Antonio Casciano 
Dottore di ricerca in Etica e Filosofia politico-giuridica
Università degli Studi di Salerno

 

Sommario: 1. Crescere in un mondo con la pornografia a portata di click ‒ 2. Qualche dato su pornografia ed universo giovanile ‒ 3. Le conseguenze della massiccia esposizione dei giovani all’universo pornografico ‒ 4. I possibili rimedi alla deriva liberticida in atto.

 

1. Crescere in un mondo con la pornografia a portata di click

 

Che cosa significa crescere in un mondo in cui la pornografia è facilmente accessibile fin dalla giovane età? Un refrain comune è quello secondo cui prima di internet era molto più difficile accedere alla pornografia, perché ciò richiedeva la disponibilità di riviste, film e libri. Gli adolescenti di oggi hanno opzioni immensamente più numerose rispetto alle generazioni precedenti appunto in ragione dell’accesso libero ai siti web pornografici, ai social media e ad altri strumenti di distribuzione di tali contenuti. Gli smartphone possono anche rendere più facile per i ragazzi condividere materiale pornografico con i loro coetanei. Nel 2021, l’88% degli adolescenti ha dichiarato di possedere un proprio smartphone, così come il 42% dei bambini di 10 anni[1]. I dispositivi personali consentono un immediato accesso alla pornografia e una più facile condivisione dei relativi contenuti, generalmente non rilevata dai genitori. Il più facile ed immediato accesso può estendersi anche al di fuori delle arene tradizionali, come la casa, o in spazi inaspettati, come le scuole.

Nel 2022, l’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, che attualmente riunisce 306 membri dei Parlamenti dei 46 Stati membri, si è dichiarata «allarmata dall’esposizione senza precedenti dei bambini alla pornografia per immagini, che è dannosa per il loro sviluppo psicologico e fisico»[2]. Infatti, mentre la pornografia risulta dannosa a tutte le età, i bambini e gli adolescenti sono in assoluto i soggetti più esposti. Da qui l’importante risoluzione adottata, volta ad incoraggiare gli Stati perché adottino misure per proteggere i piccoli[3].

In realtà e più in generale, fenomeni socialmente e culturalmente sempre più diffusi quali: l’iper-sessualizzazione precoce dei bambini[4], epifenomeno di una più ampia tendenza alla adultizzazione degli stessi e alla banalizzazione della sessualità; l’uso della triptorelina per il trattamento di casi di preadolescenti cui è stata diagnosticata una disforia di genere, dunque, fuori dalle ipotesi di un impiego terapeutico per i casi di sviluppo puberale patologico; le spinte per la legalizzazione di percorsi di studio che promuovano l’equiparazione di ogni orientamento sessuale e di ogni tipo di famiglia, la prevalenza dell’identità di genere sul sesso biologico (con la conseguente normalizzazione della transessualità e del transgenderismo) e la decostruzione di ogni comportamento o ruolo tipicamente maschile o femminili; l’accesso alla chirurgia di riassegnazione del sesso garantita a fasce d’età sempre inferiori; le cosiddette norme sulla carriera alias; detti fenomeni concorrono a realizzare il fine di alterazione e        ri-plasmazione del reale e dell’umano in particolare, tipico della modernità, a partire proprio da quelle fasce d’età dove la duttilità di personalità ancora in formazione parrebbe agevolare fatalmente il prodursi dei risultati attesi[5].

 

2. Qualche dato su pornografia ed universo giovanile

 

L’associazione americana “Common Sense”, organizzazione no-profit costituita per «fornire a genitori, educatori, organizzazioni sanitarie e responsabili politici dati affidabili e indipendenti sull’uso, da parte dei bambini, dei media e della tecnologia e sull’impatto che esse hanno sul loro sviluppo fisico, emotivo, sociale e intellettuale», ha recentemente pubblicato i risultati di un’importante indagine condotta su un campione demograficamente significativo di oltre 1.300 adolescenti (di età compresa tra i 13 e i 17), residenti negli Stati Uniti. L’indagine, svolta nei giorni compresi tra il 12 e il 22 settembre 2022, aveva il dichiarato scopo di comprendere il ruolo giocato dalla pornografia online sulla vita degli adolescenti statunitensi, intendendo per pornografia online «qualsiasi video o foto visualizzati su siti web, social media o in qualsiasi altro sito Internet che mostri nudità e atti sessuali espliciti destinati a intrattenere sessualmente lo spettatore»[6].

Lo studio, per il carattere recente della ricerca, la scientificità della metodologia di indagine, la sostanziale assimilabilità, sovrapponibilità, uniformità di mode, costumi ed abitudini dei giovani adolescenti abitanti l’emisfero occidentale, ormai culturalmente globalizzato grazie alle tecnologie dell’interazione, merita la particolare e accurata attenzione analitica che si è scelto di accordarle in questa sede. I risultati emersi, infatti, dovrebbero sollecitare una riflessione ed un dibattito pubblico a diversi livelli sull’opportunità di regolamentare di più e meglio le attuali, sostanzialmente indiscriminate, possibilità di accesso alla rete, se solo si considerano i seguenti, allarmanti dati emersi: 1) la maggioranza degli intervistati, adolescenti di età compresa tra 13 e 17 anni, ha guardato materiale pornografico online e alcuni l’hanno visto all’età di 10 anni o anche prima; mentre alcuni lo hanno scoperto accidentalmente, un numero significativo di adolescenti ha dichiarato di guardare materiale pornografico online intenzionalmente e regolarmente. La media di essi ha un’età dichiarata di appena 12 anni; 2) il 71% di coloro che hanno affermato di aver guardato intenzionalmente materiale pornografico ha riferito di averlo visto nella settimana precedente l’intervista; 3) il 63% di coloro che hanno dichiarato di aver visto la pornografia accidentalmente hanno riferito di essere stati esposti alla pornografia nella settimana dell’intervista; 4) il 45% ritiene che la pornografia online fornisca informazioni utili sul sesso, informazioni che si ritiene o si valuta di non poter acquisire diversamente.

Come spiegare un uso così massiccio, diffusivo, ormai incontrollato e comune della pornografia da parte dei giovani? Certamente, l’avvento dell’era digitale ha reso la pornografia liberamente, anonimamente, illimitatamente accessibile, ovunque e in qualsiasi momento, anche a scuola, grazie alla disponibilità sia di dispositivi che consentono visualizzazione e riproduzione di foto, video e altro materiale facilmente scaricabile, sia di reti di connessione sempre più presenti, performanti, veloci. La pandemia da Covid-19 ha poi aggravato sensibilmente il fenomeno dell’esposizione alla pornografia per mezzo dei lockdown che hanno portato ad un aumento considerevole della disponibilità di tempo spendibile davanti ad uno schermo, per non parlare della disponibilità di un aumentato numero di contenuti gratuitamente accessibili sulle piattaforme[7]. Non ultimo, la crescente esposizione dei giovani alla pornografia si spiega con la sempre più feroce commercializzazione dell’industria del porno e le sempre più pressanti e subdole strategie pubblicitarie poste in essere per attrarre un numero di utenti vieppiù crescente. Si stima che la detta industria fatturi circa 789 milioni dollari all’anno solo per il consumo di materiale pornografico tra i giovanissimi, di cui circa 147 milioni di dollari per la sola esposizione accidentale ad esso.

Ancora qualche dato, prima di passare ad una sintetica analisi delle conseguenze nefaste di tale nuova tendenza tra i giovanissimi e, infine, in un percorso logico condotto a ritroso, delle cause, socio-antropologiche che potrebbero spiegare il triste fenomeno, oltre che dei rimedi potenzialmente esperibili. Quanto ai dati ulteriori evincibili dal citato report, sono parsi particolarmente significativi i seguenti: 1) la maggior parte degli adolescenti (73%) ha dichiarato di aver guardato materiale pornografico; 2) poco meno della metà di tutti gli adolescenti intervistati (44%) ha dichiarato di averlo fatto intenzionalmente, mentre più della metà (58%) ha dichiarato di aver incontrato la pornografia accidentalmente; 3) la maggioranza degli intervistati che ha dichiarato di aver visto pornografia solo accidentalmente ha anche aggiunto di essere stato esposto alla pornografia nell’ultima settimana (63%), il che potrebbe indurre a ritenere che l’esposizione involontaria e ormai sistematica alla pornografia sia stata un’esperienza comune per gli intervistati; 4) mentre i tassi riportati di esposizione alla pornografia era simile in tutti i dati demografici, c’erano differenze significative per genere in termini di consumo intenzionale; 5) quanto ai tassi di pornografia intenzionale, i consumi erano più elevati tra gli intervistati appartenenti alla comunità LGBTQ+ (66%), compresi transgender e non binari; 6) è stata registrata una tensione tra il godimento della pornografia da parte degli intervistati e i loro sensi di colpa associati nel consumarlo; 7) una buona percentuale di adolescenti ha dichiarato di aver imparato cose utili sul sesso dalla pornografia consumata (45%); 8) la maggioranza degli adolescenti che ha visto materiale pornografico ritiene di essere stata esposta ad attori aggressivi e/o a forme violente di pornografia; 9) gli adolescenti hanno riferito che l’esposizione a stereotipi razziali ed etnici nella pornografia sia comune; 10) la maggior parte degli adolescenti ha dichiarato di aver discusso di questioni legate al sesso, come l’esercizio della sessualità o l’uso dei preservativi, con adulti fidati, ma meno della metà (43%) ha discusso con essi direttamente di pornografia.

 3. Le conseguenze della massiccia esposizione dei giovani all’universo pornografico

 

Quali le conseguenze di una simile, precoce sovra-esposizione al consumo di pornografia? Nel 2019, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto una nuova diagnosi nella sua Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD): il cosiddetto disturbo da comportamento sessuale compulsivo (6C72), legato all’uso eccessivo della pornografia[8]. Le conseguenze registrate di simili abusi sul piano emotivo, psicologico e fisico sono infatti diverse, gravi e provate: se ne riportano alcune, insistendo in particolare sul rischio che tale consumo può dare in termini di dipendenza patologica.

Da un punto di vista squisitamente fisiologico, la pornografia ha un impatto molto importante sui giovani a causa tanto della loro sensibilità alla dopamina, quanto delle caratteristiche del loro cervello, la cui plasticità consente il prodursi di effetti sulle dinamiche sia dell’apprendimento che della riflessione totu court, rendendoli di fatto più vulnerabili allo sviluppo di disturbi mentali e a comportamenti pericolosi del tutto assimilabili a quelli dell’abuso sessuale[9]. In particolare, sono stati registrati danni sul normale processo di maturazione della corteccia cerebrale frontale del bambino, più bassi livelli di integrazione e socializzazione da parte dei consumatori abituali, specie se giovanissimi, più alti livelli di sintomatologie da sindromi depressive e complessi psichici, in uno con una ridotta capacità di coinvolgimento empatico nelle relazioni interumane[10]: “L’esposizione dei giovani alla pornografia porta anche allo sviluppo di irrealistiche e distorte aspettative sulla sessualità e insieme ad atteggiamenti fuorvianti nelle relazioni[11]. Inoltre, «la probabilità che gli adolescenti accettino e si impegnino in comportamenti sessuali dannosi e rischiosi per sé stessi e per gli altri, aumenta: attività sessuale precoce, sexting, partner sessuali multipli, pratiche sessuali promiscue e rischiose, uso di sostanze pe vulnerabilità alle malattie sessualmente trasmissibili»[12]. Diversi studi confermano altresì la correlazione esistente tra consumo della pornografia tra le giovani generazioni e il diffondersi di comportamenti sostanziantesi in aggressioni verbali e fisiche, oltre che in atti violenza sessuale vera e propria[13].

Infine, sono oggi provati i rischi di sviluppare forme di dipendenza compulsiva dall’uso indiscriminato e reiterato di materiale pornografico: «Le neuroscienze ora mostrano che la reazione del cervello alla pornografia è simile a quella causata da droghe pesanti, come la cocaina. Infatti, quando il cervello è esposto a qualcosa di gratificante, esso reagisce aumentando il rilascio di dopamina, l’“ormone del piacere”. La pornografia attiva i due centri del cosiddetto “sistema di ricompensa del cervello”: il sistema del piacere e il sistema del desiderio. Così, l’utente può essere catturato in un vortice di piacere con il rilascio di dopamina in risposta a sempre nuove immagini, e così il desiderio cresce sempre più. Nel corso del tempo, però, i recettori della dopamina nel centro di ricompensa si assuefanno a causa della sovrastimolazione cronica. Con un centro di ricompensa assuefatto, l’utente non sente più gli effetti della dopamina e la pornografia non produce più la stessa eccitazione di prima. Di conseguenza, molte persone cercano contenuti pornografici sempre più violenti e osceni per ottenere un rilascio di dopamina più elevato. La pornografia è, quindi, molto avvincente e insieme diversa da tutte le altre dipendenze, più difficile da arrestare, perché la facilmente accessibile, economica e anonima (le tre “A”: accessible, affordable, anonymous). Inoltre, a differenza [delle note dinamiche] del “fondo della bottiglia di alcolici o dell’ultima sigaretta nel pacchetto”, la fonte dei contenuti consultabili gratuitamente è inesauribile»[14].

Dai dati tutti qui analizzati, appare evidente come la sempre più diffusa ed acriticamente accettata cultura della massimizzazione edonistica del desiderio individuale stia aggravando il rischio di una centralizzazione indebita del desiderio pulsionale proprio dell’adolescente, centralizzazione che riflette un’incapacità ormai cronica da parte del mondo degli adulti di relazionarsi correttamente con siffatte dinamiche psichiche, di focalizzarsi cioè sui bisogni a cui il l’adolescente chiede di far fronte in vista dell’affermazione della propria identità di persona. Questa incapacità invale in maniera paradigmatica nella moderna società tecnocratica, dove la scomposizione in atto di ragione ed affetti ha prodotto un autentico cataclisma antropologico, con l’affermarsi di una sindrome che sottende due fenomeni socio-antropologici simmetrici e complementari: quello di una razionalità totipotente, come affermazione di puro potere cui è funzionale la tecnica, e quello dell’affettività intesa come dimensione puramente emotiva. La sfera emozionale esclude la razionalità, la regola, la progettualità; la sfera razionale delegittima invece l’esistenziale, il relazionale, l’affettivo. Si assiste in tal modo ad una fatale separazione tra emozione e razionalità che nessuna precedente epoca dell’umanità aveva conosciuto in una forma così acuta[15]: «È in atto una catastrofe emotiva»[16]. Un velo ideologico cerca di ammantare di normalità queste dinamiche iperconflittuali, quando invece appare difficilmente occultabile una realtà socio-antropologica sempre più intrisa di frustrazioni, sofferenze, strumentalizzazioni auto ed etero-indotte a causa di esistenze senza una fisionomia affettiva ben definita, lacerate da frammentazioni e distanze, come dimostrano le biografie di tanti che vivono all’insegna di un sensazionalismo emozionale che è essenzialmente autoreferenzialità solipsistica, dove cioè l’alterità è pensata come accidente, episodio, eventualità.

Questo conduce ad una rivisitazione dello stesso concetto di libertà, che si riduce ad una forma di soggettivismo emotivista, ad un’autonomia individualistica e irrelata in cui il poter continuare a scegliere è il valore primo e assoluto di ogni esistenza che ambisca a dirsi tale. La concezione libertaria della libertà diviene supporto argomentativo per legittimare ogni pratica, dalla temporaneità delle relazioni, all’equivalenza delle identità sessuali, alla disponibilità piena del corpo, proprio e altrui. Non è più importante porsi domande sul contenuto di un atto di libertà, purché lo stesso sia stato compiuto “in libertà” appunto: è il predominio di un formalismo etico che ha smarrito l’idea della libertà come adesione incondizionata al bene oggettivo, metastorico, non contingentato dall’immanenza (“libertà teonoma”, come detto esemplarmente nella Veritatis Splendor; cfr. i nn. da 31 a 37).

L’ambito che maggiormente risente di questa cultura libertaria della libertà è proprio quello delle relazioni interpersonali, in special modo di quelle afferenti alle sfere affettiva e sessuale dell’uomo, viste ora come “paradiso dei desideri”, da realizzare attraverso l’impiego massiccio della tecnica, piuttosto che di internet, come il caso, appunto, dell’abuso tra i giovanissimi della pornografia sembra sottendere[17]. Si tratta allora di tornare al riconoscimento di una libertà che consenta di valutare i propri desideri e governarli in vista del conseguimento di una vita autenticamente piena. Questo “governarsi” è possibile proprio perché l’uomo è l’unico essere realmente e pienamente capace di uscire da sé stesso occupando uno spazio a partire dal quale riconoscersi e riconoscere l’altro. Dunque possiamo imporci alla nostra natura e ai nostri impulsi, mediante la riflessione su ciò che può veramente introdurci al godimento in pienezza dell’esistenza, alla piena fioritura umana, e soprattutto possiamo lasciarci educare da una vita di relazione piena, in cui l’altro non è più visto come materiale da consumo, utile al soddisfacimento delle nostre pulsioni istintuali, ma come un individualità che chiede riconoscimento e rispetto, il rispetto che viene dall’averlo riconosciuto come un pari. Da qui anche una corretta concezione della sessualità da vivere non come pura pulsionalità istintuale, ma come energia creativa, aperta all’altro e diretta alla generazione, capace di dare senso e pienezza al singolo come alla coppia. La vita interiore, spirituale è esattamente ciò che distingue l’uomo dall’animale, ma l’interiorità si sviluppa per mezzo di una progressiva autotrascendenza del sé così che lo scopo ultimo dell’uomo risiede in questa trascendenza che si sostanzia in una forma di amore e dono, del corpo oltre che dello spirito.

 

4. I possibili rimedi alla deriva liberticida in atto

 

Un argine pensabile all’abuso compulsivo e lesivo della pornografia dovrà allora passare dall’impiego sistematico di una serie di azioni concertate a diversi livelli che muovano dal riconoscerne in primis la dannosità, includendo il trattamento da dipendenza dalla pornografia nei programmi sanitari nazionali di trattamento delle dipendeze patologiche; sviluppando programmi per il recupero di chi ne è affetto; organizzando campagne pubbliche sul tema; responsabilizzando genitori e agenzie educative rispetto al problema; regolandone in maniera stringente l’accesso; criminalizzando, infine, le forme estreme e violente degli atti di pornografia veicolati mediaticamente.

La preservazione della sanità morale delle future generazioni, infatti, dovrebbe essere una priorità innanzitutto politica, giacché non solo il bene del singolo non è in conflitto con il bene comune, ma al contrario il bene comune rappresenta il compimento pieno e pienamente riuscito del bene del singolo ed è il bene proprio dell’individuo in virtù del suo essere comune. La natura non può contraddire la natura, e la natura politica dell’uomo dovrebbe perfezionare, piuttosto che opporsi, alla ricerca della felicità e della piena realizzazione individuale. Realizzazione che passa dal ritorno incondizionato e definitivo alla verità sul significato ultimo della sessualità umana, il cui abbandono, paradigmaticamente rappresentato dalla produzione e consumo della pornografia, ha portato con sé non solo la relativizzazione di ogni attività legata all’esercizio della medesima, ma ha altresì favorito la diffusione di una subcultura che vede nella pratica sessuale uno strumento, tra gli altri, per soddisfare la sete inesauribile di piacere, nella cui trasparenza cogliere il nuovo, idolatrico culto della felicità individuale a tutti i costi. Svincolata cioè prima dal nesso con la trasmissione della vita, la sessualità è diventata uno strumento asservito alla logica del mero “divertimento on demand”, fino ad assurgere ad oggetto delle sempre più pressanti domande di giuridificazione dei desideri ad essa connessi. L’istinto sessuale nell’uomo, invece, pur essendo proteso alla trasmissione della vita, non è regolato da stagioni, come negli altri animali, ma dalla coscienza[18]. Per questo occorre darsi la capacità di ben pensare e decidere, optando per quella responsabile padronanza di sé che è vera e piena maturità umana.

Questa superiore capacità di autocontrollo non è stata data all’uomo perché “faccia sesso” a piacimento, magari mettendo in essere gli accorgimenti necessari ad evitarne le conseguenze, ma perché impari a regolare la sua istintività rispetto alla immensa responsabilità di generare una vita umana. L’intensità della pulsione erotica, infatti, se non governata per mezzo della coscienza e dell’intelligenza, rischia di diventare strumento di morte, piuttosto che di vita, distruggendo non solo sé stessi, ma anche chi si prestasse deliberatamente ad assecondare gli incontrollati ed egoistici istinti altrui.

Quando infatti il germe della “mentalità contraccettiva”[19], che mira a liberare le pulsioni erotiche dalle conseguenze generative che ad esse si possono accompagnare, si insinua all’interno delle relazioni umane, queste, perdendo in autenticità, vedono svilita la loro dignità, trasformandosi da luogo della donazione del sé, a favore del proprio partner, coniuge o della propria prole, in luogo dello sfruttamento dell’altrui corporeità in vista del soddisfacimento delle proprie passioni sessuali.

La considerazione della salvaguardia di una forma di integrità morale nelle nuove generazioni, che muova dall’insegnamento di una corretta visione della sessualità e delle sue implicazioni autotrascendenti, contro la corrente vulgata tendente ad una sua strenua, spersonalizzante, banalizzante, svilente strumentalizzazione, dovrebbe in ultima analisi consentire di fondare, su un piano sia politico che etico, il ripudio della pornografia in tutte le sue forme; tutto ciò nella consapevolezza che un adolescente non impara mai l’agire corretto, anche verso se stesso, con l’istruzione, come nota Aristotele alla fine della sua Etica, ma piuttosto con l’azione ripetuta che forma l’abitudine (1179b1-3), di modo che egli costruisca abitudini per imitazione o per obbedienza all’adulto, che dovrà allora essere d’esempio e fungere da modello.

 

* Contributo sottoposto a valutazione.

 

[1] V. Rideout ‒ A. Peebles ‒ S. Mann ‒ M. B. Robb, Media use by tweens and teens, 2021, 2022: https://bit.ly/3KbY9pn

[2] Pace, For an assessment of the means and provisions to combat children’s exposure to pornographic content, Resolution 2429 (2022), 25 April 2022, § 2. Nostre tutte le traduzioni da testi in lingua presenti nel testo.

[3] Ivi, § 2 – 3, dove si legge: «Questa esposizione comporta maggiori rischi di dannosi stereotipi di genere, dipendenza dalla pornografia, relazioni sessuali precoci e malsane, nonché difficoltà nello sviluppo di equilibrate relazioni rispettose nella vita futura»; ciò «risulta dall’offuscamento dei confini della normale curiosità verso la sessualità e verso comportamenti socialmente accettabili, e lede il rispetto della dignità umana, della privacy e dell’integrità fisica».

[4] Secondo la definizione dell’American Psychological Association il concetto di sessualizzazione comprende quattro fattori, ognuno dei quali singolarmente può esserne già indicatore senza che siano necessariamente tutti compresenti, e sono: 1)  il valore di un individuo è determinato esclusivamente dal suo sex appeal o dal suo comportamento sessuale; 2) una persona deve conformarsi al principio che equipara l’attrattiva fisica con l’essere seducente, 3) una persona è considerata al pari di un oggetto sessuale ed è destinata ad essere trattata come tale, piuttosto che essere valutata per l’autonomia e le capacità decisionali; 4) la sessualità viene imposta ad una persona in modo inappropriato (American Psychological Association, Task Force on the Sexualization of Girls, 2002).

[5] Center for Family and Human Rights, Dismantling the Pornography Industry and Making the Internet Safe for Children, 23 February 2022, in https://bit.ly/3m5rcle.

[6] M. B. Robb, S. Mann, Teens and pornography, “Common Sense“, 2023, p. 10: 2022 Teens and Pornography (commonsensemedia.org).

[7] Cfr. UNICEF, COVID-19 and its implications for protecting children online, April 2020:  https://uni.cf/42cMpK3

[8] Nella versione di febbraio 2022 dell’ICD, si fa esplicitamente riferimento al fatto che il «Disturbo da Comportamento sessuale compulsivo può essere espresso in una varietà di comportamenti, compresi l’atto sessuale con altri, la masturbazione, l’uso di materiale pornografico, il cybersesso (sesso su Internet), il sesso telefonico e altre forme di comportamento sessuale ripetitivo».

[9] J. N. Giedd, The Amazing Teen Brain, in Scientific American, June 2015, pp. 32-37.

[10] R. Lange ‒ M. Błażej ‒ F. Konopczyński ‒ A. Ładna, Nastolatki wobec pornografii cyfrowej – Trajektorie użytkowania, Thinkstat NASK – Ogólnopolska Sieć Edukacyjna, Warsaw 2022, p. 5.

[11] P. Kulczyk, Contribution of the European Centre for Law and Justice (ECLJ) to the PACE Committee on Social Affairs, Health and Sustainable Development. Motion for a recommendation no. 15269 & Motion for a resolution no. 15383: https://bit.ly/3TqsmUr, p. 4.

[12] Ibidem.

[13] P. J. Wright ‒ R. S. Tokunaga ‒ A. Kraus, A Meta-Analysis of Pornography Consumption and Actual Acts of Sexual Aggression in General Population Studies, in Journal of Communication, 66, no. 1 (February 2016), pp. 183-205.

[14] P. Kulczyk, Contribution, op. cit., p. 6.

[15] Cfr. F. Botturi, Il ritorno della virtù, relazione tenuta in occasione dei Dialoghi in Cattedrale, Basilica di S. Giovanni in Laterano, 7 aprile 2011

[16] D. Kamper, Desiderio, in Aa.Vv., Cosmo, corpo, cultura, a cura di R. Bodei, Mondadori, Milano, 2002, pp. 1021 ss.

[17] L’eudemonismo moderno interpreta gli stati soggettivi di felicità come l’aspirazione più alta della vita umana, fondando il criterio di riconoscimento della dignità personale non in ciò che le persone “sono”, ma in cio che esse “sentono”, “sperimentano”, dimenticando che una vita vissuta in pienezza è indipendente dai nostri stati soggettivi.

[18] È l’eccentricità dell’uomo di cui parla Helmuth Plessner in I gradi dell’organico e l’uomo. Introduzione all’antropologia filosofica, a cura di Vallori Rasini, Bollati Boringhieri, Milano, 2006.

[19] L’espressione viene coniata per la prima volta da Paolo VI nell’Enciclica Humane Vitae, 29 luglio 1968.