DL 19 del 2020.

[6] Ibidem.

[7] Art. 1 comma 2 DL 19 n. 2020.

[8] Art. 1 comma 2   lettere p) e q) del d.l. n 19/2020.

[9] Art. 2 del Decreto Legge n. 22 del 2020.

[10] Art. 1 comma 7 Legge n. 62 del 2000.

[11] Art. 1 comma 8 della Legge n. 62 del 2000.

[12] Art. 1 comma 3 della Legge n. 62 del 2000.

[13] art. 1 comma 4 della Legge n. 62 del 2000. Sul punto, Cfr. Centro Studi per la scuola cattolica, Dirigere e coordinare le scuole: scuola cattolica in Italia: sesto rapporto, Roma, 2004.

[14] Cfr. I. Maffeis, Scuole paritarie, l’ultima campanella, in Sir Agenzia d’informazione, 26 aprile 2020, https://bit.ly/3dcB1nF

[15] E. Lenzi, L’allarme. Scuole paritarie, il 30 per cento a rischio chiusura, in Avvenire, 26 aprile 2020, https://bit.ly/3epdMqD.

[16] Cfr., I. Maffeis, Scuole paritarie, l’ultima campanella, cit. In questo senso cfr. anche A. Zambrano, “Uccidere le paritarie: così il Governo condanna lo Stato”, in La Nuova Bussola, 9 aprile 2020, https://bit.ly/3eqQe4t.

[17] Art. 11 della Legge n. 62 del 2000.

[18] Cfr. Comunicato stampa Cism e Uism del 16.04.2020, in https://bit.ly/2AjZhFz.

[19] E. Lenzi, L’allarme. Scuole paritarie, il 30 per cento a rischio chiusura, cit.

[20] Cfr. Comunicato stampa, cit.

[21] Ivi.