Manuel Ganarin 
Ricercatore di Diritto Canonico e Diritto Ecclesiastico
Alma Mater Studiorum Università di Bologna

Sommario: 1. L’elaborazione e la promulgazione della Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium ‒ 2. I capisaldi della riforma. La ‘vocazione’ missionaria e lo ‘stile’ sinodale della Curia romana ‒ 3. La valorizzazione dell’apporto dei christifideles laici nella compagine curiale ‒ 4. Gli interventi di razionalizzazione dell’assetto preesistente e il riparto di competenze, tra dubbi e ‘fughe in avanti’.

 

  1. L’elaborazione e la promulgazione della Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium

 

L’entrata in vigore, il 5 giugno 2022 in occasione della Solennità di Pentecoste, della Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium sulla Curia romana e il suo servizio alla Chiesa nel mondo[1], rappresenta indubbiamente uno dei punti culminanti del percorso riformatore avviato da Francesco sin dall’inizio del suo pontificato.

D’altronde, è noto come Papa Bergoglio, recependo i suggerimenti formulati durante le Congregazioni generali che hanno preceduto il Conclave nel quale è stato eletto al soglio petrino, già nel 2013 abbia istituito un coetus ristretto[2], poi divenuto Consiglio[3], di Cardinali non solo per aiutarlo nel governo della Chiesa universale ma altresì per studiare un progetto di revisione della Costituzione Apostolica Pastor bonus sulla Curia romana (28 giugno 1988) promulgata da San Giovanni Paolo II[4]. La stesura e la realizzazione di tale progetto, dunque, sono stati inscritti da subito tra gli obiettivi programmatici dell’azione del Pontefice argentino, segnando così l’avvio di un iter normativo protrattosi per ben nove anni nel corso del quale, come puntualizzato nella conferenza stampa di presentazione della riforma[5], si sono avvicendati diversi schemi, di volta in volta perfezionati sulla base dei rilievi e delle proposte di modifica provenienti da diverse realtà istituzionali ecclesiali – Conferenze episcopali, Chiese patriarcali e arcivescovili maggiori di rito orientale, Superiori dei Dicasteri e delle Istituzioni della Curia romana nonché delle Istituzioni collegate con la Santa Sede, Cardinali residenti a Roma, Università Pontificie presenti a Roma, Rappresentanti pontifici –, cui si sono aggiunti da ultimo i pareri della Congregazione per la Dottrina della Fede e del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi.

Un procedimento che ha innescato meccanismi virtuosi di consultazione, risultando perciò maggiormente partecipato in confronto al modus procedendi che ha contraddistinto negli ultimi anni la formazione di alcune leggi ecclesiastiche[6] – basti qui richiamare, quale precedente paradigmatico, il Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus sulla riforma dei processi di nullità matrimoniale del 2015[7] –; inoltre, si è prestata maggiore attenzione ai profili dottrinali e giuridici implicati, ferme restando le prerogative decisionali, ancorate al diritto divino, del legislatore supremo della Chiesa, impegnatosi in prima persona specie nella correzione e definizione dei contenuti delle bozze che sono state a lui sottoposte.

Nonostante le molteplici tappe che hanno scandito l’iter nomogenetico, non sono mancati errori redazionali che, una volta segnalati, hanno sospinto ad emendare il testo normativo all’indomani della sua divulgazione nel bollettino della Sala stampa della Santa Sede del 19 marzo 2022[8]. Basti pensare all’art. 93, che originariamente attribuiva al Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti la competenza ad occuparsi «della regolamentazione e della disciplina della sacra liturgia per quanto riguarda la forma straordinaria del Rito romano». La formulazione della norma, riferendosi alla forma extraordinaria, ossia alla liturgia romana anteriore alla riforma del 1970, riprendeva quanto stabilito nell’art. 1 del Motu Proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI (7 luglio 2007)[9], invero probabilmente superato dall’art. 1 del Motu Proprio Traditionis custodes di Francesco (16 luglio 2021)[10], secondo cui «I libri liturgici promulgati dai santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II, in conformità ai decreti del Concilio Vaticano II, sono l’unica espressione della lex orandi del Rito Romano». Si è dunque adeguata Praedicate Evangelium a tale innovazione legislativa, rettificando l’art. 93, che adesso menziona i «libri liturgici precedenti alla riforma del Concilio Vaticano II». Il nuovo art. 93 compare nella versione della Costituzione Apostolica riportata sia nel sito ufficiale della Santa Sede[11] sia nell’edizione del quotidiano L’osservatore romano del 31 marzo 2022[12]. Una versione che solleva gravi questioni di certezza giuridica inerenti alla promulgazione della Costituzione stessa, che dovrebbe verificarsi con la sua pubblicazione in uno dei fascicoli datati 2022 della “gazzetta ufficiale” degli Acta Apostolicae Sedis. È tuttavia risaputo che essi sono dati alle stampe con cospicuo ritardo[13], impedendo così agli operatori del diritto ecclesiale di individuare, in mancanza di una chiara formula promulgatoria[14], quale sia il testo autentico (in lingua italiana o latina?) di riferimento.

 

  1. I capisaldi della riforma. La ‘vocazione’ missionaria e lo ‘stile’ sinodale della Curia romana

 

Dalla lettura di Praedicate Evangelium si evince come siano stati assemblati organicamente in un’unica fonte del diritto i provvedimenti – in gran parte Lettere Apostoliche date Motu Proprio – che a partire dal pontificato di Benedetto XVI e, soprattutto, durante quello attuale, hanno aggiornato singoli ‘comparti’ della Curia romana[15]. Ma la Costituzione Apostolica si spinge oltre: non avendo portata meramente ricognitiva di una stagione innovatrice in atto da quasi dieci anni, essa introduce rilevanti elementi di novità, una parte dei quali si pongono in linea di discontinuità con quanto stabilito dai predecessori di Francesco. È quanto sembra emergere sia dal Preambolo (I, nn. 1-12), che illustra i postulati teologici ed ecclesiologici della riforma, sia dai Principi e criteri per il servizio della Curia romana (II, nn. 1-12), che riprendono tali postulati e forniscono le chiavi di lettura per la comprensione dei duecentocinquanta articoli che compongono la parte dispositiva del documento (III-XI).

Un primo aspetto su cui si concentra la Costituzione Apostolica è quello della missionarietà. La Curia romana, infatti, è concepita quale ‘locus missionis’ che nel momento in cui svolge le sue attività è chiamata ad annunciare e a testimoniare il Vangelo e la misericordia di Dio[16]. Essa, pertanto, deve farsi protagonista di un ininterrotto sforzo di ‘conversione strutturale’[17] promosso nella consapevolezza della duplice dimensione, spirituale e professionale, del servizio che alla Curia medesima dovrebbe essere prestato «con il più alto senso di collaborazione, di corresponsabilità e di rispetto verso la competenza altrui» (art. 3) e in conformità all’«impegnativo dovere di essere discepoli-missionari, mostrando esempio di dedizione, spirito di pietà, di accoglienza a quanti ad essa si rivolgono e di servizio» (art. 5). È alquanto significativo che i primi articoli di Praedicate Evangelium, a differenza della legislazione previgente, si soffermino, da un lato, sull’Indole pastorale delle attività curiali (artt. 2-6) per rimarcare le peculiarità di queste ultime[18]; e manifestino, dall’altro, l’esigenza che il personale della Curia romana, «oltre alla dedizione e alla rettitudine», di vita sia al contempo «qualificato» affinché operi con «professionalità, ossia competenza e capacità nella materia in cui si è chiamati a prestare la propria attività» (art. 7 § 1).

Integrità interiore e attitudine professionale costituiscono quindi un binomio inscindibile e uno dei tratti più salienti del ‘volto’ rinnovato dell’assetto curiale[19]; in aggiunta si ribadisce, al fine di scongiurare l’insediamento di ‘centri di potere’ inamovibili e la tentazione del ‘carrierismo’, che le nomine pontificie di Prefetti (o equiparati), Membri, Segretari, Sottosegretari, Officiali maggiori assegnati a Capi ufficio (equiparati ed esperti) e Consultori siano ad quinquennium (art. 17 § 1). Quanto agli Officiali chierici e membri di un Istituto di Vita Consacrata o di una Società di Vita Apostolica, invece, al termine del quinquennio questi devono «Di regola» fare ritorno nella loro diocesi (o eparchia) o nell’Istituto o Società di appartenenza, benché il loro incarico possa «essere prorogato per un altro periodo di cinque anni» laddove «i Superiori della Curia romana lo ritengano opportuno» (§ 4). La norma sembra precarizzare in misura eccessiva l’apporto prezioso di coloro che svolgono funzioni prettamente gestionali e/o operative (come, per esempio, quelle di minutante, addetto di segreteria, notaio di tribunale, scrittore, ecc.) e potrebbero, nel corso degli anni, maturare un’esperienza consolidata nella trattazione degli affari tale da garantire il soddisfacimento dei criteri di razionalità e di funzionalità che pure dovrebbero informare le «attività di ciascuna delle componenti della Curia romana» (art. 8 §§ 1-2). È preferibile allora che la disposizione sia applicata con prudenza[20], non escludendo la stabilizzazione del rapporto di collaborazione con gli Officiali chierici e consacrati più capaci inizialmente assunti ad tempus, soprattutto nell’ipotesi in cui, a seguito di prorogatio discrezionalmente concessa, abbiano servito la Curia per dieci anni.

Un ulteriore tratto distintivo della Curia romana voluta da Francesco, strettamente legato a quello della missionarietà, è la sinodalità, che si sostanzia secondo quanto precisa il Preambolo nell’«ascolto reciproco» (I, n. 4), in modo da sviluppare prassi informate al dialogo e al confronto[21] e consolidare uno «stile»[22] atto a connotare indicativamente l’azione pastorale di governo della Chiesa universale, così da rafforzarne l’unità interna. In effetti, Praedicate Evangelium insiste a più riprese sulla necessità che sia attuata tanto la collaborazione intradicasteriale per favorire «un funzionamento disciplinato ed efficace, al di là delle diversità culturali, linguistiche e nazionali» (art. 9 § 2) attraverso l’«uso in modo regolare e fedele» del Congresso, delle Sessioni ordinarie o plenarie dei Membri dei Dicasteri e delle Consulte (artt. 10, 25, 26 e 27 § 2); quanto la collaborazione interdicasteriale «in una dinamica di mutua collaborazione, ciascuno secondo la propria competenza, in costante interdipendenza e interconnessione delle attività» (art. 9 § 1) attraverso le riunioni indette dal Romano Pontefice dei Capi delle Istituzioni curiali, le riunioni interdicasteriali (artt. 10 e 34 § 1) nonché, per gli «affari di competenza mista», le Sessioni plenarie congiunte dei Dicasteri coinvolti e le Commissioni interdicasteriali (art. 28 §§ 3 e 5)[23].

Inoltre, durante la preparazione di un «documento generale», l’Istituzione competente dovrebbe trasmettere («trasmetta») il relativo testo alle «Istituzioni curiali coinvolte» – rectius ‘interessate’: non tutte le Istituzioni ‘interessate’, ratione materiae, potrebbero essere state ‘coinvolte’[24] – «per ricevere osservazioni, emendamenti e suggerimenti, al fine di perfezionarlo» (art. 29 § 1). Nel novero di queste ultime dovrebbero ricomprendersi il Dicastero per i Testi Legislativi, che fornisce un servizio di supporto tecnico-giuridico, in quanto «assiste» le Istituzioni curiali per verificare che i testi normativi «siano conformi alle prescrizioni di legge universale vigente e redatti nella dovuta forma giuridica» (art. 179); ed il Dicastero per la Dottrina della Fede (Sezione dottrinale), al quale devono essere sottoposti i documenti che riguardano la dottrina circa la fede e i costumi per esprimere non più un giudizio, come stabiliva l’art. 54 della Costituzione Apostolica Pastor bonus, bensì un «parere […] che mediante una procedura di confronto e intesa aiuterà ad assumere decisioni opportune» (art. 75). Queste innovazioni non rafforzano incisivamente il controllo preventivo effettuato dai due Dicasteri per la salvaguardia dell’unitas disciplinae e dell’unitas fidei: nel primo caso perché le Istituzioni curiali non sembrano obbligate a rivolgersi al Dicastero per i Testi Legislativi[25]; nel secondo caso perché l’intervento del Dicastero per la Dottrina della Fede ora si concretizza non più in un giudizio che, laddove fosse stato negativo, avrebbe potuto persino impedire la pubblicazione di un documento[26], bensì in un parere obbligatorio quale esito di una ‘concertazione’ tra Istituzioni poste in posizione di parità su temi di rilevanza dottrinale che, di conseguenza, appariranno ‘contrattabili’ o implicheranno il coinvolgimento del Romano Pontefice in caso di dissidio.

Il metodo sinodale poi deve proiettarsi anche ad extra Curiae, ma pur sempre ad intra Ecclesiae, così da realizzare un altro principio cardine della riforma: la valorizzazione dei modi di espressione della communio Episcoporum a servizio del Papa, dei Vescovi e di tutta la Chiesa (I, n. 7)[27], in particolare le Conferenze episcopali, le loro «Unioni regionali e continentali» – che l’Annuario pontificio denominava ‘Riunioni internazionali di Conferenze episcopali’[28] – e le «Strutture gerarchiche orientali» (cioè i Sinodi dei Vescovi delle Chiese patriarcali e arcivescovili maggiori, i Consigli dei gerarchi delle Chiese metropolitane sui iuris e le Assemblee dei Gerarchi di diverse Chiese sui iuris)[29], alle quali, per esempio, deve essere richiesto il parere «Quando la questione lo richieda», in merito ai «documenti di carattere generale aventi rilevante importanza o quelli che riguardano in modo speciale alcune Chiese particolari» (art. 36 § 2). La Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium è disseminata di articoli che ingiungono ai Dicasteri di supportare e di collaborare con questi organismi episcopali[30], purché sia preservata la potestà propria dei pastori preposti alle Chiese particolari «nello spirito di una “sana decentralizzazione” [… per] le questioni che conoscono bene e non toccano l’unità di dottrina, di disciplina e di comunione della Chiesa» (II, n. 2). Può dunque comprendersi in tale prospettiva la competenza inedita del Dicastero per i Vescovi di indire visite apostoliche «Nei casi in cui per il retto esercizio della funzione episcopale di governo si richieda un intervento speciale» soltanto «qualora il Metropolita o le Conferenze episcopali non siano in grado di risolvere il problema» (art. 107 § 2); o quella del Dicastero per le Chiese orientali di esaminare «di volta in volta» quali questioni di governo possono essere affidate alle autorità delle Chiese cattoliche di rito orientale, anzitutto le Chiese patriarcali, in deroga a quanto previsto nel Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium (art. 82 § 2)[31].

 

  1. La valorizzazione dell’apporto dei christifideles laici nella compagine curiale

 

Il punto forse più dirompente e ‘rivoluzionario’ concerne invero il ruolo dei laici nelle strutture di governo apicale della Chiesa. In forza del principio di eguaglianza battesimale dei christifideles (I, n. 10)[32], Praedicate Evangelium puntualizza che ogni Istituzione curiale «compie la propria missione in virtù della potestà ricevuta dal Romano Pontefice in nome del quale opera con potestà vicaria nell’esercizio del suo munus primaziale. Per tale ragione qualunque fedele può presiedere un Dicastero o un organismo» (II, n. 5). Mediante tale affermazione, il legislatore sembra prendere posizione circa una complessa questione dottrinale ampiamente dibattuta nella Chiesa, relativa alle relazioni tra potestas ordinis e potestas iurisdictionis: stabilendo che pure i laici, sia uomini sia donne, possano esercitare quest’ultima nell’ambito della Curia romana[33].

Si tratta di una novità considerevole, che secondo il giudizio di Gianfranco Ghirlanda, espresso perentoriamente nella conferenza stampa di presentazione della Costituzione Apostolica, «dirime la questione della capacità dei laici di ricevere uffici che comportano l’esercizio della potestà di governo nella Chiesa, purché non richiedano la ricezione dell’Ordine sacro, ed indirettamente affermano che la potestà di governo nella Chiesa non viene dal sacramento dell’Ordine, ma dalla missione canonica»[34]. Così, l’art. 14 § 1 prescrive seccamente che ogni Istituzione curiale – dicitura che ricomprende la Segreteria di Stato, i Dicasteri, gli Organismi di giustizia e quelli economici (art. 12 § 2) – «è retta dal Prefetto, o equiparato, che la dirige e la rappresenta» (art. 14 § 1), mentre la Pastor bonus prevedeva che i Dicasteri fossero retti da un Cardinale Prefetto o da un Arcivescovo Presidente (artt. 3 §§ 1 e 4). Quanto ai Membri delle Istituzioni curiali, ai sensi dell’art. 15, essi «sono nominati tra i Cardinali dimoranti sia nell’Urbe sia fuori di essa, ai quali si aggiungono, in quanto particolarmente esperti nelle cose di cui si tratta, alcuni Vescovi, soprattutto diocesani/eparchiali, nonché, secondo la natura del Dicastero[35], alcuni presbiteri e diaconi, alcuni membri degli Istituti di Vita Consacrata e delle Società di Vita Apostolica ed alcuni fedeli laici».

Quest’ultima norma, che ha abrogato la riserva volta ad escludere i laici dalla trattazione degli affari che implicano l’esercizio della potestà di governo (art. 7, Pastor bonus), introduce una sorta di ‘graduatoria preferenziale’ e formalizza un requisito, quello della «natura» del Dicastero, che dovrebbero in futuro influenzare le nomine pontificie e dunque potenzialmente ridimensionare il coinvolgimento di fedeli laici nelle posizioni di vertice della Curia romana[36]. D’altro canto, ancorché la Costituzione Apostolica taccia sul punto, non potrà non essere considerata la peculiare ‘natura’ di un Dicastero – criterio piuttosto ambiguo e inidoneo a circoscrivere debitamente l’apprezzamento discrezionale della suprema autorità – anche nella designazione dei Prefetti, perché se in linea di principio i laici potranno divenire Capi delle Istituzioni curiali, ciò potrà verificarsi tuttavia «attesa la peculiare competenza, potestà di governo e funzione di questi ultimi» (II, n. 5)[37]: soddisfacendo ragioni di opportunità e pragmatiche le quali, se per un verso condurranno alla nomina di un laico alla guida del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita o a quello per la Comunicazione, per l’altro verosimilmente sconsiglieranno di affidargli, per esempio, il Dicastero per i Vescovi, per il Clero o per le Chiese orientali[38].

E ciò non per una presunta ‘inabilità’ dei laici a decidere questioni riguardanti chierici o consacrati, ma segnatamente per le conoscenze e le competenze che solitamente acquisiscono in campo pastorale specie gli ordinati in sacris, i consacrati e chi accede alla dignità episcopale (ma non solo). In questo senso, l’‘arruolamento’ di fedeli laici vere periti non soltanto nei Dicasteri ma anche negli Organismi di giustizia sarebbe stato auspicabile, apparendo ingiustificata la loro estromissione dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, che rimane per esplicita volontà del legislatore composta da Cardinali, Vescovi e presbiteri e presieduta da un Cardinale Prefetto (art. 195 § 1)[39]. Il rinnovato carattere vicario della Curia, infatti, non sembra giustificare disposizioni di tale portata volte a differenziare il trattamento dei christifideles sul piano sacramentale: di conseguenza, non pare plausibile invocare la peculiare natura e le competenze specifiche del Tribunale[40], adducendo che queste ultime dovrebbero essere convenientemente esercitate solo da Vescovi e presbiteri perché, ad esempio, la Segnatura giudica i profili di legittimità degli atti amministrativi singolari di Vescovi e Istituzioni curiali e adotta, se necessario, provvedimenti disciplinari nei riguardi di autorità locali nell’ambito della funzione di vigilanza sulla retta amministrazione della giustizia nella Chiesa (artt. 197 § 1 e 198, n. 1).

Non si può, infine, sottacere che la rimeditazione del concetto di potestas vicaria compiuta dalla riforma di Papa Francesco sarà probabilmente destinata a produrre ripercussioni di ordine sistemico, vale a dire sull’ordinamento giuridico della Chiesa complessivamente considerato, dischiudendo per esempio a future modifiche dei canoni del Codex Iuris Canonici del 1983 sul governo della Chiesa particolare. Se, infatti, da ora in avanti un laico potrà assumere la carica di Prefetto o fare parte del gruppo dei Membri di un Dicastero, potrebbero non esservi più ragioni di carattere teologico-giuridico tali da impedire al Pontefice di disciplinare la provvisione degli uffici di vicario episcopale (can. 478 § 1) e di vicario giudiziale (can. 1420 § 4) non più solamente a sacerdoti, tenendo però conto della ‘natura’ degli uffici medesimi.

 

  1. Gli interventi di razionalizzazione dell’assetto preesistente e il riparto di competenze, tra dubbi e ‘fughe in avanti’

 

Tra gli obiettivi perseguiti dalla Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium vi è, infine, quello di razionalizzare tanto il numero dei Dicasteri preesistenti quanto le funzioni attribuite alle Istituzioni curiali «con l’obiettivo di evitare sovrapposizioni di competenze e di rendere il lavoro più efficace» (II, n. 11)[41]. Il confronto tra Pastor bonus e Praedicate Evangelium in realtà rivela come il numero degli enti curiali non sia stato ridotto: se, infatti, la Costituzione Apostolica del 1988 ne annoverava ventotto (Segreteria di Stato, nove Congregazioni, tre Tribunali, dodici Pontifici Consigli e tre Uffici), quella vigente ne annovera ventinove (Segreteria di Stato, sedici Dicasteri[42], tre Organismi di giustizia[43], sei Organismi economici[44] e tre Uffici[45]). E ciò sebbene Papa Francesco abbia con questa riforma accorpato la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione nel Dicastero per l’Evangelizzazione (artt. 53-68) nonché la Congregazione per l’Educazione Cattolica e il Pontificio Consiglio della Cultura nel Dicastero per la Cultura e l’Educazione (artt. 153-162)[46].

Al di là dei profili meramente quantitativi, Praedicate Evangelium rimedita le categorie strutturali: superata la distinzione tra Segreteria di Stato, Congregazioni, Tribunali, Pontifici Consigli ed Uffici, che costituivano la compagine dei Dicasteri della Curia romana (art. 2 § 1, Pastor bonus), ora si conia l’espressione «Istituzione curiale» per indicare la Segreteria di Stato, i Dicasteri, gli Organismi di giustizia e quelli economici (art. 12 §§ 1-2): con l’esclusione dunque degli Uffici, tra i quali figura il Camerlengo di Santa Romana Chiesa (§ 3) che non risulta più preposto alla Camera Apostolica, incomprensibilmente soppressa dal legislatore nonostante il Camerlengo continui ad avere il compito di curare e di amministrare i beni e i diritti temporali della Sede Apostolica nel momento in cui essa è vacante (art. 236)[47]. Rappresenta certamente un’innovazione la categoria dei Dicasteri, ove confluiscono le ex Congregazioni e gli ex Pontifici Consigli, dando così luogo ad un’uniformazione e ad un appiattimento nominale per mezzo dell’uso di un termine, «Dicastero», il quale, oltre a non identificare con chiarezza e immediatezza la funzione prevalentemente esercitata, a presidio del principio direttivo di tendenziale distinzione delle funzioni a garanzia dei diritti dei christifideles, appare freddamente burocratico piuttosto che genuinamente ecclesiale; per di più, esso è estraneo alla tradizione istituzionale della Chiesa, nella quale il termine Congregatio vantava una tradizione consolidata che forse non meritava di essere archiviata[48].

Quanto all’ordine delle Istituzioni curiali, la Segreteria di Stato continua a formare una categoria a sé stante, conservando un ruolo primario e centrale nell’organizzazione delle attività della Curia. Essa, infatti, ieri come oggi coadiuva «da vicino il Romano Pontefice nell’esercizio della sua suprema missione», tanto da ricevere nuovamente l’appellativo di «Segreteria papale» (art. 44), già attribuitale dalla Costituzione Apostolica Regimini Ecclesiae universae di Paolo VI del 15 agosto 1967[49]. Da segnalare invece che nell’enumerazione dei Dicasteri compare per primo il Dicastero per l’Evangelizzazione, presieduto personalmente dal Papa (art. 54) e anteposto al Dicastero per la Dottrina della Fede. Una collocazione, si è rilevato[50], giuridicamente irrilevante ma comunque dal valore simbolico eloquente, che svela la volontà del legislatore di porre quale baricentro delle attività della Curia romana il principio di missionarietà[51], peraltro sotteso al Preambolo della stessa Costituzione Apostolica (I, nn. 1-3). Riguardo poi alla redistribuzione delle competenze, vi sono luci ed ombre.

A titolo esemplificativo, non si può che plaudire alla delimitazione dei compiti degli Organismi economici alla Santa Sede e non anche allo Stato della Città del Vaticano, che previene improprie commistioni tra ordinamento canonico e ordinamento vaticano foriere di molteplici e complesse questioni (artt. 205-227)[52]. Così come alla valorizzazione del Dicastero per i Testi Legislativi, di cui Praedicate Evangelium esplicita alcune funzioni da tempo sviluppate in via di prassi: dai chiarimenti, sotto forma di dichiarazioni e di note esplicative, ai dubia iuris che non richiedono un’interpretazione autentica (art. 177); dalla formulazione di proposte al Romano Pontefice per il superamento di lacunae legis o l’aggiornamento della normativa vigente (art. 178), alla promozione dello studio del diritto della Chiesa nonché alla vigilanza sulla sua retta applicazione, segnalando l’eventuale presenza di prassi illegittime (art. 182 §§ 1-2)[53]. Per converso, è assai discutibile il trasferimento dalla Congregazione per i Vescovi al neoistituito Dicastero per il Clero della «competenza su tutto ciò che spetta alla Santa Sede circa le Prelature personali» (art. 117).

Una scelta che presuppone l’inquadramento della prelatura personale quale istituto o organo amministrativo di tipo associativo per una migliore distribuzione del clero – secondo una posizione dottrinale minoritaria probabilmente avallata dal redattore della norma[54] – e misconosce la realtà sostanziale dell’unica prelatura personale sino ad oggi eretta, ossia la Prelatura della Santa Croce e Opus Dei, che conta di un numero esiguo di sacerdoti a fronte di un numero assai esteso di laici incorporati[55]. Altrettanto discutibile può ritenersi l’istituzione presso il Dicastero per la Dottrina della Fede della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, che consiglia il Romano Pontefice e propone opportune iniziative per la tutela di minori e persone vulnerabili (art. 78 § 1).

Il collegamento tra il Dicastero e la Commissione è, del resto, meramente nominale in quanto funzionale alla sua esclusiva integrazione nella Curia romana[56], essendo la Commissione presieduta da un Presidente delegato e chiamata a svolgere, in posizione di autonomia[57], compiti diversi rispetto a quello del Dicastero di accertare e punire i delicta contra mores[58]. In particolare, essa elabora «strategie e procedure opportune» per dare una risposta adeguata ai casi di abuso sessuale «da parte del clero e di membri degli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica» (art. 78 § 2). Meraviglia che l’articolo ometta di richiamare i fedeli laici, quando la recente riforma del Libro VI del Codice di Diritto Canonico, De sanctionibus poenalibus in Ecclesia, ora include tra i soggetti attivi del delitto pure qualunque fedele che goda di una dignità o compia un ufficio o una funzione nella Chiesa (can. 1398 § 2)[59]: la Commissione, del resto, dovrebbe svolgere le sue funzioni preventive anche verso i laici alla luce della parabola evolutiva del diritto penale canonico.

Vi sono poi alcune attribuzioni che potrebbero percepirsi come ‘fughe in avanti’, aprendo a nuovi ‘scenari’ nel più ampio contesto della reformatio Ecclesiae[60]. Per esempio, il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita ha il compito sia di elaborare «modelli di ruoli guida per la donna nella Chiesa» (art. 131), sia di valutare e approvare quanto proposto dalle Conferenze episcopali circa l’«istituzione di nuovi ministeri e uffici ecclesiastici da affidare a laici, secondo le necessità delle Chiese particolari» (art. 133). Si involvono, soprattutto nel primo caso, aspetti di rilevanza dottrinale che investono la competenza di più Dicasteri e potrebbero ripercuotersi a livello teologico e giuridico sul rapporto tra sacerdozio comune dei fedeli e sacerdozio ministeriale o gerarchico proprio dei fedeli ordinati.

Tra le righe della Costituzione Apostolica, dunque, si intravedono altre ‘riforme nella riforma’ della Curia romana, che riflettono al fondo l’incompiutezza sostanziale della Costituzione medesima, la quale dovrebbe essere dapprima ‘metabolizzata’ e in seguito attuata secondo linee di indirizzo uniformi e durature. In altri termini, si renderebbe necessario assicurare delle fasi transitorie di stabilitas anziché rincorrere insistentemente le istanze riformatrici che emergono nella Chiesa con il rischio di accoglierle in assenza di un disegno strategico organico e coerente. Ciò non significa ovviamente obliare o abbandonare l’immagine della Curia – e dell’Ecclesia[61]semper reformanda[62], la quale deve essere rinnovata sulla base delle necessità dei tempi; bensì restituire l’immagine di una Curia finalmente riformata, ove potranno consolidarsi principi e valori che si pongano nel delicato equilibrio tra tradizione e innovazione: così da avviare meglio orientati processi di cambiamento atti a non fossilizzare la Curia (e la Chiesa), che in quanto struttura di diritto umano mutevole nei secoli è ovviamente via via rimodellabile, ma auspicabilmente e realisticamente con il metodo e la gradualità necessari.

 

[1] Cfr. Francesco, Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium sulla Curia Romana e il suo servizio alla Chiesa e al Mondo, 19 marzo 2022, in L’osservatore romano, 31 marzo 2022, pp. I-XII.

[2] Si veda il comunicato della Segreteria di Stato pubblicato in L’osservatore romano, 14 aprile 2013, p. 1.

[3] Cfr. Francesco, Chirografo Tra i suggerimenti con il quale viene istituito un Consiglio di cardinali per aiutare il Santo Padre nel governo della Chiesa universale e per studiare un progetto di revisione della costituzione apostolica “Pastor Bonus” sulla Curia Romana, 28 settembre 2013, in L’osservatore romano, 30 settembre-1° ottobre 2013, p. 1 (e in Acta Apostolicae Sedis, CV [2013], pp. 875-876).

[4] Cfr. Giovanni Paolo II, Constitutio apostolica Pastor bonus de Romana Curia, 28 giugno 1988, in Acta Apostolicae Sedis, LXXX (1988), pp. 841-930.

[5] Ricostruisce le ‘tappe’ dell’iter normativo M. Mellino, Intervento di S.E. Mons. Marco Mellino, consultabile all’indirizzo internet https://press.vatican.va, § 1, Elaborazione del testo.

[6] Su questi aspetti si veda per tutti la ricostruzione di G. Boni, La recente attività normativa ecclesiale: finis terrae per lo ius canonicum? Per una valorizzazione del ruolo del Pontificio Consiglio per i testi legislativi e della scienza giuridica nella Chiesa, Mucchi Editore, Modena, 2021, in part. p. 65 ss.

[7] Cfr. G. Boni, La riforma del processo matrimoniale canonico. Osservazioni e questioni aperte, in La riforma del processo canonico per la dichiarazione di nullità del matrimonio, a cura del Gruppo Italiano Docenti di Diritto Canonico, Edizioni Glossa, Milano, 2018, p. 105 ss.

[8] Cfr. Francesco, Costituzione Apostolica “Praedicate Evangelium” sulla Curia Romana e il suo servizio alla Chiesa e al mondo, 19 marzo 2022, consultabile all’indirizzo internet https://press.vatican.va.

[9] Cfr. Benedetto XVI, Litterae apostolicae «motu proprio» datae Summorum Pontificum de usu extraordinario antiquae formae Ritus Romani, 7 luglio 2007, in Acta Apostolicae Sedis, XCIX (2007), p. 777 ss.

[10] Cfr. Francesco, Lettera apostolica in forma di motu proprio del Sommo Pontefice Francesco “Traditionis custodes” sull’uso della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970, 16 luglio 2021, in L’osservatore romano, 16 luglio 2021, p. 2.

[11] Si veda, nel sito www.vatican.va, la sezione che raccoglie le Costituzioni Apostoliche di Francesco.

[12] Così la versione di Praedicate Evangelium pubblicata ne L’osservatore romano del 31 marzo 2022 (cfr. p. VI).

[13] Sulle problematiche relative alla promulgazione della legge canonica rinviamo a E. Baura, Parte generale del diritto canonico. Diritto e sistema normativo, Edusc, Roma, 2013, pp. 276-281.

[14] Essa recita: «Stabilisco che la presente Costituzione apostolica sia, ora e in avvenire, stabile, valida ed efficace, consegua perfettamente i suoi effetti a partire dal giorno 5 giugno 2022, Solennità di Pentecoste, e che ne sia curata la piena osservanza, in tutti i particolari, da parte di coloro cui essa è diretta, per il presente e per il futuro, nonostante qualsiasi circostanza in contrario, anche se meritevole di specialissima menzione». Sarebbe stato opportuno prevedere che la Costituzione Apostolica fosse promulgata tramite pubblicazione nel quotidiano L’osservatore romano, come negli ultimi anni è sovente accaduto, ricorrendo all’eccezione espressamente prevista nel can. 8 § 1 del Codice di Diritto Canonico.

[15] Cfr., per esempio, L. Sabbarese, Curia romana semper reformanda. Recenti variazioni nelle competenze di alcuni dicasteri, in Ephemerides iuris canonici, LIII (2013), p. 427 ss.; L. Lorusso, Le modifiche di Benedetto XVI alla Costituzione Apostolica «Pastor Bonus»: un ponte verso ulteriori riforme, in Iura Orientalia, X (2014), p. 67 ss.; H.H. Cappello, El papa Francisco e la reforma de la Curia Romana, in Anuario Argentino de Derecho Canónico, XXIV (2018), p. 183 ss.; J.I. Arrieta, La reforma de la Curia Romana, in Verdad, Justicia y Caridad. Volume commemorativo del 50° aniversario de la Asociación Española de Canonistas, coord. L. Ruano Espina – C. Peña García, Dykinson, Madrid, 2019, p. 29 ss.; K. Martens, The Ongoing Franciscan Reform of the Roman Curia: Reflections on the Christmas Addresses of Pope Francis to the Roman Curia and The Reform Thus Far, in Opus humilitatis iustitia. Studi in memoria del Cardinale Velasio De Paolis, I, a cura di L. Sabbarese, Urbaniana University Press, Città del Vaticano, 2020, p. 311 ss.

[16] «La missionarietà è ciò che rende, e mostra, la Curia fertile e feconda; è la prova dell’efficacia, dell’efficienza e dell’autenticità del nostro operare […]. Ogni battezzato è missionario della Buona Novella innanzitutto con la sua vita, con il suo lavoro e con la sua gioiosa e convinta testimonianza»: Francesco, Allocutio dum Summus Pontifex faustis omnibus occasione Natalis Christi Curiam Romanam prosequitur, 21 dicembre 2015, in Acta Apostolicae Sedis, CVIII (2016), p. 37.

[17] La riforma intende promuovere la «conversione missionaria» delle strutture ecclesiastiche, auspicata da Francesco nel suo ‘manifesto’ programmatico, ossia l’Esortazione apostolica Evangelii gaudium. Cfr. Francesco, Adhortatio apostolica Evangelii gaudium Summi Pontificis Francisci Episcopis Presbyteris ac diaconis viris et mulieribus consecratis omnibusque christifidelibus laicis de Evangelio Nuntiando nostra aetate, 24 novembre 2013, in Acta Apostolicae Sedis, CV (2013), p. 1019 ss., in part. nn. 30 e 32.

[18] Su questo aspetto, Praedicate Evangelium sembra approfondire ulteriormente qual è la portata del servizio (diaconia) pastorale della Curia romana, già esplicitata nell’ampia Introduzione alla Costituzione Apostolica Pastor Bonus del 1988, ove si afferma che ‘Il potere e l’autorità dei Vescovi hanno il carattere di diaconia, secondo il modello di Cristo stesso, il quale «non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mc 10, 45). Occorre perciò intendere ed esercitare il potere nella Chiesa secondo le categorie del servire, di modo che l’autorità abbia la pastoralità come carattere principale’ (n. 2).

[19] Sarà necessario, dunque, assicurare la formazione tanto spirituale quanto permanente del personale. Sulla necessità di tale formazione cfr. F. Coccopalmerio, Spunti di riflessione sulla Curia Romana, in Iura Orientalia, X (2014), p. 64; J.I. Arrieta, I criteri di riforma della Curia romana alla luce dell’esperienza giuridica, in Ephemerides iuris canonici, LVIII (2018), p. 14.

[20] Durante la presentazione ufficiale della riforma, G. Ghirlanda, Intervento del Prof. Gianfranco Ghirlanda, S.I., consultabile all’indirizzo web https://press.vatican.va, § 5, La riforma interiore: stato e disposizione interiore delle persone, ha precisato che tale disposizione sarebbe stata introdotta al fine di «evitare un carrierismo automatico».

[21] La Costituzione Apostolica, dunque, ferme restando le peculiarità dell’assetto della Curia, mira a fare progredire al suo interno «lo specifico modus vivendi et operandi della Chiesa Popolo di Dio che manifesta e realizza in concreto il suo essere comunione nel camminare insieme, nel radunarsi in assemblea e nel partecipare attivamente di tutti i suoi membri alla sua missione evangelizzatrice»: Commissione Teologica Internazionale, La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, 2018, n. 6, consultabile all’indirizzo internet www.vatican.va.

[22] Così Francesco, Discorso del Santo Padre Francesco ai membri del Collegio cardinalizio e della Curia romana per la presentazione degli auguri natalizi, 23 dicembre 2021, in L’osservatore romano, 23 dicembre 2021, p. 10.

[23] Va precisato che il termine ‘Dicastero’ assume un diverso significato in Praedicate Evangelium. Mentre, infatti, nella Costituzione Apostolica Pastor bonus esso aveva una portata onnicomprensiva per indicare la Segreteria di Stato, le Congregazioni, i Tribunali, i Pontifici Consigli e gli Uffici (art. 2 § 1), ora invece per ‘Dicastero’ si intende una delle categorie di ‘Istituzioni curiali’, dicitura che ricomprende, oltre appunto ai Dicasteri della Curia romana, la Segreteria di Stato, gli Organismi economici e gli Organismi di giustizia. Appare evidente, dunque, come nella Costituzione Apostolica di Francesco si faccia talvolta impropriamente ricorso ai termini ‘Dicastero’, ‘intradicasteriale’ e ‘interdicasteriale’ (cfr. II, nn. 8-9; artt. 10 e 25-28), che richiamano solo una parte, seppur consistente, dell’attuale organigramma curiale. In alternativa, avrebbero potuto utilizzarsi espressioni come ‘Istituzione/i’, ‘intraistituzionale’ e ‘interistituzionale’.

[24] Sorprende che Praedicate Evangelium faccia riferimento alle Istituzioni ‘coinvolte’, come se la ‘chiamata in causa’ delle Istituzioni curiali dipendesse dalla libera determinazione dell’Istituzione proponente, che potrebbe nell’iter di elaborazione di un documento generale includere alcune Istituzioni ed escluderne altre, quando invece l’art. 17 della Costituzione Apostolica Pastor bonus menzionava esplicitamente i Dicasteri ‘interessati’: termine, quest’ultimo, più aderente a nostro avviso al principio di sinodalità e alle forme di collaborazione interdicasteriale valorizzate nella Costituzione Apostolica di Francesco, le quali presuppongono il dialogo e il confronto necessario con tutte le Istituzioni curiali in concreto interessate, ratione materiae, ai contenuti del documento. In Praedicate Evangelium, peraltro, il legislatore altrove fa ancora – forse un poco incoerentemente – riferimento ai «Dicasteri interessati» nel disciplinare le competenze di alcuni Dicasteri (cfr. artt. 82 § 2, 110, 111 § 1, 133).

[25] L’art. 156 della Costituzione Apostolica Pastor bonus stabiliva che il Pontificio Consiglio per i Testi legislativi fosse ‘a disposizione’ dei Dicasteri per effettuare il controllo previo di legalità («Hoc Consilii ceteris Romanis Dicasteriis praesto est […]»), mentre l’art. 131 § 5 del Regolamento Generale della Curia Romana del 30 aprile 1999 – in Acta Apostolicae Sedis, XCI (1999), p. 629 ss. – sembrava innovare la legislazione all’epoca in vigore, rendendo il parere dicasteriale obbligatorio: «I documenti dei Dicasteri destinati alla pubblicazione […] devono essere inviati per un esame circa la loro congruenza legislativa con il diritto vigente e la loro corretta forma giuridica al Pontificio Consiglio per l’Interpretazione dei Testi Legislativi». Infine, una lettera circolare della Segreteria di Stato avrebbe disposto che il parere fosse pure vincolante: «i testi che contengono aspetti giuridici, o che si ricollegano a norme del diritto vigente, è necessario che siano sottoposti anche all’esame previo del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, al fine di ottenere il relativo benestare» (Segreteria di Stato, Lettera circolare, 16 aprile 2009, prot. n. 90.144/P., riportata in parte in J.I. Arrieta, Evoluzione del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi dopo la promulgazione della cost. ap. Pastor Bonus, in Ephemerides iuris canonici, L [2010], p. 128).

[26] Cfr., per tutti, V. De Paolis, La Congregazione per la Dottrina della Fede, in Ephemerides iuris canonici, L (2010), pp. 44-45 e 47-48.

[27] Segnatamente la Costituzione Apostolica puntualizza che essi «sono attualmente uno dei modi più significativi di esprimere e servire la comunione ecclesiale nelle diverse regioni insieme al Romano Pontefice, garante dell’unità di fede e di comunione» (Preambolo, I, n. 7 ): dunque la riforma «si muove nell’intento di valorizzarle nelle loro potenzialità, senza che esse fungano da interposizione fra il Romano Pontefice e i Vescovi, bensì siano al loro servizio» (Preambolo, I, n. 8), avendo «a disposizione un grande tesoro di efficaci esperienze riguardo all’evangelizzazione, che non può andare perduto» (II, n. 4). Trattasi di esperienze che la Curia romana è chiamata a «raccogliere ed elaborare», venendo a conoscenza «delle migliori iniziative e proposte creative riguardanti l’evangelizzazione» nonché del «modo di agire di fronte a problemi, sfide» (ibidem) che la Chiesa affronta nel mondo.

[28] Cfr. Annuario pontificio per l’anno 2021, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano, 2021, pp. 1076-1079.

[29] Così riferisce G. Ghirlanda, Intervento del Prof. Gianfranco Ghirlanda, S.I., cit., § 2, Il ruolo delle Conferenze episcopali, delle loro Unioni e delle Strutture gerarchiche orientali.

[30] Cfr. artt. 21 n. 4, 36 §§ 1-2, 37, 39, 42 § 1, 49 n. 2, 55 § 1, 56 § 2, 57 nn. 2-3, 62, 63, 72 § 1, 78 § 2, 89 § 3, 97, 104, 105 §§ 1-2, 106, 108, 110, 115 §§ 1 e 3, 128 § 2, 130, 133, 137 §§ 1 e 3, 150 § 2, 152 § 1, 155, 156 § 2, 159 §§ 1-2, 160 § 1, 161 §§ 1 e 6, 163 § 3, 164, 165 n. 1, 167, 169, 170 e 175 § 2.

[31] La ‘decentralizzazione’ di funzioni, ritenuta «salutare» da Francesco nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium (n. 16), si sostanzia nel permettere alle autorità ecclesiastiche la trattazione e la definizione ‘periferica’ delle questioni di governo pastorale senza subire interferenze dell’autorità superiore piuttosto che in un trasferimento di competenze. Come, infatti, ha precisato Marco Mellino Intervento di S.E. Mons. Marco Mellino, cit., § 6, La corresponsabilità nella communio, per decentramento si intende «saper valorizzare le capacità locali nell’affrontare e risolvere questioni […] al fine di garantire una più rapida efficacia dell’azione pastorale di governo dei Pastori agevolata dalla loro prossimità alle persone e alle fattispecie in loco che lo richiedono». In argomento cfr. F. Puig, La posición de la Curia romana en relación a las instancias episcopales locales: algunas exigencias jurídicas y la perspectiva de una “instancia de mediación”, in Nuevos desafíos del derecho canónico a cien años de la primera codificación (1917-2017), coord. M. Gas-Aixendri, Tirant lo Blanch, Valencia, 2018, p. 59 ss.

[32] Cfr. can. 208 del Codex Iuris Canonici e can. 11 del Codex Canonum Ecclesiarum Orientalium.

[33] Il Concilio Vaticano II si era limitato ad auspicare che i Dicasteri si avvalessero del parere di coloro che si distinguono per virtù, dottrina ed esperienza (cfr. decreto Christus Dominus, n. 9). Su questo punto Marcello Semeraro, Intervento dell’Ec.mo Card. Marcello Semeraro, consultabile all’indirizzo internet https://press.vatican.va, § Alcuni principi-guida per la riforma della Curia romana, ha dichiarato durante la conferenza stampa di presentazione di Praedicate Evangelium che «la scelta fatta da Francesco di porre fedeli laici alla guida di un Dicastero […] fu, seppure timidamente, auspicata dal Vaticano II», citando in nota proprio il decreto conciliare sull’ufficio pastorale dei Vescovi.

[34] G. Ghirlanda, Intervento del Prof. Gianfranco Ghirlanda, S.I., cit., § 1, Ruolo dei laici e carattere vicario della Curia. È indicativo che l’Autore richiami a sostegno delle proprie argomentazioni quanto previsto nel can. 1673 § 3 del Codice di Diritto Canonico introdotto dal Motu Proprio Mitis Iudex Dominus Iesus del 15 agosto 2015 – in Acta Apostolicae Sedis, CVII (2015), p. 958 ss. –, secondo cui le cause di nullità del matrimonio sono riservate a un collegio di tre giudici che deve essere presieduto da un giudice chierico, mentre i rimanenti giudici possono essere anche laici: dato che ora questi ultimi, «esercitando la potestà di governo giudiziale ricevuta con la missione canonica, determinano la nullità o meno del matrimonio in causa», appare evidente come non si possa sostenere «l’origine di tutta la potestà di governo nella Chiesa dal sacramento dell’ordine» (ibidem).

[35] Anche in questo caso Praedicate Evangelium si riferisce solamente ai Dicasteri, quando forse sarebbe stato opportuno inserire un esplicito riferimento alle Istituzioni curiali.

[36] Si noti che il criterio della «natura» del Dicastero non si applica a Cardinali e Vescovi. E ciò verosimilmente per bilanciare il principio di corresponsabilità dei christifideles, in forza del quale questi ultimi dovrebbero essere coinvolti in misura maggiore nelle strutture di governo della Chiesa, con la ‘nota di collegialità’ propria della Curia romana, esplicitata nell’Introduzione alla Costituzione Apostolica Pastor bonus. In essa si rilevava che il servizio della Curia, ‘sia considerato in se stesso sia per il suo rapporto con i Vescovi della Chiesa universale, sia per i fini a cui tende e il concorde senso di carità a cui deve ispirarsi, si distingue per una certa nota di collegialità’, che abilita il sistema di governo centrale della Chiesa ‘al servizio del Collegio dei Vescovi e la provvede dei mezzi a ciò idonei’ (n. 10), manifestandosi anche nella composizione dei Dicasteri ove la presenza di Cardinali e Vescovi, com’è stato evidenziato, colloca la diaconia della Curia romana «all’interno della comunione ecclesiale nella prospettiva della collegialità» (così R.J. Castillo Lara, La Costituzione Apostolica «Pastor Bonus» in prospettiva giuridica, in La Curia Romana. Aspetti ecclesiologici, pastorali, istituzionali. Per una lettura della “Pastor Bonus”. Testo e commenti, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano, 1989, p. 131).

[37] Nel Preambolo si rinviene un’ulteriore puntualizzazione, laddove si afferma che i fedeli laici «possono apportare validi contributi soprattutto quando si tratta della promozione della famiglia e del rispetto dei valori della vita e del creato, del Vangelo come fermento delle realtà temporali e del discernimento dei segni dei tempi» (I, n. 10). Nella Costituzione Apostolica si prevede espressamente che solamente un Cardinale possa assumere la carica di coordinatore del Consiglio per l’Economia (art. 206 § 2) e di Camerlengo di Santa Romana Chiesa (art. 235), ma ciò si spiega perché entrambi svolgono determinate funzioni durante la vacanza della Sede Apostolica (cfr. artt. 209 § 2, 218 § 2 e 235 § 3).

[38] «È evidente che vi sono dicasteri che per la loro natura e finalità richiedono che il prefetto sia un vescovo, e il segretario almeno un presbitero; ve ne sono altri, invece, per i quali è opportuno che tali cariche siano ricoperte da laici o laiche»: G. Ghirlanda, La costituzione apostolica «Praedicate Evangelium» sulla Curia romana, in La civiltà cattolica, CLXXIII (2022), II, p. 51, nt. 24. L’art. 2 della Costituzione Apostolica, d’altronde, stabilisce che «tutti i membri del popolo di Dio, ciascuno secondo la condizione propria, prendono parte alla missione della Chiesa, coloro che prestano servizio nella Curia Romana vi cooperano in modo proporzionato alla scienza e alla competenza di cui godono, nonché all’esperienza pastorale».

[39] La norma in realtà è in parte innovativa, perché l’art. 1 della Lex propria del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica del 21 giugno 2008 – in Acta Apostolicae Sedis, C (2008), p. 513 ss. – stabilisce che essa consta di Padri Cardinali e Vescovi (§ 1), mentre tra i Membri possono essere inclusi alcuni chierici (§ 2). Praedicate Evangelium, dunque, escluderebbe la possibilità di nominare quali Membri della Segnatura Apostolica i fedeli che abbiano ricevuto l’ordine sacro nel grado del diaconato, in quanto fa riferimento nell’art. 195 § 1 soltanto a «presbiteri».  Comunque sia, commentando l’apertura ai chierici prevista in tale disposizione, E. Baura, El desarrollo normativo posterior a la Constitución Apostólica Pastor Bonus de los tribunales de la Curia Romana, in Ius canonicum, LVIII (2018), p. 18, ha osservato: «El añanido es importante y refleja la voluntad de dotar el Supremo Tribunal de profesionalidad superando, si la hubiese, una mentalidad estamental, que impediría que un resbitero o diácono pudiese juzgar un acto emanado por una Congregación presidida por un cardenal, pues entiende que la potestad de todos los jueces de la Signatura es igualmente vicaria del Papa, sin diferencia debidas a sus distintos grados de orden sagrado». La centralità della missio canonica stabilita in Praedicate Evangelium potrebbe indurre all’estensione ‘analogica’ di tali considerazioni ai fedeli laici.

Diversamente dalla Segnatura Apostolica, per il Tribunale della Rota Romana non vi sono delimitazioni circa le funzioni di giudice e di Decano (art. 201 §§ 1-2). Tuttavia, potrebbe configurarsi un dubium iuris, risultando incerto se Praedicate Evangelium abbia oppure no in parte abrogato gli artt. 2 e 3 § 1 delle Normae Romanae Rotae del 18 aprile 1994 – in Acta Apostolicae Sedis, LXXXVI (1994), p. 508 ss. –, secondo cui i laici non possono svolgere gli incarichi di Decano e di Prelato Uditore.

[40] Si ricordi che il Codex Iuris Canonici consente al giudice laico costituito dal Vescovo diocesano con il permesso della Conferenza episcopale (can. 1421 § 2) di fare parte del collegio di tre giudici per la trattazione in prima istanza di tutte le cause giudiziali, siano esse contenziose o penali (can. 1425 § 1, nn. 1-2), incluse quelle che coinvolgano chierici. Sul punto cfr. M.F. Pompedda, Studi di diritto processuale canonico, Milano, 1995, pp. 50-51.

[41] Francesco, Allocutio ad Sodales Curiae Romanae, occasione prosequendi omina Natalicia, 22 dicembre 2016, in Acta Apostolicae Sedeis, CIX (2017), p. 41: «Sulla base del principio che tutti i Dicasteri sono giuridicamente pari tra loro, risultava necessaria una razionalizzazione degli organismi della Curia Romana, per evidenziare che ogni Dicastero ha competenze proprie. Tali competenze devono essere rispettate ma anche distribuite con razionalità, con efficacia ed efficienza».

[42] Dicastero per l’Evangelizzazione (artt. 53-68); Dicastero per la Dottrina della Fede (artt. 69-78); Dicastero per il Servizio della Carità (artt. 79-81); Dicastero per le Chiese orientali (artt. 82-87); Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti (artt. 88-97); Dicastero delle Cause dei Santi (artt. 98-102); Dicastero per i Vescovi (artt. 103-112); Dicastero per il Clero (artt. 113-120); Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica (artt. 121-127); Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita (artt. 128-141); Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani (artt. 142-146); Dicastero per il Dialogo Interreligioso (artt. 147-152); Dicastero per la Cultura e l’Educazione (artt. 153-162); Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale (artt. 163-174); Dicastero per i Testi legislativi (artt. 175-182); Dicastero per la Comunicazione (artt. 183-188).

[43] Penitenzieria Apostolica (artt. 190-193); Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica (artt. 194-199); Tribunale della Rota Romana (artt. 200-204).

[44] Consiglio per l’Economia (artt. 205-211); Segreteria per l’Economia (artt. 212-218); Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (artt. 219-221); Ufficio del Revisore Generale (artt. 222-224); Commissione di Materie Riservate (artt. 225-226); Comitato per gli Investimenti (art. 227).

[45] Prefettura della Casa Pontificia (artt. 228-230); Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice (artt. 231-234); Camerlengo di Santa Romana Chiesa (art. 235-237).

[46] In precedenza, Papa Francesco aveva già disposto alcuni accorpamenti attraverso l’istituzione del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita (cfr. Francesco, Litterae apostolicae motu proprio datae Sedula Mater quibus Dicasterium pro Laicis, Familia et Vita constituitur, 15 agosto 2016, in L’osservatore romano, 17-18 agosto 2016, p. 8; e in Acta Apostolicae Sedis, CVIII [2016], p. 963) e il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale (cfr. Francesco, Litterae apostolicae motu proprio datae Humanam Progressionem quibus Dicasterium ad integram humanam progressionem fovendam constituitur, 17 agosto 2016, in L’osservatore romano, 1° settembre 2016, p. 6; e in Acta Apostolicae Sedis, CVIII [2016], p. 968). Nel Dicastero per la Comunicazione invece erano già confluiti il Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociali, la Sala stampa della Santa Sede, il Servizio Internet Vaticano, la Radio Vaticana, il Centro Televisivo Vaticano, L’osservatore romano, la Tipografia Vaticana, il Servizio Fotografico e la Libreria editrice vaticana (cfr. Francesco, Litterae apostolicae motu proprio datae L’attuale contesto comunicativo quibus Secretaria pro Communicatione conditur, 27 giugno 2015, in Acta Apostolicae Sedis, CVII [2015], pp. 591-592).

[47] La ragione di tale soppressione potrebbe rinvenirsi nella circostanza che la Camera Apostolica ad oggi annovera tra i suoi membri solamente il Cardinale Camerlengo – cfr. Annuario pontificio per l’anno 2021, cit., p. 1214 –, e dunque il legislatore avrebbe optato per la costituzione di un ufficio ecclesiastico unipersonale privo delle caratteristiche proprie di un’Istituzione curiale. Praedicate Evangelium, inoltre, nel definire le funzioni del Camerlengo pare avere introdotto una modifica alla Costituzione Apostolica Universi Dominici Gregis del 22 febbraio 1996 sul Conclave – in Acta Apostolicae Sedis, LXXXVIII (1996), p. 305 ss. –, laddove stabilisce che «Nell’adempimento degli uffici assegnati, il Cardinale Camerlengo di Santa Romana Chiesa è aiutato, sotto la sua autorità e responsabilità, da tre Cardinali Assistenti, di cui uno è il Cardinale Coordinatore del Consiglio per l’economia e gli altri due sono individuati secondo la modalità prevista nella normativa circa la vacanza della Sede Apostolica e l’elezione del Romano Pontefice» (art. 235 § 3). In particolare, risulterebbe innovato il n. 7 di tale Costituzione Apostolica, il quale prevede che i tre Cardinali Assistenti diventino membri pro tempore della Congregazione particolare costituita dal Cardinale Camerlengo dopo essere stati estratti a sorte, uno per ciascun ordine cardinalizio, tra i Cardinali elettori già pervenuti a Roma. Pare che ora soltanto due Cardinali Assistenti saranno sorteggiati tra gli elettori del Papa, forse scegliendo tra i porporati dei due ordini cui non appartiene il Cardinale coordinatore. Va, infine, rilevato che l’art. 235 § 3 sembra presuppore che questi rimanga in carica durante la vacanza della Sede Apostolica. Ciò significherebbe che, nonostante il Consiglio per l’economia sia ricompreso tra le Istituzioni curiali in quanto Organismo economico (art. 12 §§ 1-2), il Cardinale Coordinatore non possa ritenersi un Prefetto o equiparato (art. 14 § 1), non soggiacendo alla regola sulla cessazione di questo incarico laddove si verifichi la vacanza della Sede romana (art. 18 § 1). Comunque sia, è prevedibile a questo punto che vi sarà un intervento pontificio quantomeno per modificare parzialmente la legislazione speciale promulgata da Giovanni Paolo II.

[48] Cfr. J.I. Arrieta, La reforma de la Curia Romana, cit., p. 39, il quale evidenzia come la denominazione di ‘Dicastero’ sia «mas genérica y burocratica». Osserva sul punto a ragione P. Consorti, Riforma a metà, intervista a Jesus. Inchieste e dibattiti sull’attualità religiosa, XLIV (2022), n. 5, p. 56: «Il termine “dicastero” si usava anche prima, ma il termine “congregazione” dava meglio l’idea della struttura collegiale della Curia. Con un linguaggio un po’ aulico, evocava bene il fatto che, a differenza delle strutture civili, gi uffici ecclesiali presentano un’organizzazione assembleare. Chiamarli tutti “dicasteri” aiuta a considerarli paritari, e forse si è fatta una scelta più comunicativa che di sostanza».

[49] Cfr. Paolo VI, Constitutio Apostolica Regimini Ecclesiae universiae de Romana Curia, 15 agosto 1967, in Acta Apostolicae Sedis, LIX (1967), p. 885 ss. (in part. art. 19 ss.).

[50] Cfr. M. Mellino, Intervento di S.E. Mons. Marco Mellino, cit., § 3, Il titolo è indicativo di una prospettiva, secondo il quale tale collocazione «non intende affatto preporre l’attività dell’evangelizzare alla stessa fede in Cristo».

[51] Come ha di recente dichiarato il Papa, «la spinta evangelizzatrice non è mai venuta meno nella Chiesa e rimane sempre il suo dinamismo fondamentale. Perciò ho voluto che anche nella rinnovata Curia romana il Dicastero dell’Evangelizzazione assuma un ruolo speciale al fine di favorire la conversione missionaria della Chiesa (Praedicate Evangelium, 2-3), che non è proselitismo, ma testimonianza: uscita da sé per annunciare con la vita l’amore gratuito e salvifico di Dio per noi, chiamati tutti a essere fratelli e sorelle»: Francesco, Messaggio del Santo Padre alle Pontificie Opere Missionarie, 16 maggio 2022, in L’osservatore romano, 17 maggio 2022, p. 8.

[52] Praedicate Evangelium riproduce le norme statutarie degli Organismi economici ma omette il riferimento alle amministrazioni dello Stato della Città del Vaticano. Sullo sviluppo e le implicazioni dei rapporti tra ordinamento giuridico canonico e vaticano si veda, tra i molti, J.I. Arrieta, Legami inter-ordinamentali recenti tra Santa Sede e Stato della Città del Vaticano in materia sanzionatoria e di controllo finanziario, in Ephemerides iuris canonici, LV (2015), p. 307 ss.; P. Cavana, I rapporti tra lo Stato della Città del Vaticano, l’Italia e l’Unione europea tra continuità e innovazione, ivi, p. 265 ss.; J.I. Arrieta, L’interazione tra norme canoniche e norme statuali nell’ordinamento vaticano, in Santa Sede e Stato della Città del Vaticano nel nuovo contesto internazionale (1929-2019), a cura di M. Carnì, Edizioni Studium, Roma, 2019, p. 153 ss.; G. Boni, I rapporti tra ordinamento giuridico vaticano e ordinamento canonico: tra corretta configurazione ab intra e possibili travisamenti ab extra, in Jus. Rivista di scienze giuridiche, LXVI (2019), p. 45 ss.

[53] Ci sia consentito di rinviare a M. Ganarin, Il Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi nell’assetto istituzionale della Curia Romana tra diritto vigente e prospettive di riforma, in Stato, Chiese e pluralismo confessionale, Rivista telematica (www.statoechiese.it), 22 giugno 2015, p. 50 ss., nel quale avevamo auspicato la recezione per via legislativa dei compiti sviluppati nella prassi del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi.

[54] Si veda al riguardo G. Boni, Suggestioni nascenti dalla possibile erezione di una nuova prelatura personale per la Fraternità Sacerdotale San Pio X, in Diritto e Religioni, XII (2017), 2, p. 17 ss. (e i riferimenti bibliografici ivi indicati) nonché, per esempio, G. Ghirlanda, Natura delle prelature personali e posizione dei laici, in Gregorianum, LXIX (1988), p. 299 ss.; Le prelature personali nella normativa e nella vita della Chiesa. Venezia, Scuola grande San Rocco, 25 e 26 giugno 2001, a cura di S. Gherro, Cedam, Padova, 2002; A. Viana, Introducción al estudio de las prelaturas, Eunsa, Pamplona, 2006; Studi sulla prelatura dell’Opus Dei. A venticinque anni dalla costituzione apostolica “Ut sit”, a cura di E. Baura, Edusc, Roma, 2008.

[55] Cfr. Ufficio comunicazione Opus Dei, Dati informativi sulla prelatura dell’Opus Dei, 2020, consultabile all’indirizzo internet https://opusdei.org, p. 28, ove si legge che «Attualmente fanno parte della prelatura circa 93.400 persone, delle quali circa 2.300 sono sacerdoti».

[56] Secondo G. Ghirlanda, Intervento del Prof. Gianfranco Ghirlanda, S.I., cit., § 3, Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, «La collocazione della Pontificia Commissione […] è in coerenza col fatto che competenza del Dicastero per la Dottrina della Fede è promuovere e tutelare l’integrità della morale cattolica (art. 69) e, attraverso l’Ufficio disciplinare della Sezione disciplinare, giudicare come Tribunale Supremo Apostolico le cause riguardanti gli abusi sessuali (art. 76 § 1). In questo modo la Pontificia Commissione ha il compito di prevenire tali delitti, mentre la Sezione Disciplinare del Dicastero quello di condurre l’azione penale contro di essi».

[57] Cfr. Francesco, Udienza ai Membri della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, 29 aprile 2022, in L’osservatore romano, 29 aprile 2022, p. 8: «Con la Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium […] ho formalmente istituito la Commissione come parte della Curia Romana, nell’ambito del Dicastero per la Dottrina della Fede (cfr n. 78). Forse qualcuno potrebbe pensare che questa collocazione possa mettere a rischio la vostra libertà di pensiero e di azione, o forse anche togliere importanza alle questioni di cui vi occupate. Questa non è la mia intenzione e non è la mia aspettativa. E vi invito a vigilare affinché ciò non accada. /La Commissione per la Tutela dei Minori è istituita presso il Dicastero che si occupa degli abusi sessuali da parte dei membri del clero. Nello stesso tempo, ho distinto la vostra dirigenza e il vostro personale, e continuerete a relazionarvi direttamente con me mediante il vostro Presidente Delegato. È [collocata] lì, perché non si poteva fare una “commissione satellite” che girasse senza essere aggrappata all’organigramma. È lì, ma con un presidente proprio nominato dal Papa».

[58] Cfr. Normae de delictis Congregationi pro Doctrina Fidei reservatis, in L’osservatore romano, 7 dicembre 2021, p. 6.

[59] Il can. 1398 § 2 è stato introdotto dalla Costituzione Apostolica Pascite gregem Dei di Papa Francesco del 23 maggio 2021, in L’osservatore romano, 1° giugno 2021, pp. 2-4.

[60] Il tema delle riforme nella Chiesa è oggi ampiamente dibattuto. Si rinvia, a titolo esemplificativo, a A. Marchetto, La riforma e le riforme nella Chiesa. Una risposta, Libreria editrice vaticana, Città del Vaticano, 2017; La riforma e le riforme nella Chiesa, a cura di A. Spadaro – C.M. Galli, Queriniana, Brescia, 20172; S. Dianich, Riforma della Chiesa e ordinamento canonico, EDB, Bologna, 2018; L. Gerosa, Il rinnovamento dell’ermeneutica canonistica: premessa indispensabile per una riforma delle strutture ecclesiali in senso missionario, in La Chiesa “in uscita” di papa Francesco. Spunti per un rinnovo della missione apostolica, a cura di L. Gerosa, Eupress FTL-Edizioni Cantagalli, Lugano-Siena, 2018, p. 145 ss.; Riforme nella Chiesa, riforma della Chiesa, a cura di L. Sabbarese, Urbaniana University Press, Città del Vaticano, 2019; G. Canobbio, Quale riforma per la Chiesa?, Morcelliana, Brescia, 2019; S. Dianich, Dalla teologia della sinodalità alla riforma della normativa canonica, in La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa. Commento a più voci del Documento della Commissione teologica internazionale, a cura di P. Coda – R. Repole, EDB, Bologna, 2019, p. 71 ss.; C. Fantappiè, Per un cambio di paradigma. Diritto canonico, teologia e riforme nella Chiesa, EDB, Bologna, 2019.

[61] Cfr. Francesco, Allocutio dum Summus Pontifex faustis omnibus occasione Natalis Christi Curiam Romanam prosequitur, 21 dicembre 2015, cit., p. 36.

[62] «Essendo la Curia non un apparato immobile, la riforma è anzitutto segno della vivacità della Chiesa in cammino, in pellegrinaggio, e della Chiesa vivente e per questo – perché vivente – semper reformanda, reformanda perché è viva. […] come per tutta la Chiesa, anche nella Curia il semper reformanda deve trasformarsi in una personale e strutturale conversione permanente»: Francesco, Allocutio ad Sodales Curiae Romanae, occasione prosequendi omina Natalicia, 22 dicembre 2016, cit., pp. 37-38.