Gian Carlo Blangiardo
Professore Emerito di Demografia – Università degli Studi di Milano Bicocca
Già presidente dell’Istituto nazionale di statistica*

 

 

Le importanti trasformazioni quantitative e qualitative delle famiglie italiane nel contesto di uno straordinario cambiamento demografico: il cosiddetto “Inverno demografico.

 

Il cambiamento della famiglia in Italia negli ultimi decenni:
più numerosa ma più piccola e più fragile.

 

 

Famiglie unipersonali %

 

 

Famiglie con 5 o più componenti %

 

Fonte: Istat

 

Gli attuali 26 milioni di famiglie nel 2021, con 2,24 componenti in media, rispetto ai 22 milioni (e 2,8 componenti) del 2001 e più del doppio dei 12 milioni (4,0 componenti) nell’ultimo dopoguerra (1951).

 

Una tendenza condivisa da tutto il territorio nazionale

 

Numero medio di membri della famiglia per ripartizione geografica

1999-2000, 2003-2005, 2009-2010, 2014-2015 e 2019-2020

 

Fonte: Istat

 

Nell’ambito di una tendenza comune, nel Nord-ovest e nel Centro è più elevata la quota di famiglie unipersonali, che rappresentano rispettivamente il 35,5 e il 35,0 per cento del totale. Al Sud e nelle Isole, invece, è più alta l’incidenza delle famiglie più numerose, composte da quattro (18,7 e 17,8 per cento) o cinque e più membri (7,0 e 5,2 per cento). Il numero medio di componenti rimane quindi ancora più alto nelle regioni meridionali, rispettivamente 2,5 componenti nel Sud e 2,4 nelle Isole, nonostante la riduzione registrata negli anni abbia riguardato più visibilmente queste ripartizioni.

Evoluzione prevista delle strutture familiari – Italia 2021-2041

 

Fonte: Istat, proiezione della famiglia 2022

 

Tipi di famiglie (migliaia)

 

2021 2031 2041
Uomo solo 3.584 3.883 4.242
Donna sola 4.874 5.380 5.967
Coppia senza figli 5.003 5.463 5.657
Coppia con alcuni figli sotto i 20 anni 5.301 4.413 3.931
Coppia con solo figli con 20 o più anni 2.931 2.840 2.401
Padre single con alcuni figli sotto i 20 anni 162 186 206
Padre single con solo figli  con 20 o più anni 370 481 564
Madre single con alcuni figli sotto i 20 anni 902 909 951
Madre single con solo figli con 20 o più anni 1.295 1.380 1.368
Altre famiglie 902 959 1.003
Totale 25.323 25.895 26.289
       

 

La solitudine delle persone cresce in età avanzata

 

Single over 60 – Italia 2021-2041

Fonte: Istat, proiezione della famiglia, 2022

Il contesto demografico delle famiglie italiane: passato e futuro. Uno sguardo alla storia demografica della popolazione italiana

Fonte: Istat

 

Ultimo rapporto 2022: 393.000 nascite, 713.000 decessi, una perdita di 1,5 milioni di residenti dal 2014.

La crescita demografica che ha sempre accompagnato la popolazione italiana – con l’unica eccezione della fine della Prima Guerra Mondiale – si è esaurita alla fine del 2013. Da allora, anno dopo anno, l’Italia ha perso abitanti, passando da oltre 60 milioni al 31 dicembre 2013 a meno di 59 milioni all’inizio del 2023.

Il confronto tra la curva delle nascite e quella della mortalità indica, dopo un lungo periodo di netta superiorità delle nascite rispetto ai decessi, l’azzeramento del saldo nella parte finale del secolo scorso e il netto sorpasso dei decessi sulle nascite poco dopo l’inizio del XXI secolo.

Dal 2008 il divario tra nascite e decessi è diventato sempre più forte. Le nascite annuali sono regolarmente in calo, passando da 577.000 nel 2008 a 393.000 nel 2022, mentre i decessi sono in costante aumento (anche a prescindere dagli effetti drammatici della pandemia di Covid-19). Negli ultimi tre anni il saldo naturale, nascite meno decessi, è sempre stato negativo per almeno 300.000 unità all’anno.

Nell’ultimo decennio, la popolazione italiana ha stabilito il record del minor numero di nascite mai registrato nella sua storia. Dal 2013 ogni anno abbiamo migliorato questo record verso il basso, senza eccezioni.

Tre linee che segnano il percorso verso il futuro: 2023-2070

Fonte: Istat, Proiezioni demografiche variante mediana aggiustata alle dinamiche più recenti

Verso 11 milioni di residenti in meno e un numero di morti 2,5 volte superiore a quello delle nascite. Secondo le più recenti previsioni dell’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT), nel 2070 la popolazione residente potrebbe scendere a 47,7 milioni. Le nascite si riducono a poco più di 300.000 e i decessi salgono a quasi 800.000.

Le dimensioni di un grande Paese (e forse il suo ruolo nel quadro geopolitico) si ridurrebbero così notevolmente.

Allo stesso tempo, il processo di invecchiamento demografico continuerebbe, con conseguenze importanti sui principali temi della vita degli italiani: occupazione e mercato del lavoro, pensioni, sistema sanitario, rapporto tra generazioni, atteggiamento culturale, scelte politiche, ecc.

Di seguito ne verranno presi in considerazione due principali.

1° – Cambiamento della forza lavoro e perdita di risorse

Dobbiamo essere preparati all’inevitabile confronto con una forza lavoro più ridotta

Italia 2022-2070   – La popolazione attiva (e potenzialmente attivata): rispettivamente 20-66 anni e 67-74 anni

Fonte: Istat, Proiezioni demografiche variante mediana aggiustata alle dinamiche più recenti.

(*) Le previsioni citate contano già un contributo medio annuo di 130.000 unità come contributo netto della migrazione da/verso l’estero.

 

Alcune possibili risposte: dall’impegno sul fronte della produttività/qualità a un maggiore utilizzo dell’Immigrazione, fino alla possibile ridefinizione delle regole di permanenza nel mercato del lavoro.

La quasi totalità del calo dei residenti nei prossimi decenni si concentrerà nella popolazione in età lavorativa.

Ciò comporterà una riduzione della capacità produttiva potenziale che dovrà inevitabilmente essere compensata.

Per questo motivo, oltre agli auspicabili aumenti di produttività, sarà necessario guardare sia all’immigrazione (purché governata, e non subita, e adeguatamente valorizzata), sia alla possibilità di un invecchiamento attivo per quella parte consistente della popolazione tardo-adulta (cioè i circa 5 milioni di 66-74enni); ovviamente solo chi si rende liberamente disponibile a partecipare (anche part-time) alle attività produttive.

Tutto questo per non rischiare ‒ come vedremo tra poco ‒ un calo delle risorse (PIL) in una fase storica in cui i bisogni della popolazione saranno in forte crescita per effetto del cambiamento demografico.

 

Fonte: Istat, Proiezioni demografiche variante mediana aggiustata alle dinamiche più recenti.

Esaminiamo il messaggio del seguente esercizio di simulazione.

Ecco come una popolazione piccola e meno attiva porta con sé il rischio probabile di un Paese con molte meno risorse

Il PIL del 2022 (9.909 miliardi) è il prodotto di una popolazione (media) di 58 milioni e 940 mila unità di cui il 63,4% in età lavorativa, di cui il 65,3% appartiene alla forza lavoro che ha un tasso di occupazione del 91,8% e una produttività media (per addetto pro capite) di 85,178 euro.

Considerando la popolazione attesa nel 2042 e la relativa stima della percentuale in età lavorativa, se ipotizziamo che la produttività, il tasso di occupazione e il tasso di attività rimangano invariati, calcoliamo che “solo per effetto del cambiamento demografico” (coeteris paribus altri fattori) il valore assoluto del PIL si riduce del 18% rispetto al 2022 e il suo ammontare scenderà a 1.558 miliardi di euro (-351 miliardi di euro). Allo stesso modo, considerando la popolazione attesa nel 2062 e la relativa stima della percentuale in età lavorativa ‒ sempre ipotizzando che la produttività, il tasso di occupazione e il tasso di attività rimangano invariati ‒ si calcola che nel 2062, per il solo effetto del cambiamento demografico, il valore assoluto del PIL si ridurrà del 27% rispetto al 2022 e scenderà a 1.389 miliardi di euro (- 520 miliardi di euro).

In conclusione, l’effetto atteso del cambiamento demografico ‒ se non compensato da un cambiamento degli altri fattori (produttività, occupazione e partecipazione al mercato del lavoro) ‒ porterà l’Italia a una perdita di PIL pari a 351 miliardi di euro in vent’anni e a 520 miliardi di euro in quarant’anni. Inoltre in una fase storica con un crescente bisogno di maggiori risorse.

 

2° -Il rischio di debolezza del sistema di welfare

L’invecchiamento della popolazione e il cambiamento delle strutture familiari, con famiglie più numerose ma in media molto più piccole, aumenteranno la domanda di assistenza che dovrà essere soddisfatta con risorse (forse) più ridotte e con un sistema familiare caratterizzato da una rete più debole. Lo scenario dell’invecchiamento può essere riassunto come segue: Età superiore a 65 anni: oggi 14,2 milioni; tra 20 anni 19,0 milioni; tra 40 anni 17,1 milioni di cui 80 anni e oltre: 4,5 milioni 6,4 milioni 7,8 milioni Sul versante opposto, il grande calo del numero di giovani. Età 0-19 anni: Oggi 10,2 milioni; tra 20 anni 8,6 milioni; tra 40 anni 7,8 milioni. Infine, nel 2063 avremo tanti residenti over 80 quanti sono i giovani sotto i 20 anni

Costi più elevati per le pensioni, ma ancora di più per l’assistenza sanitaria. Nel 2070 si prevede che l’Italia avrà 2.200.000 residenti di età pari o superiore a 90 anni (di cui 145.000 di età pari o superiore a 100 anni) su una popolazione di 48 milioni di abitanti (uno ogni 20).

Fonte: Istat, Proiezioni demografiche variante mediana aggiustata alle dinamiche più recenti

Il calo della natalità è il fattore centrale dell’ “inverno demografico”

Il calo della natalità negli ultimi anni è assolutamente evidente.

Fonte: Istat

L’Italia nel 2022 raggiunge ancora una volta il record della natalità più bassa di sempre e l’anno 2023 è iniziato male: le nascite di gennaio sono sostanzialmente inferiori a quelle dell’anno precedente.

L’aumento del numero di nascite è difficile anche perché il numero di “madri potenziali” è in diminuzione.

 

Italia – Popolazione femminile in età fertile nei prossimi quindici anni

Fonte: Istat, Proiezioni demografiche variante mediana aggiustata alle dinamiche più recenti.

Se i comportamenti riproduttivi non cambiano, la contrazione al di sotto della soglia di 300.000 nascite è segnata

Fonte: elaborazione dei dati Istat

Si tratta del numero annuale di nascite in Italia, secondo l’intensità della fecondità e il calendario ai valori del 2021, ma tenendo conto della prevedibile variazione della dimensione e della struttura per età della popolazione femminile residente.

Dalla diagnosi alla terapia: è possibile fermare la caduta e iniziare la guarigione?; qual è il messaggio dello scenario europeo?

Tasso di fertilità totale nei membri dell’UE-27 – 2008-2021

Fonte: Eurostat

In un contesto di regressione generalizzata… Dove la Francia (con 1,85 figli per donna) è al primo posto e tre paesi mediterranei (Malta, Spagna e Italia) sono in fondo alla classifica.

Alcuni segnali confortanti si fanno lentamente strada

 

Tasso di fertilità totale nei Paesi selezionati dell’UE-27 -2008-2021

Fonte: Eurostat

Alcune recenti eccezioni sono degne di particolare attenzione.  Alcuni Paesi dell’Est e la Germania hanno segnato l’inizio di una nuova tendenza al cambiamento. Questo dimostra che le politiche di sostegno alla natalità, anche se diverse e adattate alle specifiche situazioni nazionali, possono dare risultati concreti.

 

Esistono modelli virtuosi (da proporre) anche all’interno dei confini italiani?

 

Tasso di fertilità totale nelle province italiane: 2008-2021:

Fonte: Istat

Si nota un calo generalizzato al di sotto di 1,4 figli per donna, con alcune situazioni “patologiche” (che arrivano a meno di un figlio), ma la provincia di Bolzano esce “fuori dal coro”.

Fonte: Istat

Le parole magiche per un’azione di successo: conciliazione sul lavoro (flessibilità, part-time volontario, ottimizzazione dei tempi di lavoro); assistenza all’infanzia (strutture e servizi); sostegno economico (aiuti per il costo dei figli); ambiente favorevole alla famiglia (contesto culturale).

 

Conclusione: qual è il messaggio delle statistiche?

 

Nodi critici

1- Le dinamiche recenti e gli scenari che si stanno delineando per i prossimi decenni ‒secondo i dati statistici più affidabili ‒ confermano la centralità (e la gravità) del problema demografico in Italia.

2- Le conseguenze che ne derivano, e che si accentueranno in futuro, sono evidenti e prevedibili. Con meno residenti e una struttura demografica invecchiata, l’Italia dovrà far fronte a una crescente domanda di welfare con un potenziale produttivo indebolito dal calo numerico della forza lavoro.

3- I progressivi cambiamenti nelle reti familiari ‒ con famiglie più numerose ma con meno componenti e con significative riduzioni delle relazioni parentali ‒ complicheranno ulteriormente l’equilibrio del welfare e influenzeranno pesantemente la domanda di beni e servizi. Tutto questo, con particolare attenzione alle già problematiche regioni meridionali.

Che fare?

Intervenire prontamente per ridare vitalità alla demografia ‒ ripresa della natalità, immigrazione regolata, emigrazione contenuta, valorizzazione della componente adulta anziana (i “diversamente giovani”) ‒ e cercare di compensare qualitativamente le carenze quantitative, con programmi di miglioramento, innovazione e diversificazione: formazione più qualificata, crescita della produttività, digitalizzazione, valorizzazione della silver economy, ecc.

* Sono riportate le slides proiettate dal Prof. Blangiardo durante il convegno, adattate ai criteri della Rivista.