Francesco Camplani
Assegnista di ricerca, Università di Macerata
Dottore di ricerca in diritto penale, Università degli Studi di Napoli “Parthenope”*

 

Sommario: 1. L’abolizione del reato di “pubblicità abortiva” di cui al § 219a StGB. Introduzione e sintesi di un dibattito (dis)informativo ‒ 2. Brevi note storico-sistematiche. L’introduzione del reato e i precedenti ‒ 2.1 L’introduzione del § 219a StGB ‒ 2.2 Un antecedente storico solo parzialmente conferente ‒ 2.3 La “soluzione dei termini” e la sua dichiarazione di incostituzionalità nell’ottica del bilanciamento di beni. L’approdo alla “soluzione della prescrizione sociosanitaria” ‒ 2.4 Le vicende del reato di pubblicità per l’interruzione di gravidanza; ‒ 3. Il diritto vigente, fra la protezione del bene giuridico della vita nascente e la “soluzione della prescrizione sociosanitaria”‒ 3.1 La persistente incriminazione dell’interruzione di gravidanza e il sistema delle scriminanti ‒ 3.2 Interruzione di gravidanza, flankierende Regelung e tutela di funzioni. I reati di danno ‒ 3.3 Interruzione di gravidanza e consulenza preventiva, fra StGB e legislazione speciale ‒ 3.4 I reati di pericolo. La norma sopravvissuta ed il reato di traffico di strumenti abortivi ‒ 4.  La norma del § 219a StGB ‒ 4.1 Elementi costitutivi del reato abolito ‒ 4.2 Implicazioni politico-criminali della norma e della sua abolizione ‒ 5. L’abolizione era l’unica soluzione? ‒ 5.1 La depenalizzazione ‒ 5.2 L’abolizione parziale ‒ 5.3 Osservazioni ‒ 6. Conclusioni.

 

 

  1. L’abolizione del reato di “pubblicità abortiva” di cui al § 219a StGB. Introduzione e sintesi di un dibattito (dis)informativo

 

È notizia recente l’approvazione della legge che prevede, a partire da luglio 2022, l’abolizione del § 219a dello Strafgesetzbuch tedesco[1], recante il reato di “pubblicità per l’interruzione di gravidanza” (Werbung für den Abbruch der Schwangerschaft).

La fattispecie di reato era da tempo posta in discussione, essendo stata posta al centro di virulente discussioni politico-mediatiche in almeno altre due occasioni. La prima era stata nel 1992[2], subito dopo la Wiedervereinigung. La seconda volta nel 2018[3], a seguito della condanna di due ginecologhe – che, secondo le fonti giornalistiche, pare si limitassero ad informare sulla pratica dell’operazione nel proprio studio medico – per il reato in questione[4].

In entrambe le occasioni, la maggioranza parlamentare e il Governo federale avevano sostanzialmente ostacolato l’iniziativa, pur accettando forme di compromesso su altri aspetti della legislazione amministrativa e penale in materia di interruzione della gravidanza.

Per quanto riguarda la virulenta discussione accesasi nel 2018, rimane iconica la frase dell’allora Ministro federale della Sanità Jens Spahn: «Quando si tratta della vita degli animali, in tal caso, alcuni di coloro che oggi si battono per l’aborto sono indisponibili ad ogni compromesso»[5]. In tale circostanza, in assenza della disponibilità del Governo federale e della maggioranza del Bundestag, si era quindi saggiata anche la possibilità di sollevare questione di costituzionalità, provando a porre in contrasto il § 219a StGB con il diritto alla libertà professionale sancito dall’Art. 12 del Grundgesetz: ma la giurisprudenza e la (scarna) dottrina in materia – fonti di interpretazione cui il Bundesverfassungsgericht, così come anche i tribunali ordinari, tributano esplicitamente credito − si mostravano per lo come più contrari ad un possibile accoglimento della stessa[6].

Di avviso opposto a quello di Spahn sono stati, negli ultimi mesi, alcuni ministri del Governo federale in carica, che parlano dell’abolizione come una svolta per la tutela dei medici e delle donne[7]. Il Governo federale stesso ha presentato, per il tramite della persona del Cancelliere federale, la proposta integralmente abolitrice risultata prevalente[8].

La discussione sull’abolizione non si è limitata alla sola compagine politica. Il Governo federale ed il Bundestag, infatti, hanno promosso un’articolata audizione che ha coinvolto un gruppo di esperti[9], fra esponenti di associazioni, professori di diritto penale[10] e medici. Si può notare, dato invero piuttosto singolare, la presenza di una delle ginecologhe incriminate nel 2018[11] fra le persone consultate per l’occasione. Non sono mancati anche persone ed enti di portatori di visioni diametralmente opposte[12].

La questione travalica ampiamente i confini della Bundesrepublik, avendo suscitato l’attenzione anche dalla stampa nostrana. Una buona parte di essa, già pronta a sorreggere le precedenti iniziative abolitrici, accoglie con entusiasmo la notizia, leggendovi una grande conquista per la tutela dei diritti delle donne e l’abolizione di una norma “oscena”[13] di origine nazionalsocialista. A causa della vicinanza cronologica delle notizie, si potrebbe financo ipotizzare l’intenzione di una lettura in senso revanscista nei confronti della sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti sul caso Dobbs Vs. Jackson, nella speranza che l’abolizione del §219a StGB in una delle principali potenze europee costituisca una sorta di replica al rovesciamento di Roe Vs. Wade.

Dal dibattito testé sintetizzato è rimasto fuori un vero e proprio “convitato di pietra”, cui invece il presente contributo intende incentrarsi: la norma stessa, il suo testo, la sua interpretazione, il suo funditus e la sua storia. Scarse e (a voler essere generosi) imprecise sono state le notizie sulla storia e sul contenuto effettivo di una siffatta norma incriminatrice oggi abolita, ancor meno quelle sulle relative implicazioni e sul suo ruolo nel sistema del diritto penale tedesco. Conviene premettere considerazioni minime e sintetiche circa il suo contesto, prima di entrare nel merito della figura di reato testé abrogata.

 

  1. Brevi note storico-sistematiche. L’introduzione del reato e i precedenti

 

  • L’introduzione del § 219a StGB

 

Il § 219a StGB, come suggerisce il sottonumero “a”, non è parte dell’impianto originario dello Strafgesetzbuch[14]. Esso è infatti frutto della quinta riforma organica del diritto penale (5. Strafrechtsreform) con legge 18 giugno 1974[15], pubblicata sul Bundesgesetzblatt (“Rivista delle leggi federali”) n. 63 del 21 giugno 1974.

In esito della riforma, il reato di “aborto” (Abtreibung) veniva ridenominato in reato di “interruzione di gravidanza” (Schwangerschaftsabbruch), tuttora vigente col medesimo nomen juris. In coerenza con questo dato nominale e con la retrostante scelta valoriale, ne riformulava alcuni elementi fondamentali: tanto è testimoniato dal passaggio della focalizzazione sull’uccisione del concepito da parte della donna o di persona da lei autorizzata, presente nella versione previgente («Eine Frau, die ihre Leibesfrucht abtötet oder die Abtötung durch einen anderen zuläßt,…», «Una donna, che uccide il frutto del concepimento o permette l’uccisione tramite altri, …»)[16] a quella sulla condotta di interruzione della gravidanza da chiunque commessa («Wer eine Schwangerschaft abbricht», «chiunque interrompe una gravidanza»)[17].

A latere del fatto tipico, ad ulteriore testimonianza di un cambiamento di visione nel senso del bilanciamento fra volontà della gestante e vita del nascituro, il legislatore inseriva le ampie clausole di giustificazione e di non punibilità che saranno oggetto di analisi nel prosieguo, in particolare per mezzo dell’interpolato § 218a. Suddetta riforma avrebbe preceduto di pochi mesi l’approvazione e l’entrata in vigore della versione vigente dello Strafgesetzbuch (1975)[18].

Queste primissime notazioni storiche appaiono sufficienti per affermare che hanno sbagliato grossolanamente e colpevolmente le numerose fonti giornalistiche che hanno ricollegato il reato di pubblicità abortiva alla riforma nazionalsocialista dello Strafgesetzbuch e ad una politica criminale volta a limitare l’aborto, o quantomeno l’informazione in proposito[19].

Si può anzi osservare, scorrendo il testo della legge di riforma sul Bundesgesetzblatt n. 63 del 21 giugno 1974, la firma del cancelliere socialdemocratico Helmut Schmidt, in quel momento da poche settimane succeduto a Willy Brandt.

 

  • Un antecedente storico solo parzialmente conferente

 

Va tuttavia specificato, per completezza d’informazione, che la perversa epopea della legislazione nazionalsocialista offre un elemento idoneo ad ingenerare equivoci.

Esisteva, a ben vedere, la norma incriminatrice del § 220 StGB, entrata in vigore con legge del 26 maggio 1933[20] – emanata quando la Germania era ancora retta da un governo di coalizione – che si prestava a ricomprendere anche parte delle condotte che, tra il 1974 e il 2022, sono state previste e punite dal § 219a StGB.

Tale norma presentava tuttavia un tenore radicalmente diverso ed in sostanza ben più vago ed indeterminato di quello dell’abolito § 219a, anticipando la punibilità alla semplice offerta al pubblico di servizi abortivi propri o altrui – del tutto indipendentemente dalle modalità concrete ‒ o all’offerta di finanziamenti per l’operazione, onde punire tale condotta anche nel caso di desistenza o recesso da un’operazione abortiva già organizzata[21].

Si trattava, peraltro, di una previsione che si inseriva in un contesto culturale e giuridico completamente diverso, nel quale, da un lato, l’aborto costituiva reato – e reato, appare utile precisare, contro la vita (wider das Leben) − fin dalla versione originaria (1871) dello Strafgesetzbuch[22]: in quest’ottica, è possibile osservare che il giudizio di disvalore verso l’aborto non costituisse un’esclusiva del regime nazionalsocialista. Esso anzi, con legge del 26 giugno 1935, avrebbe introdotto per la prima volta una scriminante per il medico che operava la «Schwangerschaftsunterbrechung», termine a-valoriale anch’esso volto ad indicare l’interruzione di gravidanza[23], «secondo le regole dell’arte medica per evitare un serio pericolo per la vita o per la salute della gestante e con il suo consenso», collocandola nel § 14 della legge di sistema per la custodia della discendenza affetta da malattie ereditarie[24] (Gesetz zur Verhütung erbkranken Nachwuchses).

Proprio dall’intitolazione di tale legge si ricava, a ben vedere, un dato di contesto fondamentale. Il governo totalitario di Adolf Hitler, infatti, avrebbe impostato la protezione giuridica della vita in un’ottica completamente diversa e, in sostanza, recessiva di fronte alla tutela «del sangue e dell’onore» (Blut und Ehre), ideali ricorrenti financo nelle intitolazioni delle leggi dell’epoca, a partire dalle – sia consentito – infami leggi di Norimberga del 1935.

Portando ad estreme conseguenze – anche a causa del diverso grado di avanzamento tecnico e scientifico delle rispettive società − quanto avvenuto nell’Italia fascista, di conseguenza, lo stesso oggetto giuridico della tutela sarebbe slittato verso beni giuridici pubblici come la demografia nazionale o l’integrità della stirpe, attribuendo di conseguenza un’importanza del tutto secondaria alla tutela personalistica promossa dalle Chiese e assurta a principio fondamentale nelle carte costituzionali del secondo dopoguerra[25] e che rappresentava, in ultima istanza, il fine della norma postbellica e di matrice democratica del § 219a StGB.

L’ideologia del miglioramento eugenetico della razza come quadro inclusivo anche di ogni considerazione in materia di legislazione sull’aborto, peraltro, avrebbe trovato riscontro nel fatto che la legislazione degli anni successivi si sarebbe impegnata nella promozione di una politica eugenetica volta – secondo teorie scientifiche oggi ampiamente falsificate – a depurare la “razza ariana” da malattie psichiche e deformità fisiche, ricorrendo a tal fine anche a strumenti abortivi, di sterilizzazione di uomini e donne in età fertile o di soppressione di neonati, operati nelle strutture sanitarie pubbliche prescindendo dalla volontà dei genitori[26].

In quest’ottica, la minaccia di sanzione recata dal § 220 StGB introdotto nel 1933[27] nei confronti dei privati che, in qualsiasi modo (e non secondo modalità ben identificate), offrissero servizi abortivi rappresentava tutt’al più uno strumento del governo demografico della popolazione tedesca e non certo uno strumento di tutela di persone. L’idea era quella di dissuadere dall’aborto di soggetti “ariani” e sani, favorendo invece la scomparsa di individui “inferiori” o “difettosi”.

 

  • La “soluzione dei termini” e la sua dichiarazione di incostituzionalità nell’ottica del bilanciamento di beni. L’approdo alla “soluzione della prescrizione sociosanitaria”

 

Completamente diverso è il quadro della disciplina nel quale si contestualizza, invece, il reato di pubblicità per l’interruzione di gravidanza, non a caso collocato in una sede diversa da quella del § 220 StGB, abrogato nel 1974 e mai più tornato in vigore. A tal riguardo, è bene dedicare brevi note alle vicende che hanno riguardato la norma che ha dichiarato, su più livelli, la non punibilità dell’interruzione di gravidanza.

La versione originaria del già menzionato § 218a StGB, infatti, era connotata da un carattere radicalmente più libertario di quello della disposizione vigente, arrivando a prevedere la totale irrilevanza penale dell’interruzione di gravidanza praticata da un medico entro le prime 12 settimane[28]. Non è un caso che la dottrina parli, in proposito, di una originaria “soluzione o disciplina dei termini”, Fristenlösun[29] o Fristenregelung[30].

Ciò avrebbe condotto il Tribunale costituzionale federale, il Bundesverfassungsgericht con sede a Karlsruhe (Baden-Württemberg), ad una pronuncia di incostituzionalità i cui principi rappresentano tuttora, nonostante il progressivo allontanamento culturale dalla temperie compromissoria dell’epoca[31], un cardine per il diritto costituzionale e penale. Essa rappresenta peraltro un esempio paradigmatico di quel processo logico della Rechtsgüterabwägung, del bilanciamento di beni giuridici, che rappresenta un cardine nella giustizia costituzionale della Bundesrepublik.

In tale pronuncia, infatti, veniva affermato che lo Stato federale tedesco, in quanto onerato del compito fondamentalissimo di tutelare l’incomprimibile dignità umana (Art. 1 GG) e il diritto alla vita (Art. 2 Abs. II GG), comprimibile per legge in casi ben delimitati, deve garantire un adeguato equilibrio fra il diritto a nascere – anch’esso oggetto di garanzia costituzionale e bene giuridico autonomo rispetto alla salute della donna gestante intenzionata ad interrompere la gravidanza – e le istanze della gestante, in particolare richiedendo la prova di motivazioni qualificate che conducano all’interruzione di gravidanza, definita peraltro dalla corte alla stregua di “condotta di uccisione” con il termine a-valoriale “Tötungshandlung[32].

Dall’articolata motivazione della sentenza si evince il profilo del bene giuridico della vita prenatale, quale processo continuo di evoluzione senza scatti e “termini” veri e propri che crea – si noti il ricorso al linguaggio filosofico-naturalistico e pregiuridico − «l’individuo umano» (das menschliche Individuum), che avviene in dipendenza del corpo della madre e rappresenta il presupposto necessario della vita postnatale. Da queste particolarità emergerebbe quindi il suo valore costituzionale in relazione al diritto alla vita, ma anche il suo possibile conflitto con beni di pari – e non superiore – livello pertinenti, appunto, alla persona della madre[33].

Alla dichiarazione di incostituzionalità del § 218a StGB e al giudizio negativo sulla Fristenlösung seguiva, pertanto, l’approvazione e l’entrata in vigore di una nuova disciplina per mezzo della quindicesima riforma organica del diritto penale (15. Strafrechtsänderungsgesetz) con legge 18 maggio 1976, che reintroduceva il § 218a StGB[34] dotandolo, questa volta, della “soluzione della prescrizione sociosanitaria”, Indikationslösung[35], ancor oggi vigente nelle sue linee fondamentali. Idea fondamentale del sistema su essa imperniato dovrebbe essere l’individuazione delle ragioni giuridicamente accettabili per rendere (lato sensu) non punibile un fatto tipico di reato, nella specie l’interruzione di gravidanza, e ricondurla ad un ambito di “autoresponsabilità”[36].

Nel complesso dell’evoluzione della disciplina, si potrebbe osservare un dato di fondo. Il legislatore tedesco del 1974 e − a fortiori – del 1976, come d’altronde quello italiano del 1978, era chiaramente ben lungi dal voler riconoscere un diritto all’aborto. La ratio della non punibilità (lato sensu) dell’interruzione di gravidanza era piuttosto basata sull’idea che l’aborto, quale fenomeno socialmente problematico, fosse meglio gestibile facendolo emergere dall’illegalità, ponendolo in carico alla sanità sia pubblica che – a differenza di quanto previsto dalla legge n. 194/1978[37] – privata. Si tratta di un profilo sul quale non pare si possa asserire che entrambe le legislazioni abbiano avuto pienamente successo[38].

 

  • Le vicende del reato di pubblicità per l’interruzione di gravidanza

 

Il reato di pubblicità abortiva sarebbe stato momentaneamente “riallocato” al § 219b StGB per mezzo della quindicesima legge di riforma del diritto penale datata 18 maggio 1976 (Artt. 1, commi 6 e 7)[39], che avrebbe istituito un ulteriore reato di “accertamento medico scorretto” (Unrichtige ärtzliche Feststellung), per poi tornare alla collocazione originaria in virtù della legge del 27 luglio 1992 (Art. 13 nn. 1, 17) dedicata, da titolo, “alla tutela della vita nascente, alla creazione di una società amichevole per l’infanzia, all’assistenza nei conflitti di gravidanza e alla regolazione dell’interruzione di gravidanza[40].

Quest’ultima legge, volta ad uniformare le leggi amministrative e penali in materia di aborto della da poco scomparsa Repubblica Democratica Tedesca con quelle della Bundesrepublik, contiene anche il testo della Gesetz zur Vermeidung und Bewältigung von Schwangerschaftskonflikten, legge per la prevenzione ed il superamento dei conflitti inerenti alla gravidanza, abbreviata Schwangerschaftskonfliktgesetz e dotata dell’acronimo SchKG, che regola al dettaglio la consulenza preventiva.

Uno sguardo ai lavori parlamentari della riforma del 1974 può essere particolarmente utile pe avere una prima comprensione circa la contestualizzazione del § 219a StGB. Financo il legislatore socialdemocratico del 1974, che aveva improntato la disciplina della Fristenlösung alla più marcata a-valorialità, si era premurato di prevedere un limite alla pubblicità abortiva al fine di evitare che «l’interruzione di gravidanza venga rappresentata come qualcosa di normale e fatta oggetto di commercio»[41], fine da contemperare con la necessaria informazione di base sulla prestazione sanitaria in questione.

Si tratta di un giudizio politico-criminale “di compromesso”, con quest’ultimo lemma qui utilizzabile nella sua funzione sostantivale, che sembra lecito sospettare sia stato compromesso – ricorrendo al termine, questa volta, nella sua funzione aggettivale − dall’abolizione del § 219a StGB. Per giungere ad una più solida conclusione sul punto, tuttavia, si rende utile analizzare sinteticamente il modello della Indikationslösung e della tutela “collaterale” apprestata alla materia[42].

 

  1. Il diritto vigente, fra la protezione del bene giuridico della vita nascente e la “soluzione della prescrizione sociosanitaria”

 

  • La persistente incriminazione dell’interruzione di gravidanza e il sistema delle scriminanti

 

L’osservazione sulla storia della norma suggerisce l’utilità di ampliare la prospettiva al complesso della disciplina penale ed amministrativa dell’interruzione di gravidanza legalizzata e alla sua storia recente anche per l’inquadramento della norma dell’abolito § 219a StGB, nella specie premettendo sintetiche note sul sistema dell’incriminazione dell’interruzione di gravidanza alla luce della Indikationslösung. Quest’ultima costituisce il discrimine fra l’interruzione di gravidanza lecita o – quantomeno – esente da pena e quella penalmente rilevante[43].

Come si è già in parte ricordato, la disposizione del § 219a StGB si inserisce nel titolo della parte speciale della codificazione penalistica dedicato ai reati contro la vita (Straftaten gegen das Leben): vale a dire, il 16. Abschnitt, contenente i §§ da 211 a 222.

Essa fa parte del microcosmo della disciplina penale dell’interruzione di gravidanza, tuttora prevista come reato dal § 218 StGB. Di tale sottosistema è comunemente dato, dalla dottrina, un riconoscimento a parte rispetto a quello dei reati contro la vita, in termini di “reati contro la vita futura” (Straftaten gegen das werdende Leben) o “nascente” (Straftaten gegen das keimende Leben), che sarà privilegiata nella presente sede per la sua maggior pregnanza[44].

L’impianto della previsione incriminatrice del § 218 StGB risultante dalla riforma del 1974 – i cui risultati sono stati mantenuti anche a seguito della riforma organica dello Strafgesetzbuch, intervenuta l’anno successivo − presenta sostanziali differenze rispetto agli aboliti artt. 545-546 ss. del codice penale italiano, che rassomigliavano piuttosto alle versioni precedenti al 1974 del paragrafo in esame.

L’incriminazione si concentra, innanzitutto, su chi materialmente interrompe la gravidanza, punendolo con la reclusione fino a tre anni o con la multa in ammontare corrispondente in quote giornaliere (Abs. 1), punendo anche il tentativo (Abs. 4). L’auto-interruzione da parte della stessa gestante è punita con la più mite pena di un anno (Abs. 3); per quest’ultima, il tentativo rimane esente da pena (Abs. 4). Una fattispecie aggravata è prevista qualora l’interruzione avvenga contro la volontà della gestante o con pericolo per la sua stessa vita (Abs. 2)[45].

Sottolinea parte della dottrina tedesca, sulla scia della giurisprudenza costituzionale e di legittimità, che la diminuzione della pena rispetto all’omicidio, il cui campo di applicazione si restringe alla vita post-natale, non sarebbe dovuto, in teoria, ad un diverso giudizio qualitativo sul bene giuridico della vita nascente, bensì al riconoscimento della complessità della situazione di una gravidanza non desiderata, sì  da rappresentare una situazione di conflitto per la gestante[46].

Il riconoscimento della sussistenza di due beni giuridici separati per quanto concerne la vita della donna gestante e la vita nascente ha consentito di ravvisare, nei casi in cui si tentasse o si compiesse un omicidio nei confronti della prima, nella coscienza della sua gravidanza, un concorso fra il reato di omicidio e quello di interruzione non volontaria di gravidanza[47].

È doveroso notare che, con una riforma del 1993 intervenuta sul Absatz (comma) 1[48], è stato escluso dalla definizione legislativa di interruzione di gravidanza l’uso di farmaci che abbiano il risultato di impedire l’annidamento: in sostanza, vengono esclusi dal fatto tipico oggettivo tanto l’uso dei farmaci a base di lernovogestrel quanto il ricorso al più pesante ulipistral acetato.

Siffatto emendamento recepiva un orientamento affermatosi nella dottrina e nella prassi applicativa fin dai primi anni Settanta, quindi da prima delle riforme del 1974 e del 1976. Nel sistema della Fristenlösung, tale orientamento era implicitamente presente nel termine dilatorio dei tredici giorni dal concepimento. La positivizzazione esplicita dell’annidamento era confluita in un primo momento nelle definizioni contenute nel § 219d StGB, vigente dal 1976 al 1993, poi abrogato dalla riforma del 1992. Nel contesto di quest’ultima riforma, la definizione è stata trasmutata nella vigente indicazione dell’irrilevanza delle condotte pre-nidatorie e traslata nel § 218 StGB.

Si può quindi rilevare che sin dalle origini della legislazione vigente sull’aborto il momento iniziale della tutela coincide non con il concepimento, bensì appunto con l’annidamento (Einnistung o Nidation)[49].

Queste ultime misure di politica criminale muovevano solo parzialmente nel senso indicato da parte della dottrina, che affermava addirittura la necessità di definire, piuttosto che la condotta incriminata, l’oggetto materiale del reato, il quale avrebbe dovuto essere definito alla stregua di “ovulo annidato” onde evitare di revocare in dubbio la liceità degli interventi operati su gravidanze extrauterine[50].

Ponendosi al di fuori di una siffatta discussione, si può in ogni caso rilevare che fin dalle origini della discussione sull’aborto, per quanto riguarda la fase pre-nidatoria, ogni forma di tutela è del tutto assente, il che pone (ancora una volta) in evidenza l’annoso problema dell’arbitrarietà – alla cui analisi è opportuno riservare una diversa sede − del discrimen giuridico-positivo fra ciò che sia vita e ciò che non lo sia.

L’elemento psicologico che deve sorreggere il fatto tipico soggettivo è, pacificamente, il dolo. La dottrina indica la rilevanza anche di quello eventuale[51], il cui spazio – ad avviso di chi scrive – è comunque leggermente compresso dall’irrilevanza penale delle condotte pre-nidatorie.

L’incriminazione dell’interruzione di gravidanza per mezzo del § 218 StGB rimane, nel diritto vigente a seguito della riforma del 1974, un dato piuttosto formale. Il successivo § 218a StGB, nella sua versione vigente a seguito della riforma del 1976, pur non avvicinandosi al radicalismo della Fristenlösung del 1974, ha infatti l’effetto di esentare pressoché completamente da pena l’interruzione di gravidanza compiuta secondo le procedure di accertamento medico cui la disposizione rimanda con ampiezza. In considerazione del fatto che tali indicazioni sono contenute in parte nello StGB, in parte nella SFHG, si può parlare a pieno titolo di una tutela strumentale imperniata su una funzione amministrativa statale, in tedesco «Daseinsvorsorge»[52].

La previsione e punizione dell’interruzione di gravidanza rimane, pertanto, una sorta di presidio simbolico che testimonia un giudizio di problematicità anche dal punto di vista meramente giuridico-costituzionale dell’operazione. Tuttavia, essa dispiega la sua piena effettività principalmente contro i soggetti che pratichino aborti senza le adeguate qualifiche sanitarie, in virtù della nota delicatezza dell’operazione e del potenziale offensivo congiunto, in quest’ultimo caso, verso la vita nascente e la salute della donna gestante[53]. Solo nei confronti dei medesimi soggetti, di conseguenza, saranno applicabili le cause di giustificazione e di esclusione della colpevolezza previste dalla parte generale della codificazione (§§ 32-35 StGB).

La norma è costruita su quattro commi che, “a scalare”, intervengono sui tre elementi che compongono l’analisi del reato, secondo la progressione di seguito indicata. Ad ogni comma corrisponde un’indicazione di differente natura[54]. L’elemento dei termini, come è evidente dalla lettura delle disposizioni, non è scomparso, ma perde di centralità rispetto alla Fristenlösung.

(a) Il Absatz 1 conteneva la cd. prescrizione medica (medizinische Indikation)[55]. In relazione ad essa, si prevede che il fatto tipico del § 218 StGB non è integrato (Der Tatbestand des § 218 ist nicht verwirklicht) qualora sia la gestante a chiedere l’interruzione e quest’ultima venga effettuata dal medico solo dopo aver accertato che la richiedente abbia richiesto la consulenza preventiva, regolata dal § 219 StGB, almeno tre giorni prima dell’operazione stessa, il tutto entro e non oltre la dodicesima settimana di gravidanza (di fatto, una in meno rispetto a quanto previsto dalla legge n. 194 del 1978).

L’indicazione medica si atteggia, quindi, quale clausola di esclusione della tipicità. Si tratta di un’evoluzione quantomeno discutibile, dal momento che sembra in qualche modo negare l’offensività del fatto e, in tal misura, la consistenza dell’oggetto giuridico del reato, quasi che al di fuori di certi limiti la vita nascente non fosse riconoscibile quale bene giuridico.

La medesima disposizione, nella sua versione originaria, presentava infatti l’indicazione medica come una causa di giustificazione, affermando che al ricorrere dei medesimi presupposti “l’interruzione di gravidanza non è antigiuridica” («Der Schwangerschaftsabbruch ist nicht rechtswidrig»[56]): l’idea retrostante ad una siffatta scriminante, della quale pur si denunziava un’interpretazione particolarmente lata e in tal misura idonea ad eludere i principi affermati dal Bundesverfassungsgericht[57], presentava, quantomeno, una maggiore coerenza ad un sottosistema penale ed amministrativo evidentemente dedicato – mantenendo ferma l’ottica del Tribunale costituzionale federale – a risolvere un palese conflitto tra diritti e beni giuridici autonomi.

(b) Il Absatz 2 prevedeva due cause di giustificazione (Rechtfertigungsgründe) o scriminanti attinenti alla sfera della medicina d’urgenza (Notlagenindikation)[58] e a quella socio-economica, al ricorrere delle quali cade qualsiasi previsione di un termine massimo per l’operazione interruttiva della gravidanza[59].

Secondo il tenore letterale della disposizione, infatti, il fatto realizzato non è antigiuridico (ist nicht rechtswidrig) qualora la richiesta dell’interruzione di gravidanza sia realizzata, nell’ottica delle condizioni di vita presenti e future della gestante, in presenza di pericoli medicalmente attestati per la salute fisica o psichica di quest’ultima, e questi ultimi non possano essere altrimenti evitati. Gli accertamenti medici realizzati a tal fine supererebbero la necessità della consulenza preventiva.

Tale scriminante “di parte speciale” riproduce, nello specifico di un fatto che comunque richiede valutazioni professionali complesse, lo schema dello stato di necessità scriminante di cui al § 34 StGB[60].

Va specificato che la versione originaria della norma prevedeva specificamente una scriminante apposita di carattere genetico o, come si potrebbe dire sulla base delle critiche acutamente mosse da parte della dottrina, eugenetica, collocata nel primo periodo del secondo comma (originariamente organizzato su tre periodi). Essa giustificava l’interruzione di gravidanza sulla base di una valutazione medica fondata sulle malformazioni embrionali e fetali, oppure sui timori connessi alle patologie genetiche ereditarie di uno dei genitori[61].

Tale abrogazione ed abolizione parziali sono stati giudicati come problematici da parte della dottrina, una cui parte apprezzabilmente riconosceva l’ambiguità del messaggio lanciato, che sembra andare nel senso di incentivare l’aborto di individui a vario titolo disabili[62]. Sembra del resto agevole osservare quanto un simile incentivo riecheggiasse – esso sì, diversamente dal § 219a – in chiave maldestramente moderna alcune delle più degeneri previsioni della già rimembrata legislazione nazionalsocialista.

(c) Anche il Absatz 3 prevede una causa di giustificazione, la quale – diversamente da quelle di cui al Absatz 2 – ha natura etico-criminologica e prevede nuovamente un termine massimo entro cui operare l’interruzione, fissato nuovamente alla dodicesima settimana[63].

Tale disposizione, infatti, scrimina l’aborto nel caso in cui si possa provare, sulla base di accertamenti medici, che la gravidanza origini da fatti di violenza sessuale (§§ 176-178 StGB). Anche in questo caso si soprassiede alla consulenza preventiva.

Tale causa di giustificazione gode di uno specifico avallo da parte del Tribunale federale costituzionale nella già ricordata sentenza di incostituzionalità, che la mantenne in vigore sino al nuovo intervento del legislatore – secondo la potestà conformativa di cui è dotato per mezzo delle sue sentenze – pur avendo caducato il resto del § 218a StGB[64].

(d) Il Absatz 4 prevede due elementi di fatto che sembrano atteggiarsi a mere cause di non punibilità o esimenti, piuttosto che cause di esclusione della colpevolezza o scusanti.

La prima prevede il caso dell’aborto entro la ventiduesima settimana, purché a seguito di una consulenza: l’oggettività dei dati fattuali ivi coinvolti sono tali che l’esimente in questione è sottratta alla discrezionalità del giudice.

La seconda contempla il caso dell’aborto avvenuto anche in data posteriore alla ventiduesima settimana, purché in stato di particolare minaccia (in besonderer Bedrängnis) per l’incolumità della gestante: circostanza, questa, che razionalmente è rimessa alla discrezionalità tecnica del giudice.

Appare evidente, al termine della sintetica analisi proposta, quanto il sistema a scalare della Indikationslösung crei un contesto di ampia liceizzazione dell’aborto, esercitato comunque quale facoltà sottoposta ad adempimenti amministrativi invero più “leggeri” di quelli previsti dalla legge 194 del 1978, seppur entro termini più rigorosi. Ricapitolando, essi possono essere indicati nella consulenza da parte di un medico diverso da quello che interverrà, seguita da termine dilatorio di tre giorni, cui potrà conseguire un intervento da parte di un medico in contesto tanto ospedaliero quanto ambulatoriale[65].

Rimane tuttavia un presidio “ideale” di portata tutt’altro che simbolica, indicativa di un’attenzione non trascurabile ad un bilanciamento fra beni giuridici autonomi fra i quali, in alcuni casi, si riconosce la ricorrenza di un conflitto da sanare.

 

  • Interruzione di gravidanza, flankierende Regelung e tutela di funzioni. I reati di danno

 

Il sistema di “incriminazione scriminata” costituita dal combinato dell’interruzione di gravidanza con il «sistema dell’indicazione», come testé analizzato, nello stesso momento in cui crea un’area di liceità “condizionata” dà vita, perciò stesso, ad una serie di occasioni di delinquenza “di contorno” rispetto alle procedure che rendono lecita l’operazione abortiva.

Ricorrendo quindi alla tecnica della “regolazione di fiancheggiamento” (flankierende Regelung), caratterizzata da misure sia successive che preventive rispetto al fatto, sia punitive che meramente dissuasorie (la consulenza), il legislatore federale tedesco ha istituito una serie di norme che delineano in linea di massima – quanto necessario a farle assistere da un sottosistema di ulteriori fattispecie delittuose – una procedura preventiva rispetto all’operazione interruttiva della gravidanza, per la cui regolazione di dettaglio si rimanda alla legislazione speciale.

Si può dire che siffatte fattispecie siano espressione della cd. tutela di funzioni o accessorietà amministrativa (Verwaltungsakzessorietät), versione specifica della più generica tutela penale preventiva (Vorfeldkriminalisierung) di un bene giuridico riconosciuto come di rango particolarmente elevato. Si tratta, infatti, di una tecnica di incriminazione e di protezione del bene giuridico finale volta a risolvere legalmente un conflitto fra beni diversi, affidando la risoluzione dello stesso conflitto ad un settore della pubblica amministrazione o specifici incaricati di un servizio pubblico. L’elemento problematico del ricorso ad una simile tecnica consiste nella possibilità che due fatti identici possono ricevere una risposta diversa in base al rispetto di una procedura o alla presenza di un’autorizzazione. A tal fine si assume, quale oggetto “immediato” della protezione e strumentale alla tutela del bene giuridico di livello finale, un bene “istituzionale”, indicato quale obiettivo immediato dell’intervento normativo dello Stato – in altri termini, la ratio legis – per ragioni di interesse pubblico, solitamente ancora piuttosto prossimo alle condotte incriminate.

A suddetto schema sembra rispondere fedelmente l’intero sistema della Indikationslösung. Nel caso di specie, naturalmente, si tratta di un caso di ricorso a tutela di funzioni o accessorietà amministrativa i cui scopi ultimi, in termini di beni giuridici finali assunti quale oggetto di protezione e posti in conflitto fra di loro, sono immediatamente riconoscibili ai destinatari: da un lato vi sarebbe la tutela della vita umana nascente, seppur protetta in termini diminuiti rispetto a quella post-natale; dall’altro, vi sarebbe la tutela della gestante sotto il profilo sanitario, economico e sociale, come chiarito sia dal Tribunale costituzionale federale che dalle ulteriori norme a breve oggetto di analisi, in particolare il § 219 StGB sulla consulenza.

In sostanza, si tratterebbe di un ricorso alla tutela di funzioni sostanza legittimo e – nell’ottica di una pur sempre rivedibile legislazione di compromesso − condivisibile nei suoi intenti. D’altronde, è doveroso notare che ancor più accentuato è il ricorso ad un siffatto schema da parte del legislatore italiano, che per mezzo della legge n. 194 del 1978, oltre a abolire il reato di aborto, ha sistematicamente posposto l’intervento penale ad una procedura pur più articolata e interamente sotto il controllo della sanità pubblica.

L’interpolazione delle figure di reato “fiancheggiatrici” è stata razionalmente organizzata secondo uno schema che potrebbe essere così individuato. Le norme interpolate fra il § 218a e il § 219 – allo stato del diritto vigente, si tratta di due paragrafi – sono conformate quali reati di danno, che attribuiscono rilevanza penale a situazioni nelle quali l’interruzione di gravidanza è già stata operata, mentre quelle interpolate dopo il § 219 sono conformate quali reati di pericolo astratto, che prescindono da un successivo o imminente verificarsi dell’operazione.

Conviene iniziare, rispettando la sistematica legislativa, dai reati di danno. In relazione ad esse, va brevemente annotato che si tratta di una delle esplicazioni più “deboli” della tutela di funzioni, dal momento che interviene a danno già compiuto (o, in altri casi, prossimo a compiersi).

In primis, il § 218b StGB, al co. I, punisce due fattispecie alternative, accomunate entrambe dal fatto di essere l’aborto già stato procurato. Nella prima, sono puniti quali soggetti attivi sia il medico che la gestante in caso di aborto operato senza la precedente consulenza dissuasoria. Nella seconda, è punito quale soggetto attivo il solo medico per aver operato una consulenza scorretta, che accerti in modo errato la sussistenza dei presupposti scriminanti previsti dal secondo e dal terzo comma del § 218a. In entrambi i casi, infatti, non si è operato il vaglio degli interessi contrapposti prescritto dal combinato dei § 218a e 219 StGB, avendosi anzi – riguardo alla seconda fattispecie – la certezza della loro insussistenza.

In secondo luogo, il § 218c StGB punisce il fatto del medico – consulente o operante − che non ottemperi ai propri doveri concernenti la procedura interruttiva , in sostanza trascurando l’obiettivo della tutela in bilanciamento della vita nascente . Si tratta, quindi, di un reato proprio . Sono a tal fine previste quattro condotte alternative:

(i)   il non aver ascoltato le motivazioni della donna, da intendersi in termini di omissione o negazione del colloquio di consulenza, omettendo quindi un accertamento di massima sulla sussistenza delle ragioni che – nell’ottica del legislatore – dovrebbero controbilanciare la violazione del diritto alla nascita e la lesione del bene giuridico della vita nascente ;

(ii)  il non aver spiegato il significato e le modalità dell’intervento abortivo, svolgendo quindi una consulenza superficiale ed incompleta, che non consente la formazione di un consenso pieno ed informato per quanto riguarda i risvolti medici e (quantomeno) etici dell’operazione interruttiva;

(iii) l’omissione di indagini circa lo stato di maturazione della gravidanza, fatto che assume particolare rilievo laddove vengano violati i termini indicati dal § 218a;

(iv) l’aver praticato l’aborto dopo essere stati anche il medico consulente della gestante, che postula una situazione di evidente conflitto di interessi e di probabile scarsa obiettività della consulenza stessa.

Quest’ultima fattispecie rende utile esaminare il contenuto della ripetutamente richiamata consulenza obbligatoria che deve precedere l’eventuale operazione interruttiva.

 

  • Interruzione di gravidanza e consulenza preventiva, fra StGB e legislazione speciale

 

La consulenza (Beratung) obbligatoria che deve precedere l’eventuale operazione interruttiva rappresenta un cardine del “sistema dell’indicazione”.

Essa è disciplinata, nelle sue linee generali, dalla discorsiva disposizione del § 219 StGB. La medesima disposizione era destinata, fino al 1992, a punire il delitto di interruzione di gravidanza senza esperimento della consulenza preventiva, successivamente confluita nel § 218b[66]. La regolazione di dettaglio è invece affidata alla già menzionata legge del 1992 dedicata alla prevenzione e al superamento dei conflitti concernenti la gravidanza[67].

Limitandoci, per ragioni di sintesi, alle sole previsioni codicistiche dello StGB, ne emerge che la consulenza dovrebbe servire, innanzitutto, alla tutela della vita nascente, o a rigore testuale “non nata”: il primo periodo del comma 1 esordisce, infatti, sancendo in linea di principio «Die Beratung dient dem Schutz des ungeborenen Lebens». Si tratta di un obiettivo almeno tendenziale il cui perseguimento non è necessario, in un sistema che rende lecita l’interruzione di gravidanza, ma che rimarrebbe comunque auspicabile nell’ottica di non sacrificare completamente uno dei beni giuridici in gioco[68].

Entrando nel merito dei contenuti “di massima” della consulenza stessa, la norma sembrerebbe fortemente orientata a creare una situazione in cui la gestante è incoraggiata alla prosecuzione della gravidanza e alla maternità, non solo ponendo in evidenza i diritti del nascituro, ma rendendo inoltre edotta la gestante stessa degli strumenti finanziari, sanitari, sociali volti a favorire la prosecuzione della gravidanza.

Colpisce, in particolare, l’indicazione del discrimine oltre il quale l’aborto sarebbe da considerarsi lecito o giustificato: la legge parla testualmente di «superamento del presumibile limite di vittimizzazione» («…daß sie die zumutbare Opfergrenze übersteigt»).

Il comma 2 del § 219 StGB delinea elementi di massima della procedura consulenziale: essa deve essere operata da un consultorio (Beratungsstelle, lett. “posto di consulenza”) riconosciuto dal sistema sanitario: esso può essere sia pubblico che privato, sia laico che confessionale, purché risponda ai requisiti qualitativi indicati dalla SchG ed escludendo solamente il medico che prenderà in carico l’operazione abortiva[69].

La consulenza in commento costituisce un chiarimento legislativo efficace della costante compresenza, nel bilanciamento cui la legge penale ha aperto, di un bene giuridico quale la tutela vita nascente, in quanto tale rigorosamente alternativo agli obiettivi sottesi all’interruzione di gravidanza e, almeno in punto di teoria, su di essi prevalente.

Tanto costituisce un ulteriore argomento che rendeva utile e, anzi, opportuno e coerente con il sottosistema in analisi un presidio come quello del reato di pubblicità abortiva, il quale era ben lungi dall’impedire una discussione informativa o politico-sanitaria sull’aborto − anzi pienamente tutelata anche in sede di consulenza, quindi di fronte al caso concreto della gestante intenzionata ad interrompere la gravidanza − essendo bensì unicamente volto a rimarcare un confine rispetto ad una discussione totalmente irrispettosa del bene giuridico della vita nascente.

 

  • I reati di pericolo. La norma sopravvissuta ed il reato di traffico di strumenti abortivi

 

Fin dalla riforma del 1974, il § 219 StGB è seguito dagli ulteriori paragrafi interpolati dedicati ai reati di pericolo. Il numero delle disposizioni collocate in tale sede è ripetutamente variato nel corso del tempo, riducendosi, per quanto riguarda il diritto vigente, al solo § 219b StGB. Una trattazione sintetica di quest’ultima disposizione, sopravvissuta alla riforma del 2022, si palesa come opportuna al fine di completare il quadro del contesto sistematico nel quale si inseriva il delitto di pubblicità abortiva.

Oggetto dell’incriminazione è la messa in traffico (Inverkehrbringen) di strumenti idonei a realizzare “fatti antigiuridici ai sensi del § 218”. Si tratta, quindi, di una tipica figura di reato di pericolo astratto-concreto o astratto-potenziale – in tedesco Eignungsdelikt – ai fini della cui consumazione non servono né la realizzazione di un aborto clandestino, né la concreta preparazione della relativa operazione, bastando il traffico dei dispositivi abortivi: è sufficiente un commercio svolto al di fuori dei canali legali di approvvigionamento del sistema sanitario[70].

La sopravvivenza di tale norma è collegata, probabilmente, a ragioni di tutela strumentale di un commercio lecito dei dispositivi medico-sanitari cui, apparentemente, neanche una politica criminale ampiamente libertaria nei confronti dell’interruzione di gravidanza intende rinunciare, nell’ottica della tutela della salute fisica delle gestanti che intendono sottoporsi all’operazione abortiva.

Ben diversa è stata la sorte di un delitto posto a tutela di elementi della realtà magari più immateriali, ma non per questo meno offensivi del sempre più svalutato bene giuridico della vita nascente.

 

  1. La norma del § 219a StGB

 

  • Elementi costitutivi del reato abolito

 

Conviene adesso entrare nel merito dell’abolito § 219a StGB, recante il reato di “Pubblicità per l’interruzione della gravidanza” (Werbung für den Abbruch der Schwangerschaft). Prima di formulare ulteriori considerazioni, conviene innanzitutto leggere la disposizione nel suo tenore letterale[71] (traduzione a nostra cura):

 

(1) Wer öffentlich, in einer Versammlung oder durch Verbreiten eines Inhalts (§ 11 Absatz 3) seines Vermögensvorteils wegen oder in grob anstößiger Weise

1. eigene oder fremde Dienste zur Vornahme oder Förderung eines Schwangerschaftsabbruchs oder

2. Mittel, Gegenstände oder Verfahren, die zum Abbruch der Schwangerschaft geeignet sind, unter Hinweis auf diese Eignung

anbietet, ankündigt, anpreist oder Erklärungen solchen Inhalts bekanntgibt, wird mit Freiheitsstrafe bis zu zwei Jahren oder mit Geldstrafe bestraft.

(1) Chiunque, in un’assemblea pubblica o mediante la diffusione di un contenuto, al fine di conseguire un profitto per sé o con modalità particolarmente scabrose, pubblicamente offra, annunci, esalti

1. propri o altrui servizi per la presa in carico e l’effettuazione di un’interruzione di gravidanza, ovvero

2. mezzi, oggetti o procedure appropriati all’interruzione della gravidanza, ponendo in evidenza tale idoneità

o comunque fornisca chiarimenti sul predetto contenuto, è punito con la reclusione fino a due anni o con la pena pecuniaria.

(2) Absatz 1 Nr. 1 gilt nicht, wenn Ärzte oder auf Grund Gesetzes anerkannte Beratungsstellen darüber unterrichtet werden, welche Ärzte, Krankenhäuser oder Einrichtungen bereit sind, einen Schwangerschaftsabbruch unter den Voraussetzungen des § 218a Abs. 1 bis 3 vorzunehmen. (2) Il n. 1 del comma 1 non si applica quando i medici o i consultori riconosciuti sulla base della legge siano istruiti ad indicare quali medici, ospedali o strutture sanitarie siano disponibili a prendere in carico un’interruzione di gravidanza, in base ai presupposti di cui al § 218, commi da 1 a 3.
(3) Absatz 1 Nr. 2 gilt nicht, wenn die Tat gegenüber Ärzten oder Personen, die zum Handel mit den in Absatz 1 Nr. 2 erwähnten Mitteln oder Gegenständen befugt sind, oder durch eine Veröffentlichung in ärztlichen oder pharmazeutischen Fachblättern begangen wird. (3) Il n. 2 del comma 1 non si applica quando il fatto venga compiuto nei confronti di medici o di persone abilitate al commercio degli strumenti o degli oggetti idonei all’interruzione di gravidanza, o quando sia effettuato nel contesto di pubblicazioni specialistiche mediche o farmaceutiche.
(4) Absatz 1 gilt nicht, wenn Ärzte, Krankenhäuser oder Einrichtungen

1. auf die Tatsache hinweisen, dass sie Schwangerschaftsabbrüche unter den Voraussetzungen des § 218a Absatz 1 bis 3 vornehmen, oder

2. auf Informationen einer insoweit zuständigen Bundes- oder Landesbehörde, einer Beratungsstelle nach dem Schwangerschaftskonfliktgesetz oder einer Ärztekammer über einen Schwangerschaftsabbruch hinweisen.

(4) Il comma 1 non si applica, qualora medici, ospedali o strutture sanitarie

1. facciano riferimento alla circostanza di fatto che essi prendano in carico interruzioni di gravidanza ai sensi del §218a, commi da 1 a 3, ovvero

2. facciano riferimento a informazioni sull’interruzione di gravidanza provenienti dagli organi federali o regionali competenti a tal fine, da un consultorio autorizzato ai sensi della legge sul conflitto con la gravidanza o da un ordine territoriale dei medici.

 

Va innanzitutto precisato che la pubblicità per l’interruzione della gravidanza era incriminata anche, e in un certo senso soprattutto, laddove l’operazione offerta fosse legale. Un simile dato era rilevato da parte della dottrina come problematico[72], ma si trattava di un dubbio superabile sulla base (a) della teoria del bene giuridico, essendo stata comunque la norma intesa alla tutela “di compromesso” della vita nascente, potenzialmente posta a repentaglio dalle comunicazioni incriminate indipendentemente dalla liceità del servizio reclamizzato, nonché (b) sulla base del diritto tuttora vigente e, quindi, dello schema dell’illiceità di base dell’interruzione di gravidanza, pur se ampiamente liberalizzata “ a scalare” dal § 218a StGB.

La norma in commento, come già rimembrato, conteneva un reato delittuoso – con una pena massima di due anni di reclusione – basato su una comunicazione ed improntato allo schema dell’illecito del pericolo astratto-potenziale[73]. Le condotte incriminate e l’oggetto materiale del reato, infatti, si ponevano ad una certa distanza dal compimento dell’operazione abortiva e, quindi, dalla concreta lesione della vita nascente, potendo al più esplicare un potere di convincimento sulle gestanti[74]: dato di non scarso rilievo nella discussione politico-criminale degli ultimi anni, dal momento che proprio sul presunto modesto potenziale di tale elemento persuasivo si è appuntata la critica riduttivista dei sostenitori dell’abolizione.

Il fatto tipico oggettivo del reato, d’altronde, presentava un elevato grado di tipizzazione, pienamente adeguato allo scopo di rendere immediatamente chiara la direzione offensiva del fatto, nonché il discrimine fra condotte – rectius, affermazioni o dichiarazioni[75] – penalmente rilevanti e libertà di opinione e di informazione[76].

A fronte dell’oggetto materiale del reato costituito dai servizi o dai mezzi – medicinali, strumenti, procedure mediche – in qualsiasi modo idonei a cagionare l’interruzione di gravidanza[77], anche se non specificamente diretti a tal fine[78], la comunicazione deve presentare i caratteri ben precisi di una reclame, potendosi in sostanza parlare di un reato a forma vincolata[79]. I servizi o gli strumenti oggetto della condotta devono infatti essere “offerti” (verbo anbieten), quindi messi a disposizione in cambio di un prezzo o di offerte economiche; “annunciati” (verbo ankündigen), ovvero presentati genericamente al pubblico con una certa enfasi; “esaltati” (verbo anpreisen), vale a dire posti in evidenza per le loro “qualità” nel procurare un aborto; “resi noti” (verbo bekanntgeben), cioè presentati al pubblico con una serie di informazioni specifiche su uso, reperibilità ed efficacia[80].

La precisione dei caratteri della comunicazione si poneva in combinato con destinatari, all’opposto, indefiniti, dal momento che il requisito della pubblicità – reso dall’assemblea pubblica o dalla diffusione di “contenuti”, termine definito dal § 11 Abs. 3 StGB con il quale si è sostituito il precedente lemma “scritti”, probabilmente per la sua maggiore idoneità ai nuovi mezzi di comunicazione − sta ad indicare le condotte devono essere idonee raggiungere una pluralità a priori indeterminata di soggetti[81], non essendo sufficiente una comunicazione intersoggettiva.

In ulteriore aggiunta, rilevavano le modalità o gli obiettivi della comunicazione, il che contribuiva a sottolineare l’offensività del fatto. Assumeva rilievo, in primis, l’idoneità del fatto a realizzare un profitto per il soggetto attivo: risultato che non doveva necessariamente essere conseguito, che quindi poteva costituire oggetto di dolo specifico. Intento primario di un simile elemento era evitare la commercializzazione, la reclamizzazione delle pratiche abortive.

In secondo luogo, le “modalità particolarmente scabrose” (in grob anstößiger Weise) – le quali potevano rilevare sia congiuntamente, sia disgiuntamente rispetto al profilo del profitto – stavano ad indicare un’offerta, annuncio o esaltazione completamente prive della delicatezza o della professionalità che il tema dell’interruzione di gravidanza dovrebbero richiedere.

L’elemento soggettivo del fatto, rectius – secondo la dogmatica tripartita finalistica ampiamente prevalente nella dottrina tedesca – il fatto tipico soggettivo, è pacificamente individuato nel dolo[82].

I due ulteriori commi che componevano il § 219a StGB, d’altronde, non facevano che ribadire ulteriormente l’irrilevanza di condotte che si ponessero nell’ottica scientifica della consulenza sanitaria, preventiva o pre-operazione[83], quali quelle informative fra sanitari e pazienti (Abs. 2) e l’informazione farmaceutica fra i produttori degli strumenti o dei mezzi e i sanitari stessi, in questo secondo caso destinatari della comunicazione (Abs. 3).

 

  • Implicazioni politico-criminali della norma e della sua abolizione

 

Dall’analisi degli elementi costitutivi dell’articolata previsione di reato sembra emergere con chiarezza un dato: non qualsiasi informazione messa in circolo su medici o strutture disponibili all’interruzione di gravidanza era oggetto dell’incriminazione. Al di là di possibili applicazioni giurisprudenziali rigoriste, la descrizione della condotta e financo dell’elemento soggettivo erano sufficientemente caratterizzate da rendere chiaro che il giudizio di disvalore ricadeva sulle pubblicizzazioni animate da intenti di lucrativa commercializzazione di un’operazione particolarmente problematica[84], o dal ricorso a modalità descrittive del tutto prive di quella moderazione che argomenti come la gravidanza e la relativa interruzione richiederebbero, pur nel contesto della secolarizzata morale corrente.

Il rischio che una fattispecie di reato intendeva prevenire alla radice, intervenendo in una situazione di pericolo astratto-potenziale, era l’ipotesi per cui le operazioni interruttive della gravidanza finissero per costituire un giro d’affari lucrativo per la categoria dei medici che le praticavano. È infatti ipotizzabile – vieppiù a seguito dell’abolizione del reato – che il sistema che potrebbe essere generato da un aborto “commercializzato” o “incitato” potrebbe portare a svuotare di senso molti dei “controlimiti” posti dal § 218a StGB nonché, in particolare, la consulenza preventiva di cui al § 219. Non sembra un esercizio di macabra fantasia ipotizzare, infatti, che un sistema nel quale una parte dei professionisti sanitari possa lucrare sugli aborti, essendo in parte gli stessi chiamati a operare la consulenza, spingerebbe ad un atteggiamento di generalizzata superficialità nei confronti della consulenza, che finirebbe per essere spesso trattata – caso, peraltro, probabilmente non così lontano dalla realtà dei fatti – come una formalità da assolvere in modo “funzionalmente” ineccepibile, ma sostanzialmente vuoto.

Tanto si pone in una relazione perfettamente coerente con una liceizzazione dell’aborto che, quantunque improntata ad una politica più libertaria rispetto alla legge 194, mantiene comunque un giudizio generale di problematicità dell’operazione abortiva e dei relativi strumenti, intorno ai quali non possono essere accettabili forme di reclamizzazione. Sembrerebbe quindi quasi banale ricordare che la norma in analisi non influisce in alcun modo sulla rilevanza penale o meno delle operazioni stesse, o sulla relativa informazione generale e divulgativa[85]: si tratta di una limitazione del tutto periferica a certe forme di comunicazione sul tema[86].

Chiunque abbia basato i precedenti tentativi di abolizione della norma sulla libertà professionale (Art. 12 GG) avrebbe potuto osservare – o ha osservato, in alcuni casi − che anche la semplice informazione della pratica di interruzioni di gravidanza contenuta in un volantino informativo di uno studio medico poteva integrare l’intento di lucro[87], e che certamente nessuna gestante potesse determinarsi ad un aborto sulla base di una pubblicità sagacemente concepita. Autorevole dottrina ha tuttavia osservato, in sede di udienza parlamentare sull’abolizione del § 219a StGB (18 maggio 2022), che la “messa a disposizione di un servizio” è comunque ben diversa da forme di esaltazione dello stesso e rimaneva pienamente lecita sotto la vigenza della norma in esame[88]. Le seconde, aggiungiamo, appaiono molto più evidentemente orientate ad un riscontro commerciale e potendo avere un potere istigatore sulle gestanti altrimenti indecise.

Conviene peraltro ribadire che tutto questo avviene nel contesto di un sistema molto più “libertario” di quello disegnato dalla legge n. 194 del 1978, al di là della formale preservazione dell’interruzione di gravidanza come figura di reato. L’operazione è infatti consentita anche presso strutture private, financo in studi medici: siamo ben lontani dalla limitazione a strutture ospedaliere tuttora vigente in Italia, che costituisce un ostacolo sostanziale alla commissione di una qualsiasi delle condotte già punite dal § 219a StGB.

Ne consegue che il pericolo della commercializzazione della pratica, con un portato di pubblicità banalizzante e “psicologicamente palliativa”, quando non apertamente istigatrice ed aggressiva verso il nascituro o – termine troppo spesso omesso nella discussione sull’aborto – la nascitura, è tutt’altro che ipotetico e frutto di speculazione accademica.

 

  1. L’abolizione era l’unica soluzione?

 

Il giudizio negativo che non si è tentato di nascondere con riguardo alla scelta del legislatore tedesco, una volta superate le notazioni descrittive del fenomeno giuridico in esame, non può prescindere dalla valutazione delle possibili alternative ad una soluzione così radicale.

Si tratta di ipotesi che non appaiono ottimali, dal momento che la preferenza sarebbe andata ad una scelta conservativa con tutt’al più alcuni innesti di ulteriori diritti di informazione, quale quella proposta dal principale gruppo di minoranza al Bundestag[89], ma che risultano strumentali ad argomentare ulteriormente l’inconferenza della scelta adottata anche nell’ottica di una maggiore liceizzazione del fenomeno.

L’abolizione del § 219a StGB non sarebbe stata certo l’unica opzione, qualora si fosse comunque voluto venire incontro a istanze di ulteriore decriminalizzazione delle condotte “satellitari” rispetto all’interruzione di gravidanza. Sul punto, è possibile dar conto delle plurime controproposte rappresentate dagli esperti che hanno partecipato all’udienza promossa dal Bundestag il 18 maggio 2022.

 

  • La depenalizzazione

 

Una prima proposta alternativa sia all’abolizione che al mantenimento dello status quo (ante) andava nel senso di mantenere la norma quale illecito amministrativo punitivo (Ordnungswidrigkeit). Una concreta possibilità da taluno individuata sarebbe stato un “fiancheggiamento” in tal senso da parte della legge sulla pubblicità in ambito sanitario (Gesetz über die Werbung auf dem Gebiete des Heilwesens, abbreviata Heilmittelwerbegesetz, sigla HWG), il cui § 11 già contiene una lista di dispositivi medici dei quali è vietata e sanzionata pecuniariamente la reclamizzazione.

Si è osservato, tuttavia, che la legge in questione non ha, quale scopo, il bilanciamento fra tutela della vita nascente e tutela medica, sociale o etica della gestante, non prestandosi quindi quale sede idonea per un simile illecito[90].

 

  • L’abolizione parziale

 

Una seconda proposta si orientava al mantenimento dell’incriminazione, limitando tuttavia la punizione alla sola condotta di esaltazione (anpreisen) delle prestazioni interruttive ed al caso di pubblicità con modalità particolarmente scabrose, abolendo quindi le ulteriori condotte alternative dell’offerta, dell’annuncio e della messa al corrente[91] o limitandole al solo caso degli interventi praticati clandestinamente[92].

Nel contesto di quest’ultima proposta, il fine di lucro sarebbe quindi stato oggetto di abrogazione e quindi, sostanzialmente, di abolizione, nell’ottica della tutela delle opportunità professionali per i medici, ritenute sussumibili nella generale libertà di esercizio della professione di cui all’art. 12 del Grundgesetz.

 

  • Osservazioni

 

Delle alternative qui indicate, l’unica ad incontrare un cauto favore di chi scrive è la prima, ovvero la trasformazione del reato di cui all’abolito § 219a StGB in illecito amministrativo punitivo. La pubblicità per l’interruzione di gravidanza si sarebbe così inserita in un sistema di diritto amministrativo punitivo, lo Ordnungswidrigkeitenrecht, che analogamente al nostro – che ne ha tratto fondamentale ispirazione – prevede l’accertamento e la contestuale irrogazione della sanzione, solitamente di natura pecuniaria e solo in rari casi anche di natura interdittiva, da parte dell’amministrazione, con l’impugnazione del provvedimento prevista come mera eventualità[93].

La maggior mitezza della sanzione e del giudizio di disvalore sarebbe stata compensata dall’aumentata celerità e nel più elevato grado di certezza nell’irrogazione della sanzione stessa, con la conseguente minore esposizione del soggetto sanzionato quale “martire” della libera informazione sull’interruzione di gravidanza.

Recependo tuttavia la critica di cui si è dato conto, appare doveroso osservare che la legge per la regolazione della pubblicità farmaceutica non si sarebbe offerta quale sede ottimale per la riallocazione del delitto in esame[94].

Sembra invece possibile affermare che la soluzione migliore sarebbe stata la traslazione del § 219a StGB in una disposizione del Ordnungswidrigkeitengesetz (legge sugli illeciti amministrativi), vale a dire l’atto normativo centrale per quanto riguarda il sistema degli illeciti di diritto pubblico depenalizzati[95]. Una simile scelta, nel contesto di un ordinamento giuridico complessivamente attento al ruolo sistematico delle singole leggi, si sarebbe presentata come maggiormente pregnante anche al fine di continuare a sottolineare la centralità del bene giuridico sottoposto a protezione, seppur a seguito dell’attenuazione del tipo di illecito e della minaccia punitiva, facendo salva la possibilità di prevedere comunque sanzioni pecuniarie elevate ed afflittive ed interdizioni quantomeno momentanee dalla professione medica.

Ad ogni modo, sembra possibile osservare che pressoché tutte le alternative elencate avrebbero rappresentato una soluzione migliore dell’abolizione totale del delitto, con conseguente sostanziale liceizzazione completa – salvo la sussumibilità di alcuni fatti in altre fattispecie di reato o di illecito amministrativo punitivo, per la quale non resta che affidarsi (sic!) alla giurisprudenza futura − della pubblicità abortiva.

 

  1. Conclusioni

 

L’analisi fin qui svolta consente di formulare alcune conclusioni anche in termini di giudizio di valore sulla scelta politico-criminale del legislatore tedesco, nonché dell’esecutivo che l’ha sostenuta.

Appare difficile celare un certo rammarico per la caduta di una norma di civiltà e di profonda umanità in uno dei principali e più influenti ordinamenti giuridici europei, volta ad evitare che l’operazione interruttiva della gravidanza, quantomeno ambigua da un punto di vista etico – qualsiasi sia l’orientamento che si possa assumere – e perlomeno delicata da quello medico e psicologico, venisse fatta oggetto di banalizzazioni, comunicazioni aggressive e sistemi di profitto. Si tratta di una necessità che appare piuttosto palese nel contesto di un sistema giuridico che conosce già spazi di libertà molto ampi per l’interruzione di gravidanza, financo più ampi di quelli riconosciuti dalla legge n. 194 del 1978, resi particolarmente palesi dalla possibilità di ricorrere anche alla sanità privata e a strutture ambulatoriali.

Si ribadisce che il delitto di pubblicità abortiva abrogato era stato il frutto della politica criminale di un governo democratico e non di quello nazionalsocialista: il Bundesgesetzblatt n. 63 del 1974, così come il n. 56 del 1976, ne rappresentano un’incontrovertibile attestazione storica ufficiale. Tanto avveniva nell’ambito di una manovra il cui intento principale e complessivo era stato, formalmente, la riforma del sedicesimo titolo dello Strafgesetzbuch e, sostanzialmente, la creazione di spazi di liceità del fatto dell’interruzione di gravidanza. In tale quadro, appare chiaro che l’abolitio del delitto di pubblicità abortiva continui ad apparire tutt’altro che necessaria nell’ottica della legalizzazione – o si potrebbe dire liberalizzazione, dato l’ampio affidamento della pratica anche a strutture e studi privati? – dell’aborto.

Non si dubita affatto della necessità, in un sistema politico e giuridico liberaldemocratico, di mantenere la discussione aperta fra orientamenti etico-morali differenti fra loro − purché se ne abbiano − anche su materie delicate e sdrucciolevoli, come l’interruzione di gravidanza. Tuttavia, ritenere un essenziale portato della libertà sessuale e riproduttiva la commercializzazione dell’aborto, con tanto di reclamizzazione delle relative pratiche cliniche, o una comunicazione banalizzante se non aggressiva in ambito, si pone ben oltre lo spazio di discussione sulla liceità etico-giuridica dell’operazione interruttiva della gravidanza, preludendo ad una estremizzazione delle posizioni abortiste e alla pericolosa china della de-umanizzazione di esseri umani che (non) rispondono a determinati requisiti[96].

Non rimane che guardare con speranza alla ricezione e alla corretta interpretazione della Sentenza Dobbs vs. Jackson della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America, ordinamento geograficamente e culturalmente lontano da quelli europei ma nondimeno influente sui medesimi: decisione che, si ricorda, lascia aperta la discussione sulla possibilità di legalizzare – con declinabile rigore − o meno l’aborto[97], sgombrando il campo solamente dalle ipotesi più estreme, quale sembra essere quella che si è qui commentata.

 

* Contributo sottoposto a valutazione.

 

[1] Cfr. F. Albrecht, Bundestag schafft Werbeverbot für Schwangerschaftsabbrüche ab, su ZeitOnline (www.zeit.de), 24 giugno 2022, in https://bitly.ws/324sY. In lingua italiana, quale informazione rivolta al Servizio Studi della Corte costituzionale, si v. M. T. Roerig, Il Bundestag tedesco approva la legalizzazione della “pubblicità” da parte dei medici che praticano l’aborto, su www.cortecostituzionale.it, area Segnalazioni correnti- Studi di diritto comparato, 27 giugno 2022, in https://bitly.ws/324tP.

[2] Cfr., a fini informativi, l’articolo di F. Barbieri, L’aborto in Germania, su Repubblica, 27 giugno 1992,  https://rb.gy/ebtvmt.

[3] Nella dottrina penalistica tedesca, fa riferimento a tale discussione M. Kubiciel, Entgrenzungen des Strafrechts, in Zeitschrift für die gesamte Strafrechtswissenschaft, 2019, n. 4, pp. 1115-1125.

[4] Per attingere ad una fonte di informazione in lingua italiana, dichiaratamente favorevole all’abolizione: T. Mastrobuoni, Due ginecologhe costringono la Germania a parlare di aborto, in Repubblica, 3 aprile 2018, visto su Repubblica.it. Lo scrivente annota che in Germania si è sempre parlato di aborto con notevole libertà, senza necessità di episodi che “costringessero” alcunché, al punto che sono rinvenibili dibattiti in tema anche in programmi in prima serata.

[5] Articolo Jens Spahn greift Gegner des Werbeverbots an (“Jens Spahn attacca gli oppositori del divieto di pubblicità abortiva”), su ZeitOnline (www.zeit.de), 18 marzo 2018. La frase, in lingua originale, suona: «Wenn es um das Leben von Tieren geht, da sind einige, die jetzt für Abtreibungen werben wollen, kompromisslos». Lo stesso ministro aveva fatto pubblicare, sul sito del ministero, una sua dichiarazione in tal senso: Spahn: “Wir wollen keine Werbung für den Schwangerschaftsabbruch”, in https://rb.gy/jiytmj, 30 gennaio 2019 (visto il 23 dicembre 2022).

[6] Cfr. il rapporto dei “servizi scientifici” del Bundestag: Wissenschaftliche Dienste, Zur Verfassungsmäßigkeit von § 219a StGB (Werbung für den Abbruch der Schwangerschaft), Sachstand WD 3 – 3000 – 252/17, in https://rb.gy/je0c7k.

[7] Le dichiarazioni sul sito ufficiale del Governo federale sono consultabili alla pagina Werbeverbot für Abtreibungen aufgehoben. Aufhebung des § 219a beschlossen, su bundesregierung.de, 8 luglio 2022, visto il 24 dicembre 2022.

[8] Cfr. Deutscher Bundestag, Drucksache 20/1635, 20. Wahlperiode, 2 maggio 2022, contenente il Gesetzentwurf der Bundesregierung.

[9] Tale udienza si è tenuta il 18 maggio 2022. Gli atti sono integralmente riportati sulla pagina ufficiale del Bundestag (bundestag.de), pagina Sachverständige mehrheitlich für Aufhebung von Paragraf 219a (gli esperti si schierano in maggioranza per l’abolizione del § 219a), https://rb.gy/epq0du.

[10] Cfr. M. Kubiciel, Schriftfassung der Stellungnahme in der öffentlichen Anhörung des Ausschusses für Recht und Verbraucherschutz des Deutschen Bundestages am 18.5.2022, su Bundestag (bundestag.de), pagina Sachverständige mehrheitlich für Aufhebung von Paragraf 219a, cit.; ivi anche E. M. Hoven, Stellungnahme zur Öffentlichen Anhörung des Ausschusses für Recht und Verbraucherschutz des Deutschen Bundestages zum Entwurf eines Gesetzes zur Änderung des Strafgesetzbuches.

[11] Cfr. K. Hänel, Stellungnahme zur Anhörung im Rechtsausschuss des Deutschen Bundestags am 18.5.2022, su Bundestag (bundestag.de), pagina Sachverständige mehrheitlich für Aufhebung von Paragraf 219a, cit.

[12] Fra i pareri formulati vi è quello della Conferenza Episcopale Cattolica Tedesca: N. Sasserath-Alberti, Stellungnahme des Kommissariats der deutschen Bischöfe – Katholisches Büro in Berlin –, su Bundestag (bundestag.de), pagina Sachverständige mehrheitlich für Aufhebung von Paragraf 219a, cit.

[13] Così C. Sciuto, Aborto, in Germania abolito il divieto di “pubblicità”, su MicroMega, 26 giugno 2022, sezione (eloquentemente) Laicità o barbarie. Lascio la ricerca dello scritto alla buona volontà del lettore. Della commentatrice in questione si segnala la drammatica incompetenza in materia giuridica: ella parla di “articolo” 219 “comma a”. La precedente menzione della disposizione e la semplice lettura della stessa, specie se dando uno sguardo al resto del contesto, dovrebbero suggerire anche al lettore poco avvezzo del diritto penale tedesco che lo Strafgesetzbuch sia organizzato per paragrafi (§§), e che la lettera “a” sia un sottonumero, esattamente come –bis, –ter, –quater nella nostra tradizione di redazione legislativa. Cfr. infra, § 2.

[14] Per completezza d’informazione, ricordiamo che l’impianto originario della codificazione penale sostanziale tedesca risale al Reichsstrafgesetzbuch del 1871. Nell’ultimo secolo, si sarebbero alternate due “riforme organiche” a modificarne una rilevante parte dei contenuti normativi, pur mantenendo l’impianto complessivo della codificazione (tecnica legislativa cui, nei Paesi a “codificazione francese”, non siamo abituati): una nel 1935, dall’impronta marcatamente nazionalsocialista, che nel dopoguerra sarebbe stata comunque riveduta e corretta in molte sue parti; una nel 1975, di segno opposto (infra). Un riferimento utile e sintetico nella dottrina in lingua italiana è rinvenibile in F. Palazzo-M. Papa, Lezioni di diritto penale comparato, Torino, 2013, pp. 70 ss.

[15] Cfr. il Bundesgesetzblatt, Teil I, 21 giugno 1974, Nr. 63, pp. 1297-1300, visto su www.bgbl.de il 24 novembre 2022.

[16] Si v. la progressione storica della norma sul sito del servizio Lexetius, https://lexetius.com/StGB/218,6.

[17] Cfr. E. Schmidhäuser, Strafrecht Besonderer Teil, Tübingen, II ed. 1983, pp. 36-37.

[18] Cfr., nella dottrina in lingua inglese, J. Kingston-A. Whelan, Abortion and the Law, Dublin, 1997, pp. 308-331.

[19] Così, nelle fonti giornalistiche, N. Caragnano, Germania: via la legge nazista che vietava ai medici di parlarne, su repubblica.it, 24 giugno 2022; M. Gobbetto, Germania, abolita legge nazista contro l’aborto, su berlinomagazine.com, 25 giugno 2022. Già prima dell’abolizione della norma, muoveva in tal senso un articolo non firmato dal titolo In Germania sarà abolito il divieto di dare informazioni sull’aborto, in ilpost.it, 26 gennaio 2022.

[20] Pubblicata ufficialmente sul Reichsgesetzblatt n. 56 del 29 maggio 1933, Parte I, pp. 295 ss., consultabile sul sito della Österreichische Nationalbibliothek, servizio “Alex” (alex.onb.ac.at, visto il 15 giugno 2023).

[21] Cfr., nella dottrina di commento alla legislazione dell‘epoca, E. Schäfer-H. von Donanyi, Die Strafgesetzgebung der Jahre 1931 bis 1935, Tübingen, 1936, ristampa 1976, p. 40. Nella dottrina più recente, H. Blei, Strafrecht II. Besonderer Teil, München, XII ed. 1983, p. 44.

[22] Consultabile, fra l’altro, sulla mediateca informatica della Biblioteca di Stato bavarese: https://rb.gy/6ym7rp. Il Titolo sui reati contro la vita e il § 218 sono reperibili alle pp. 58-59 del volume digitalizzato (scansione n. 68).

[23] Si noti il ricorso a tale termine e non al termine “Abtreibung”, aborto.

[24] Reichsgesetzblatt, Teil I, 27 giugno 1935, n. 65, p. 196, consultabile presso alex.onb.ac.at, visto il 15 giugno 2023. Nella dottrina dell’epoca, E. Schäfer- H. von Donanyi, Die Strafgesetzgebung der Jahre 1931 bis 1935, cit., p. 39.

[25] Per la ricognizione del diritto penale italiano e per una critica che va nel medesimo senso di quella qui rappresentata, si v. l’autorevole opinione di G. Zuccalà, voce Aborto (dir. pen.), in Enc. Dir., Vol. I, Milano, 1958, pp. 128-140.

[26] Sul punto, per un’ampia ricostruzione sia della storia delle misure assunte che della successiva falsificazione delle teorie scientifiche eugenetiche, è d’uopo rimandare al saggio di H. Rottleuthner, Zum Wissenschaftscharakter der Eugenik, in I. Czeguhn-E. Hilgendorf-J. Weizel, Eugenik und Euthanasie 1850-1945, Baden-Baden, 2006, pp. 43-70.

[27] Cfr. https://lexetius.com/StGB/220,3.

[28] Cfr. lexetius.com, visto il 15 dicembre 2022: «Der mit Einwilligung der Schwangeren von einem Arzt vorgenommene Schwangerschaftsabbruch ist nicht nach § 218 strafbar, wenn seit der Empfängnis nicht mehr als zwölf Wochen verstrichen sind».

[29] Cfr., nella dottrina di poco successiva, con toni celebrativi, F. Haft, Strafrecht Besonderer Teil, München, III ed. 1981, p. 92. Criticamente si pone U. Weber, Verletzung des Rechtsguts ʽLeben der Leibesfruchtʼ, in G. Arzt-U. Weber, Strafrecht Besonderer Teil. Delikte gegen die Person, Bielefeld, III ed. 1988, p. 136, i quali discutono i pro e i contro di tale modello.

[30] Cfr. V. Krey, Strafrecht Besonderer Teil, Vol. 1, Stuttgart-Berlin, VI ed. 1986, p. 56.

[31] Ben descritta, nella dottrina di poco successiva, da U. Weber, Verletzung des Rechtsguts ʽLeben der Leibesfruchtʼ, cit., pp. 132-135.

[32] Cfr. BVerfG, Urteil des Ersten Senats vom 25. Februar 1975 auf die mündliche Verhandlung vom 18./19. November 1974 (Sentenza della Prima Sezione del 25 febbraio 1975 a seguito della trattazione orale del 18/19 novembre1974), pubblicata nella raccolta ufficiale BVerfGE, Vol. 39, pp. 1 ss. (cui si ricorrerà per le ulteriori citazioni) nonché sulla JuristenZeitung, 1975, pp. 205 ss. Adesivamente alle indicazioni contenute in tale decisione, nella dottrina penalistica, K. H. Gössel, Strafrecht Besonderer Teil, Vol. 1, Heidelberg, 1987, pp. 115-116; U. Weber, Verletzung des Rechtsguts ʽLeben der Leibesfruchtʼ, cit., pp. 136-137. Contra si pone F. Haft, Strafrecht Besonderer Teil, cit., pp. 92-93.

[33] Cfr. BVerfGE, Vol. 39, pp. 1 ss., cit., §§ 108-112. Nella dottrina costituzionalistica tedesca, cfr. adesivamente B. Schmidt-Bleibtreu-F. Klein, Kommentar zum Grundgesetz, Neuwied- Darmstadt, VI ed. 1983, p. 173, Rn. 25; G. Leibholz-H.-J. Rinck-D. Hesselsberger, Grundgesetz. Kommentar an Hand der Rechtsprechung des Bundesverfassungsgerichts, Köln, 1993- agg. 1994, sub Art. 2 GG, pp. 58/4-60/2; H. D. Jarass, Art. 2 GG, in H. D. Jarass- B. Pieroth, GG Grundgesetz für die Bundesrepublik Deutschland. Kommentar, München, VII ed. 1994, p. 94 Rn. 80; nella medesima opera si v. ancora B. Pieroth, Art. 6 GG, pp. 270 ss., Rn. 44 ss. per quanto riguarda la tutela positiva e negativa della maternità. Nella dottrina comparatistica italiana, la pronuncia del Bundesverfassungsgericht è oggetto di commento in G. Bognetti, voce Aborto. Diritto comparato e straniero, in Enc. Giur., Roma, 1991, pp. 3-4 dell’estratto: l’A. rilevava quanto il giudice delle leggi tedesco si ponesse in una posizione eccentrica rispetto alla tendenza internazionale dimostrata dalla US Supreme Court con la sentenza Roe vs. Wade, ma anche rispetto al Conseil constitutionnel francese e al Verfassungsgerichtshof austriaco. Ampia è la trattazione comparatistica con l’ordinamento tedesco presente anche in A. Ferrato, La tutela penale del diritto a nascere, Padova, 2017, pp. 41 ss., in part. 54 ss. (l’opera, successivamente, si focalizza sulle questioni della procreazione medicalmente assistita).

[34] Cfr. Bundesgesetzblatt, Teil I, 21. Mai 1976, Nr. 56, pp. 1213-1214, visto su www.bgbl.de il 24 novembre 2022.

[35] Cfr. V. Krey, Strafrecht Besonderer Teil, Vol. 1, cit., p. 57. Si esprime criticamente su tale soluzione E. Schmidhäuser, Strafrecht Besonderer Teil, cit., pp. 37-38, ritenendola “complicata” e invisa alla pratica medica, pur riconoscendo che la soluzione dei termini tutelasse in misura troppo esigua la vita nascente.

[36] In tal senso, in fase antecedente alle vicende descritte, A. Kaufmann, Rechtsfreier Raum und eigenverantwortliche Entscheidung dargestellt am Problem des Schwangerschaftsabbruchs, in F.-C. Schröder-H. Zipf (a cura di), Festschrift für Reinhart Maurach, Karlsruhe, 1972, pp. 327-345, in part. p. 339.

[37] Cfr. L. V. Moscarini, voce Aborto. Profili costituzionali e disciplina legislativa, in Enc. Giur., Roma, 1990, pp. 1-11 dell’estratto, in part. 4 ss.

[38] Cfr., in epoca più vicina alle leggi in questione, U. Weber, Verletzung des Rechtsguts ʽLeben der Leibesfruchtʼ, cit., pp. 138-140, con ampi dati statistici, e B. Jähnke, 34. Lieferung §§ 218-220, fascicolo di H.-H. Jescheck-W. Ruß- G. Willms, Strafgesezbuch Leipziger Kommentar. Großkommentar, Vol. V, Berlin-New York, X ed. 1979-1989, 1983, pp. 22-23 dell’estratto. Similmente, nella dottrina italiana P. Nuvolone-A. Lanzi, voce Gravidanza (interruzione della), in Dig. disc. pen., Vol. VI, Torino, 1992, pp. 24-44, in part. la chiusura critica di cui in conclusione a p. 44. Per la dottrina più recente, si v. A. Ferrato, La tutela penale del diritto a nascere, cit., pp. 72 ss.

[39] Cfr. Bundesgesetzblatt, Teil I, 21, Mai 1976, Nr. 56, pp. 1214-1215, visto su www.bgbl.de il 24 novembre 2022.

[40] Cfr. Bundesgesetzblatt, Teil I, 27, Juli 1992, Nr. 37, pp. 1398-1404, visto su www.bgbl.de il 24 novembre 2022.

[41] Cfr. Deutscher Bundestag, Drucksache 7/1981, 7. Wahlperiode, 24 aprile 1974, contenente il Erster Bericht des Sonderausschusses für die Strafrechtsreform zu dem von den Fraktionen der SPD, FDP eingebrachten Entwurf eines Fünften Gesetzes zur Reform des Strafrechts (5. StrRG) (primo rapporto della commissione particolare per la riforma del diritto penale sulla proposta di una quinta legge di riforma del diritto penale presentata dai gruppi parlamentari socialdemocratico e liberaldemocratico), p. 17: «Sie will verhindern, daß der Schwangerschaftsabbruch in der Öffentlichkeit als etwas Normales dargestellt und kommerzialisiert wird».

[42] In questa sede, si citano per la prima volta i commentari allo Strafgesetzbuch di cui si farà citazione: AA. VV., SK-StGB -Systematischer Kommentar zum Strafgesetzbuch, Köln, 1975-1988, in part. estratto del 16. Titel di H.-J. Rudolphi, ivi, 1988; E. Dreher-H. Tröndle, Strafgesetzbuch und Nebengesetze, München, 44ma ed. 1988; B. Jähnke-H. W. Laufhütte-W. Oderski, Strafgesetzbuch Leipziger Kommentar. Fünfter Band §§ 146-222, Berlin, XI ed. 2005, in particolare il commento al 16. Abschnitt a cura di B. Jähnke e P. Kröger; G. M. Sander (a cura di), Münchener Kommentar zum Strafgesetzbuch. Band 4 §§ 185-262, München, II ed. 2012, in part. pp. 739-841, a cura di W. Gropp; H. Satzger-W. Schluckebier-G. Widmaier, StGB Strafgesetzbuch. Kommentar, Köln, III ed. 2016; A. Schönke-H. Schröder, Strafgesetzbuch. Kommentar, 30ma ed. 2019; T. Fischer, Strafgesetzbuch und Nebengesetze, München, 69ma ed. 2022, in part. pp. 1648 ss.; B. von Hentschel-Heinegg, Beckʼsche Online-Kommentar StGB, München, 55ma ed. 2022; A. Spickhoff, Medizinrecht, München, IV ed. 2022. Alcuni commentari, consultati presso la banca dati beck-online.beck.de, saranno menzionati non con il numero di pagina, bensì con il riferimento alla suddivisione in paragrafi del testo mediante il cd. Randnummer (numeretto a margine) abbreviato Rn., il cui contenuto normalmente rimane omogeneo anche fra aggiornamenti diversi

[43] Nell’esigua manualistica recente che dedichi una certa attenzione al § 219a StGB, si v. U. Murmann, Grundkurs Strafrecht, München, II ed. 2013, p. 18; R. Rengier, Strafrecht Bedonderer Teil II. Delikte gegen die Person und die Allgemeinheit, München, XXI ed. 2020, p. 99.

[44] In tal senso, anche se per ragioni profondamente differenti da quelle che animano lo scrivente, A. Kaufmann, Rechtsfreier Raum und eigenverantwortliche Entscheidung dargestellt am Problem des Schwangerschaftsabbruchs, cit. a p. 340, l’A. condivisibilmente critica l’espressione “vita futura” (das werdende Leben) proprio in ragione della sua scarsa pregnanza, dal momento che ogni vita è dotata di un futuro e di un passato. L’elemento differenziale sarebbe piuttosto reso dalla fase pre-natale della vita.

[45] Cfr. V. Krey, Strafrecht Besonderer Teil, Vol. 1, cit., pp. 58-62.

[46] Cfr. H. Otto, Grundkurs Strafrecht. Die einzelnen Delikte, Berlin, VII ed. 2005, p. 59.

[47] Cfr., nella letteratura casistica, H. Blei, Strafrecht. Besonderer Teil/1, München, 1996, p. 50.

[48] Si faccia riferimento al brillante servizio Lexetius, https://lexetius.com/StGB/218,1, scorrendo le precedenti versioni.

[49] Cfr. V. Krey, Strafrecht Besonderer Teil, Vol. 1, cit., p. 58; K. H. Gössel, Strafrecht Besonderer Teil, Vol. 1, cit., p. 121.

[50] In tal senso, in primis, H. Lüttger, Genese und Probleme einer Legaldefinition dargestellt am Beispiel des Schwangerschaftsabbruch, in R. Hamm (a cura di), Festschrift für Werner Sarstedt zum 70. Geburtstag, Berlin, 1981, pp. 169-187, in part. p. 171, e la dottrina ivi (auto)citata. Nella dottrina più recente, cfr. T. Weigend, Autonomie als Grenze des strafrechtlichen Lebesschutzes, in M. Böse-K.-H. Schumann-M. Toepel (a cura di), Festschrift für Urs Kindhäuser zum 70. Geburtstag, Baden-Baden, 2019, pp. 851 ss.

[51] Cfr. K. H. Gössel, Strafrecht Besonderer Teil, Vol. 1, cit., p. 122.

[52] Cfr. K. H. Gössel, Strafrecht Besonderer Teil, Vol. 1, cit., pp. 116-117. Il termine sarebbe letteralmente traducibile come “presidio di presenza” o, più tecnicamente, come servizio pubblico. Il lessico specifico del diritto penale rende utile il ricorso al concetto di funzione amministrativa, sul quale si tornerà infra, § 2.3.

[53] Cfr. R. Rengier, Strafrecht Bedonderer Teil II, cit., pp. 102-103.

[54] Un riferimento sintetico e preciso, in lingua italiana, è rinvenibile in. G. Bognetti, voce Aborto. Diritto comparato e straniero, cit., p. 3.

[55] Cfr. V. Krey, Strafrecht Besonderer Teil, Vol. 1, cit., pp. 62-64.

[56] Tant’è che V. Krey, Strafrecht Besonderer Teil, Vol. 1, cit., p. 62 presenta la previsione come Rechtfertigungsgrund.

[57] Si v. ancora G. Bognetti, voce Aborto. Diritto comparato e straniero, cit., p. 4.

[58] Cfr. V. Krey, Strafrecht Besonderer Teil, Vol. 1, cit., p. 65.

[59] Cfr. R. Rengier, Strafrecht Bedonderer Teil II, cit., pp. 106-107.

[60] Il contenuto di tale norma è sovrapponibile a quello dell’art. 54 c.p., salva l’indicazione di un elenco, tassativo ma ampio, di beni giuridici sottoponibili a protezione, in coerenza con la norma generale sulla responsabilità extracontrattuale (§ 823 BGB), a sua volta ispirata pressoché letteralmente al testo della Lex Aquilia de damno, in contrapposizione al modello di responsabilità per clausole generali adottati dal Code Napoleon e dalle codificazioni civilistiche italiane (da ultimo l’art. 2043 c.c.).

[61] Sul punto, vigorosamente, K. Lackner, Neuregelung des Schwangerschaftsabbruchs, in Neue Juristische Wochenschrift, 1976 (vol. 29), pp. 1233 ss., in part. 1236. Adesivamente alla critica di Lackner, V. Krey, loc. ult. cit.

[62] Cfr. V. Krey, loc. ult. cit., che dà ancora conto della collocazione della scriminante etico-criminologica nel Absatz 2, secondo periodo. Nella letteratura recente cfr. R. Rengier, Strafrecht Bedonderer Teil II, cit., p. 107.

[63] Cfr. R. Rengier, Strafrecht Bedoderer Teil II, cit., p. 106.

[64] Nel dispositivo (Entscheidungsformel) della sentenza BVerfGE 39, 1, al Capo II, punto 2 si legge «Der mit Einwilligung der Schwangeren von einem Arzt innerhalb der ersten zwölf Wochen seit der Empfängnis vorgenommene Schwangerschaftsabbruch ist nicht nach § 218 des Strafgesetzbuches strafbar, wenn an der Schwangeren eine rechtswidrige Tat nach den §§ 176 bis 179 des Strafgesetzbuches vorgenommen worden ist und dringende Gründe für die Annahme sprechen, dass die Schwangerschaft auf der Tat beruht».

[65] Cfr., nella dottrina comparatistica in lingua tedesca, J. Bosch-A. Mendes, Rapporto locale Italien, in A. Eser-H. G Koch, Schwangerschaftsabbruch im internationalen Vergleich, Vol. I, Baden-Baden, 1988, p. 799 ss., in part. p. 842 ss.

[66] Cfr. H.-J. Rudolphi, 16. Abschnitt, cit., pp. 89-91 dell’estratto.

[67] § 219 StGB, Abs. 1, ultimo periodo: «Das Nähere regelt das Schwangerschaftskonfliktgesetz».

[68] Cfr. W. Gropp, sub § 219 StGB, in Münchener Kommentar Bd. 4, cit., p. 823 ss.

[69] Cfr. W. Gropp, sub § 219 StGB, in Münchener Kommentar Bd. 4, cit., pp. 829-830; T. Fischer, Strafgesetzbuch, cit., p. 1672.

[70] Cfr. W. Gropp, sub §219b StGB, in Münchener Kommentar Bd. 4, cit., pp. 838-840; R. Rengier, Strafrecht BT II, cit., p. 107.

[71] Fonte: https://lexetius.com/StGB/219a,2.

[72] Cfr. U. Weber, Verletzung des Rechtsguts „Leben der Leibesfrucht“, cit., p. 146.

[73] Cfr. P. Kröger, § 219a StGB, in Leipziger Kommentar. 16.Abschnitt, cit., pp. 279-280.

[74] Cfr. H. Blei, Strafrecht II, cit., p. 42; A. Eser-B. Weißer, sub § 219a StGB, in A. Schönke-H. Schröder, Strafgesetzbuch, cit., Rn. 1.

[75] Cfr. A. Zivanic, Der Versammlungsbegriff des Strafgesetzbuchs, in Zeitschrift für die gesamte Strafrechtswissenschaft, 2020, n. 4, pp. 803-825.

[76] Cfr. C. Momsen-G. Momsen-Pflanz, sub § 219a StGB, in H. Satzger-W. Schluckebier-G. Widmaier, StGB Strafgesetzbuch. Kommentar, cit., Rn. 1-2.

[77] Cfr. H.-J. Rudolphi, 16. Abschnitt, cit., p. 94; C. Momsen-G. Momsen-Pflanz, sub § 219a StGB, cit., Rn. 4-5; A. Eser-B. Weißer, sub § 219a StGB, in A. Schönke-H. Schröder, Strafgesetzbuch, cit., su beck-online.beck.de, Rn. 2-4.

[78] Cfr. E. Dreher-H. Tröndle, Strafgesetzbuch, cit., p. 1134; P. Kröger, § 219a StGB, p. 280; W. Gropp, sub § 219a StGB, cit., pp. 836-837; T. Fischer, Strafgesetzbuch, cit., p. 1675.

[79] Cfr. C. Momsen-G. Momsen-Pflanz, sub § 219a StGB, cit., Rn. 8.

[80] Cfr. P. Kröger, § 219a StGB, cit., pp. 280-281; W. Gropp, sub § 219a StGB, cit., p. 837. Nella giurisprudenza di merito, con particolare riguardo alle istruzioni per l’uso, cfr. OLG Frankfurt a. M., Beschl, v. 22.12.2020 1 Ss 96/20 (sentenza della Corte d’appello di Francoforte sul Meno), pubblicata in Neue Zeitschrift für Strafrecht- RechtsprechungsReport, 2021, p. 106.

[81] Cfr. T. Fischer, Strafgesetzbuch, cit., p. 1675.

[82] Cfr., per tutti, P. Kröger, § 219a StGB, cit., p. 282.

[83] Cfr. H.-J. Rudolphi, 16. Abschnitt, cit., pp. 94-95.

[84] Cfr. S. Zimmermann, Paragraph 219a: Lebensschutz oder Informationsdefizit?, su katholisch.de, 28 giugno 2022, https://rb.gy/glvb0r.

[85] È di notevole interesse, in tal senso, l’opinione della ginecologa e docente universitaria A. Köninger, Stellungnahme als Sachverständige zur öffentlichen Anhörung zum Entwurf eines Gesetzes zur Änderung des Strafgesetzbuches – Aufhebung des Verbots der Werbung für den Schwangerschaftsabbruch (§ 219a StGB), zur Änderung des Heilmittelwerbegesetzes und zur Änderung des Einführungsgesetzes zum Strafgesetzbuch, su budestag.de, pagina Sachverständige mehr­heitlich für Aufhebung von Paragraf 219a, cit. Alle pp. 6-7 del parere, l’A. afferma che non sussistevano, in vigenza della norma, deficit d’informazione o impedimenti sostanziali alla pratica, come dimostrato che gran parte (95% ca.) delle operazioni interruttive avveniva comunque entro il termine delle 12 settimane. Lo scrivente di riserva di essere in disaccordo con la preconizzazione di una sostanziale indifferenza circa l’abolizione o meno del reato. Nella dottrina penalistica, annota J. Kinzig, ʽTote Tatbeständeʼ, in Zeitschrift für die gesamte Strafrechtswissenschaft, 2017, n. 2, pp. 415-424 che la vitalità della fattispecie sia stata piuttosto contenuta, calcolando un totale di 43 casi giudiziari su di essa basati: tanto dovrebbe testimoniare, nella nostra ottica, la sua scarsa incisività sulla discussione in materia di aborto.

[86] Cfr. E. M. Hoven, Stellungnahme, cit., pp. 3-4 del parere.

[87] In tal senso muove la pur moderata opinione di E. M. Hoven, op. cit., p. 2 del parere.

[88] Cfr. M. Kubiciel, Schriftfassung der Stellungnahme, cit., pp. 5-6 del parere.

[89] Cfr. Deutscher Bundestag, Drucksache 20/1017, 20. Wahlperiode, 15 marzo 2022, contenente lo Antrag der Fraktion der CDU/CSU (proposta del gruppo parlamentare cristiano-democratico e cristiano-sociale). In senso analogo la proposta scientifica di M. Kubiciel, Stellungnahme, cit., pp. 7-8.

[90] Cfr. M. Kubiciel, Stellungnahme, cit., pp. 6-7.

[91] Cfr. E. M. Hoven, Stellungnahme cit., pp. 4-5 del parere. In senso analogo, nella dottrina recente, H. Lorenz-E. Turhan, Von Altfällen und neuem Recht – § 219 a Abs. 4 StGB als misslungene Vorschrift, in Juristische Rundschau, 2020, n. 9, pp. 465-474.

[92] Così la proposta, firmata da un totale di 23 professori di diritto penale, S. Beck-M. Böse et al., Stellungnahme zum Straftatbestand der Werbung für den Abbruch der Schwangerschaft (§ 219a StGB), firmata nel dicembre 2017 e reperibile sulla pagina https://rb.gy/xvqk5r della Martin-Luther-Universität di Halle (Turingia).

[93] Cfr. ancora il mio lavoro La responsabilità degli enti per i reati nel diritto amministrativo punitivo tedesco cit. Studi italiani più risalenti – ma nondimeno più autorevoli − in materia di comparazione Ordnungswidrigkeitenrecht e diritto punitivo amministrativo sono C. E. Paliero, La legge 689 del 1981: prima «codificazione» del diritto penale amministrativo in Italia, in Pol. Dir., 1983, pp. 117- 164; Id., voce «Ordnungswidrigkeiten», in Dig. disc. pen., Vol. IX, Torino, 1995, pp. 125-130.

[94] Cfr. M. Kubiciel, Stellungnahme, cit., pp. 6-7.

[95] Sia consentito il rinvio al mio lavoro F. Camplani, La responsabilità degli enti per i reati nel diritto amministrativo punitivo tedesco (Parte I), in Diritto penale XXI Secolo, 2022, n. 1, pp. 70-99.

[96] Cfr. Gli accorti avvertimenti di W. Naucke, Ein fortwirkender juristischer Einbruch in das Tötungsverbot: Binding/Hoche. Die Freigabe der Vernichtung lebensunwerten Lebens. Ihr Maß und ihre Form, 1920, in I. Czeguhn-E. Hilgendorf- J. Weizel, Eugenik und Euthanasie 1850-1945, cit., pp. 71-86., trad. it. a cura dello scrivente F. Camplani, Un’irruzione giuridica permanente nel divieto di omicidio. Binding, Hoche, Liberalizzare l’annientamento delle vite prive di valore. Misura e forma, 1920, in Diritto Penale XXI Secolo, 2019, n. 2, pp. 339-359.

[97] Cfr. E. Pavesi, La Corte Suprema USA e l’aborto: una pronuncia di civiltà, su www.centrostudilivatino.it, 25 giugno 2022, https://rb.gy/55cv6l.